L’aggettivo più delicato è «sdraiati», altrimenti: «Vandali», «gretini», «sonnambuli», «fan del gender». I giovani italiani vengono accusati contemporaneamente di pretendere tutto e di non voler fare niente. Eppure, a guardare le cronache dell’ultimo anno e mezzo il loro attivismo è stato spesso l’unica opposizione visibile al governo. Perlomeno la più costante: il movimento studentesco, in ogni sua declinazione da quella ambientalista a quella transfemminista, è stato in piazza su ogni tema, quando non l’ha direttamente convocata.

Naturale, quindi, la partecipazione alla manifestazione di Milano del 25 aprile. «Per continuare a resistere, ci saremo», scrivono Unione degli Studenti Medi (Uds) e Unione degli Universitari (Udu) nella loro lettera di adesione all’appello del manifesto.

«Il 25 aprile del 1994 la Sinistra, su chiamata di Luigi Pintor, si ritrovava a Milano per una giornata che sarebbe passata alla storia – si legge nel testo – Trent’anni dopo la parabola della destra pare giunta alla sua conclusione più coerente, con il governo Meloni che prova a evitare scivoloni identitari ma fa trasparire il suo carattere reazionario attraverso provvedimenti che alimentano le diseguaglianze sociali, il colpevole silenzio sulle manganellate di Pisa e l’assenza di alcuna posizione di dignità, di umanità, sui conflitti che sconvolgono l’Europa e il Medio oriente». «Su tutto questo – scrivono le associazioni degli studenti – il governo può essere sfidato, rivendicare il dettato della Costituzione antifascista significa combatterlo su questo terreno».

Dalla mobilitazioni contro il patriarcato, agli scioperi al fianco dei sindacati fino alle recenti manifestazioni contro il massacro del popolo palestinese: a dispetto della narrazione dominante gli studenti e le studentesse sono sempre stati presenti. «È stato un anno intenso – commenta Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale Uds – in cui abbiamo portato avanti lotte non solo circoscritte al tema diritto allo studio ma contro un determinato modello sociale. Quello che succede in Palestina ha acceso la partecipazione degli studenti, così come il femminicidio di Giulia Cecchettin che ha rappresentato una rottura che va al di là del divario generazionale».

E poi c’è una forte critica al modello «produci, consuma, crepa» (citando i Cccp) che li ha portati in piazza con la Cgil e la Uil, durante lo sciopero generale dello scorso novembre. «Siamo precari sia in generale per la crisi climatica, che è una spada di Damocle per le future generazioni, sia in senso letterale – spiega il coordinatore Uds – Non stiamo chiedendo retoricamente di avere un futuro ma di avere un presente».

Mentre da Milano Farida Elashwal Rodríguez, dell’Udu, racconta il senso della sua partecipazione partendo dalla situazione di studentessa con background migratorio: «Ho faticato per poter studiare, era necessaria la borsa di studio e gli episodi in cui mi sono sentita trattata da straniera o sminuita in quanto donna sono stati diversi ma la festa della Liberazione è stata sempre un momento in cui mi sono riconosciuta come italiana, credo nei valori della Costituzione nata dall’antifascismo. Quest’anno – spiega Elashwal Rodríguez – sarà l’occasione per verificare se il Paese aderisce ancora a quei valori».

Per l’attivista «siamo in un momento storico particolare in cui si è formato una grande movimento transfemminista perché la prima presidente del Consiglio donna non rappresenta le istanze femministe e anche Von der Leyen porta avanti una visione conservatrice della società».

Senza contare la reazione ai provvedimenti del governo che criminalizzano il dissenso. «Negli atenei qualsiasi confronto sul Medio oriente viene anestetizzato con l’accusa di antisemitismo», denunciano gli universitari, mentre gli studenti medi ricordano i provvedimenti del ministro all’istruzione (e merito) Valditara, sulla condotta: «Avranno l’effetto di colpire ogni forma di dissenso con la paura e di delegittimare l’uso degli spazi democratici. Tutte le forze antifasciste, società civile, partiti, sindacati, associazioni, devono partire da questo 25 aprile per tornare ad agire unite, non possiamo rassegnarci a questo mutamento culturale in cui sono stati disinnescati tutti i principi di convivenza civile».

LUCIANA CIMINO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv