Greta Garbo. Giovane per sempre

L'IMMORTALITÀ. Gli ultimi film, gli amori e il ritiro che la rese unica
Greta Garbo

TERZA PARTE

“Si potrebbe andare a Stoccolma. Tutti insieme ma andiamo a Stoccolma. Tutti insieme ma con calma” cantava Rino Gaetano all’interno del leggendario album “Nuntereggae più”. Greta Garbo nella capitale svedese tornò per davvero dopo la realizzazione di As You Desire Me. Alla base della scelta, oltre a quella ovvia di riabbracciare la famiglia (il fratello aveva cercato invano di sfondare nel mondo del cinema col nome di Sven Garbo) e quella chiacchierata di un problema fiscale, divenuto imperdonabile dopo la crisi del 1929, c’era quella di prendersi una pausa da un mondo, quello di Hollywood, che la vedeva solo come “la più grande macchina per fare soldi mai messa sullo schermo”. La “Garbomania”. L’amicizia particolare con la scrittrice Mercedes de Acosta, che le aveva suggerito il testo di Pirandello e anche una mai realizzata trasposizione cinematografica di Giovanna d’Arco, infatti, aveva spinto l’attrice a pretendere di più, non solo in termini economici, dalla MGM ora che il contratto con la “major” era terminato.

1. Greta Garbo

Pare nuovamente su consiglio dell’amica, Greta Garbo aveva approfondito la vita della Regina Cristina di Svezia, vissuta dal 1626 e il 1689. Una donna affascinante e colta. Una sovrana illuminata che abdicò giovanissima, si convertì al cattolicesimo e si trasferì a Roma. La lettura della biografia entusiasmò l’attrice che pose come condizione per accettare il nuovo contratto per la MGM un film biografico sulla vita della Regina Cristina. Benché riluttante Luois Mayer accettò: contratto firmato per 300000 dollari a film. Non solo. Greta Garbo pretese di scegliere anche regista e attori. La Metro-Goldwyn-Mayer aveva ingaggiato Ian Keith, Lewis Stone, Reginald Owen e Lawrence Olivier. I primi tre ottennero la parte, il britannico, nonostante un provino, no. Greta Garbo per il ruolo del protagonista, nonostante altre proposte, voleva John Gilbert che era stato sua partner fuori e dentro il set, ormai considerato, dopo il passaggio al sonoro, un divo in declino. L’attrice fu irremovibile, la MGM accettò, ma diede all’attore un compenso dieci volte inferiore.

2. Cristina di Svezia

La sceneggiatura, dopo alcuni passaggi con esperti di storia svedese, anche per non urtare la famiglia reale, fu scritta tra gli altri da Salka Viertel, attrice, scrittrice, frequentatrice del “Sewing circle” nonché matura amante della stessa Garbo e negli anni venti anche di Marlene Dietrich. Già perché le vite di Greta e Marlene si intrecciavano spesso, più di quanto l’attrice svedese avrebbe voluto. Anche, indirettamente, con la regia del film. Infatti, dopo l’ipotesi Edmund Goulding, autore di Grand Hotel con La Divina, venne chiamato a dirigere Queen Christina (La regina Cristina), Rouben Mamoulian cineasta di origine armena che aveva appena diretto Marlene Dietrich in The Song of Songs, divenendo così l’unico regista nella storia ad aver diretto nello stesso anno le due dive per eccellenza.

Queen Christina fu una produzione sontuosa, una delle più grandi dell’epoca. Le riprese si svolsero tra il 7 agosto al 25 ottobre 1933. Il 26 dicembre dello stesso anno si tenne la prima di Queen Christina (La regina Cristina) che venne distribuito dal 9 febbraio del 1934 (in Italia fu presentato alla II Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nell’agosto 1934).

La regina Cristina

Corso cinema

Succeduta al padre Gustavo Adolfo (Reginald Owen) sul trono di Svezia, Cristina (Greta Garbo) governa con sapienza e fierezza tralasciando ogni svago o tentazione sentimentale, nonostante la corte dell’ambizioso segretario del tesoro Lord Magnus (Ian Keith) e le proposte di matrimonio che le suggerisce il cancelliere Axel Oxenstierna (Lewis Stone) che la vedrebbero in moglie, anche per volere dei sudditi, al Principe Carlo, suo cugino. Un giorno decide così di staccare da regole e protocolli per andarsene in giro travestita da paggio in compagnia del fidato Aage (C. Aubrey Smith). In una taverna conosce Don Antonio De La Prada (John Gilbert), l’ambasciatore spagnolo bloccato dalla neve. Per ristrettezza degli spazi i due “ragazzi” sono costretti a dormire nella stessa stanza. Quando Don Antonio scopre che quel giovanotto è in realtà una bellissima ragazza, l’amore li conquista. Dopo ore di passione Cristina è chiamata dagli impegni ad incontrare proprio l’ambasciatore spagnolo che apprende così la vera identità dell’amata. Ma ad ostacolare il loro sogno c’è l’invidioso Magnus che trama contro la Regina e sfida a duello Don Antonio. Cristina nello stupore dei sudditi abdica per amore e cerca di raggiungere Don Antonio ormai ferito a morte. Lo riabbraccia un’ultima volta prima di imbarcarsi e lasciare per sempre la Svezia.

Lanciato con lo slogan “Garbo returns” il film, il più autobiografico dell’attrice svedese (Cristina esclama “io non mi sposerò mai”), ottenne recensioni positive e un autentico trionfo al botteghino, fu la pellicola più vista dell’anno, ma attirò anche l’attenzione della censura che non gradì le scene in cui Greta Garbo si travestiva da uomo (comunque bellissima) e, soprattutto, quelle in cui Cristina baciava la contessa Ebba Sparre (interpretata da Elizabeth Young)… e pensare che il film limò le sfumature omosessuali della vera Regina Cristina.

La regina Cristina

Corso cinema

Indimenticabile il movimento di macchina finale che passa dal totale al primissimo piano di Greta Garbo, alla quale il regista aveva detto di non pensare a nulla, perché sul suo volto si potesse leggere la più vasta gamma di espressioni. Sulla figura della Regina Cristina è incentrato anche il film The Abdication (La rinuncia, 1974) diretto da Anthony Harvey (montatore di Stanley Kubrick) con Liv Ullmann nel ruolo della protagonista.

A La regina Cristina della MGM con Greta Garbo, rispose la Paramount con L’Imperatrice Caterina e Marlene Dietrich. Era sempre Greta contro Marlene.

L’attrice svedese tornò a recitare un classico triangolo amoroso nel successivo The Painted Veil (Il velo dipinto) diretta da Richard Boleslawski (che nel 1936 dirigerà Marlene Dietrich ne Il giardino di Allah), uscito il 23 novembre 1934.

5. Il velo dipinto (1934) di Richard Boleslawski

In Cina Katrin Koerber Fane “Kitty” (Greta Garbo), moglie trascurata del dottor Walter Fane (Herbert Marshall), si innamora del vice console inglese Charlie Townsend (George Brent), per poi redimersi e prodigarsi durante un’epidemia di colera.

Altra grandiosa produzione MGM, campione di incassi nel 1934, che si regge esclusivamente sull’interpretazione di Greta Garbo. Dall’opera, tratta dal romanzo di William Somerset Maugham, è ispirato anche l’omonimo film del 2006 diretto da John Curran con Edward Norton e Naomi Watts nel ruolo che fu dell’attrice svedese.

A sceneggiare il film fu ancora una volta Salka Viertel. Nata Salomea Sara Steuermann il 15 giugno 1889 a Sambor, ieri Impero austro-ungarico, oggi Ucraina, la donna, era sposata col regista austriaco Berthold Viertel, ma non disdegnava l’attenzione di giovani ragazze, tra queste Marlene Dietrich conosciuta nei “kabarett” berlinesi. Emigrata negli USA nel 1928 su invito del regista Friedrich Wilhelm Murnau, iniziò a frequentare il mondo di Hollywood insieme al padre Joseph Steuermann (sindaco di Sambor estromesso perché ebreo), ma soprattutto iniziò il suo attivismo sociale che la portò ad essere punto di riferimento per gli intellettuali in fuga dall’Europa, per le donne in lotta nella società e per chi voleva vivere liberamente la propria sessualità.

6. Salka Viertel

Un punto di riferimento anche per Greta Garbo che seguì i suggerimenti dell’amica anche per i successivi film. Il pubblico americano, ancor più dopo la “Grande depressione”, amava coppie cinematografiche rassicuranti come Clark Gable e Jean Harlow, melodrammi semplici. All’attrice svedese, ad esempio, fu proposto il ruolo dell’ereditiera in Dark Victory (Tramonto), andato anni dopo a Bette Davis, ma Greta rifiutò perché, su consiglio di Salka Viertel, voleva realizzare drammi in costume, se non storici, con un’eroina positiva. Per farlo scelse di essere nuovamente diretta da Clarence Brown e di recitare un ruolo che aveva già portato sullo schermo nel 1927. Il 30 agosto 1935, presentato in anteprima alla III Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, uscì Anna Karenina.

Anna Karenina (Greta Garbo), una signora dell’alta società di Pietroburgo, abbandona posizione e figlio per fuggire in Italia con l’ufficiale di guardia Vronsky (Fredric March) il quale l’abbandonerà per la carriera militare. Lasciata anche dal marito Anna, sentendosi disperatamente sola, si suiciderà.

