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Lo stiletto

Bucha

Quando il nome di una città, di un luogo, diventano nell’attualità e nella Storia sinonimo di massacro, di crudeltà, di violenza, di sterminio e quindi di orrore spregiudicato, c’è sempre un posto in meno al mondo dove poter essere sereni e, al contempo, un posto in più dove poter posare il pensiero, riflettere e alimentare il circuito operoso della memoria.

Tutto questo dovrebbe farci lezione, servirci per l’evitamento futuro di nuove istintualità, che definiamo “bestiali” pensando di essere tanto diversi da quegli animali non umani che noi chiamiamo appunto “bestie“, da esseri più intelligenti e raziocinanti… Ed invece questo scopo non viene mai raggiunto.

Per interessi economici, politici, per una ancestralità emotiva, anticulturale ma pure molto antropologicamente riconoscibile, e quindi riconducibile ai caratteri primordiali della (dis)umanità. Dagli albori del tempo ad oggi.

Siamo intrinsecamente ambivalenti e, a seconda delle circostanze che si creano, frutto anche di casualità dell’hic et nunc, ed ovviamente ad una dialettica tra il singolo e il sociale, tra il particolare e l’universale, prevale ora il lato benevolo e solidale dell’umanità ora quello malevolo e singolare, autoreferenziale, predominante di una parte sul tutto.

E’ una logica di sopravvivenza a discapito sempre di qualcosa o qualcuno. E’ una illogicità, a ben vedere, perché, nel privilegiare un ristretto gruppo sociale (nell’interezza della popolazione mondiale e di tutti gli esseri viventi che abitano questo disgraziato e bellissimo mondo), si fa nocumento a tutto il resto della specie umana e delle altre specie. Nonché della natura.

Eppure si persevera. E i nomi dei luoghi o delle città che vogliono dire strage, olocausto, sterminio e, orrore si moltiplicano e generano pericolose similitudini che inducono ad un superficialismo che fa scadere le considerazioni in una riedizione del revisionismo storico sul piano attualistico.

Bucha è la parola di oggi, di questa giornata che sta finendo e che, lo si voglia o meno, farà parte della storia e della storia della guerra in cui è inserita.

Ma va usata molta prudenza nella classificazione delle stragi, perché si rischia davvero di commettere delle ingiustizie sul piano morale, civile, sociale e politico se si sposa immediatamente un racconto piuttosto che un altro.

Quei cadaveri nelle strade di Bucha sono una realtà e da qui si deve partire. Dallo smettere di negare l’evidenza, tenendo presente che non tutto ciò che è evidente però può essere resilientemente adattabile ai desiderata nostri.

Dobbiamo rifiutare ogni negazionismo, ogni complottismo e, ugualmente, essere molto cauti quando la guerra si affaccia dalle televisioni e da Internet nelle nostre case, nelle nostre malformate vite.

(m.s.)

5 aprile 2022

foto: screenshot

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