7. Anna Karenina di Clarence Brown

Nuovo incontro di Garbo con l’eroina di Lev Tolstoj, circondata da uomini mediocri e indegni. Nonostante i contrasti in produzione, Anna Karenina rimane uno dei film più conosciuti dell’attrice svedese e anche uno dei pochi casi di remake girati con la stessa protagonista. Indimenticabili alcune scene: dalla panoramica iniziale che percorre la tavolata degli ufficiali ai giochi di luce sul volto dell’attrice quando sta per buttarsi sotto il treno. Anna Karenina si aggiudicò la Coppa Mussolini a Venezia come il miglior film straniero e Greta Garbo vinse il New York Film Critics Circle Award come migliore attrice.

La Divina, con film sempre più diradati tra loro sia per motivi contrattuali, sia per la prematura scomparsa per alcolismo dell’amato John Gilbert avvenuta il 9 gennaio 1936, continuò a tratteggiare il profilo di eroine forti e autonome, anche col successivo Camille (Margherita Gauthier) diretto da George Cukor, tratto da “La Dame aux camélias” (“La signora delle camelie”) celebre romanzo di Alexandre Dumas figlio. Girato dal 28 luglio al 27 ottobre 1936, la pellicola ebbe la sua prima, insolitamente alla presenza della protagonista, il 2 dicembre 1936 al Plaza Theater di Palm Canyon Drive di Palm Springs.

8. Margherita Gauthier (1936) di George Cukor

La cortigiana Margherita Gauthier (Greta Garbo) si innamora, ricambiata, del ricco Armando Duval (Robert Taylor). Ma quando il padre di lui (Lionel Barrymore) la supplica di lasciarlo per non compromettere il buon nome della famiglia, la donna accetta e si sacrifica. Con la salute pesantemente minata dalla tisi, Margherita potrà riabbracciare l’amato solo quando sarà troppo tardi.

Fortemente voluto dal produttore Irving Thalberg, che morì ad appena 37 anni durante le riprese, Margherita Gauthier è “uno dei più riusciti melodrammi di Cukor e una delle migliori interpretazioni della Garbo” (Mereghetti) che, non a caso, venne nuovamente candidata all’Oscar.

Un melodramma in costume fu anche il successivo Conquest (Maria Walewska), diretto da Clarence Brown considerato dalla diva il regista preferito, che, ispirandosi al romanzo “Pani Walewska” di Waclaw Gasiorowski e alla pièce teatrale che ne trasse Helen Jerome, affrontò la relazione tra Napoleone e la sua amante polacca.

Napoleone (Charles Boyer) corteggia la contessa polacca Maria Walewska (Greta Garbo), sposata ad un uomo molto più vecchio di lei, che alla fine cede solo per avere l’indipendenza del Paese. Tra i due scoppia un’autentica passione, ma il destino del loro amore è segnato da ragioni politiche al punto che la donna lascerà il condottiero francese senza comunicargli di aspettare un figlio da lui.

9. Maria Walewska (1937) di Clarence Brown

Un sontuoso dramma storico, Napoleone è sempre di moda, che molto deve alle interpretazioni dei protagonisti, ma Conquest fu un disastro al botteghino. Uno dei più grandi flop della MGM. Più in generale Greta Garbo e i suoi film erano più amati in Europa che negli Stati Uniti. Dopo essere stata idolatrata venne additata, insieme ad altre stelle inclusa l’eterna rivale Marlene Dietrich, come “Box Office Poison”, veleno per gli incassi. Qualcuno osò addirittura chiamarla “Greta Garbage”, Greta spazzatura.

L’attrice decise così di staccare nuovamente e tornarsene in Svezia. Anche la sua vita sentimentale, per quel poco che se ne sa, era altalenante. Tre in quegli anni le relazioni importanti. La prima fu quella, chiacchierata e in parte smentita, con Mercedes de Acosta (New York, 1 marzo 1893 – New York, 9 maggio 1968), la poetessa che tanto aveva fatto per la formazione dell’attrice. Il loro amore venne interrotto sia per alcune rivelazioni sulla loro relazione, sia a causa Marlene Dietrich, cosa che alimentò la tensione tra le due dive. Mercedes de Acosta, che aveva fatto innamorare centinaia di donne, anche Eleanor Roosevelt, morì povera e sola a settantacinque anni. La seconda relazione importante di Greta Garbo fu quella con Salka Viertel spesso “usata” come contatto, non sempre amichevole, proprio con Marlene Dietrich. La terza fu quella più nota e pubblicizzata, quella col direttore d’orchestra Leopold Stokowski, che collaborò anche con Arturo Toscanini e con Walt Disney per Fantasia. I due fecero insieme un lungo viaggio in Europa. Anche in Italia, nel 1938, stregati da Ravello, sulla costiera amalfitana.

10. Greta Garbo ed Ernst Lubitsch

Tornando al cinema, la MGM, dopo il fallimento di Conquest decise che era necessario cambiare l’immagine di Greta Garbo al fine di rilanciarne la carriera (anche in virtù di un nuovo contratto). L’impresa fu affidata ad Ernst Lubitsch, maestro delle commedie prima in Europa poi a Hollywood, che provò a lanciarla come attrice brillante, ruolo in cui la svedese si trovò particolarmente bene. Al lancio di “Garbo laughs” ovvero “Garbo ride”, il 3 novembre 1939, poco dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale in Europa, venne distribuito Ninotchka.

Nina Ivanovna Yakushova detta “Ninotchka” (Greta Garbo) ispettrice del governo sovietico, viene mandata a Parigi per controllare l’operato di tre agenti, Iranoff (Sig Ruman), Buljanoff (Felix Bressart) e Kopalski (Alexander Granach), incaricati di vendere gioielli sequestrati durante la Rivoluzione, che subiscono il fascino del Capitalismo. Ma il frivolo aristocratico Leon d’Algout (Melvyn Douglas), che tratta con i tre per conto della vecchia proprietaria dei gioeilli, la granduchessa Swana (Ina Claire) e che non conosce l’identità della donna, la seduce. Tra i due è amore, ma la gelosia della granduchessa e l’impegno per la causa, fanno ritornare Ninotchka in URSS dove riceve un nuovo incarico dal temibile commissario Razinin (Bela Lugosi). La donna accetta per poi scappare con l’amato Leon, cedendo al suo lato più frivolo, non all’ideale capitalista.

11. Ninotchka (1939) di Ernst Lubitsch

Ispirato ad un racconto di Melchior Lengyel, sceneggiato da Charles Brackett, Billy Wilder, Walter Reisch, Ninotchka è la commedia più celebre del regista, anche grazie al ruolo insolitamente brillante di Greta Garbo. L’anticomunismo fu usato da Lubitsch come pretesto per giocare con le manie, i difetti, gli stereotipi dei due “blocchi”. Ninotchka, infatti, non rinuncia ai suoi ideali socialisti, ma trova “solo” l’amore. Nonostante questo il film fu a lungo bloccato in alcuni paesi europei per paura di “turbamenti all’ordine pubblico”, quali la Finlandia, la Grecia e, ovviamente, l’Unione Sovietica. Ninotchka arrivò in Russia solo nel 2007.

Ninotchka, rifatto nel 1957 sotto forma di musical (Silk Stockings, La bella di Mosca), ottenne quattro nomination all’Oscar senza vincerne uno, per il Miglior film, soggetto, sceneggiatura e per l’attrice protagonista; nonché l’ingresso nel 1990 nella National Film Registry della Biblioteca del Congresso.

In merito al rapporto col regista Greta Garbo dichiarò: “Il mio più gran rammarico è quello di aver girato con Lubitsch, quel piccolo uomo sempre così cortese con me, solo un film. Avrei voluto fare con lui tante altre commedie, interpretare ruoli brillanti. Ero così stanca di fare la donna perduta, l’eroina tragica”.

Il film incassò oltre 2 milioni di dollari e la MGM cercò di cavalcare l’onda. Per il film successivo, infatti, oltre al regista George Cukor, che già l’aveva diretta in una delle sue migliori interpretazioni, venne ingaggiato Melvyn Douglas per andare a ricreare la coppia che aveva duettato magnificamente in Ninotchka. Il 30 novembre del 1941 uscì Two-Faced Woman (Non tradirmi con me).

12. Non tradirmi con me (1941) di George Cukor

In vacanza in montagna, l’editore Larry Blake (Melvyn Douglas) si innamora della maestra di sci Karin Borg (Greta Garbo) e la sposa. Il socio O.O. Miller (Roland Young) lo richiama ai suoi doveri e Larry torna a New York promettendo alla moglie di tornare al più presto, ma il ritorno viene sempre rinviato. Cosi Karin decide di raggiungerlo senza avvertirlo e, per allontanarlo dalla troppo presente commediograta Griselda Vaughn (Constance Bennett), decide di fingersi la gemella di Karin, Katherine, tanto disinibita e sensuale quanto Karin è pudica e repressa. La sua disinvoltura che scivola nell’immoralità, però, si rivela un’arma a doppio taglio perché Larry perde la testa e si dice pronto a divorziare. Una tragedia per Karin, a meno che Larry non stia rendendo il gioco alla moglie.

Una commedia diversa dagli standard, impertinente e provocante (siamo nel pieno del Codice Havs) che fu penalizzata, causa guerra, dalla mancata distribuzione in Europa, dove i film di Greta Garbo erano sempre molto visti, e dagli attacchi della cattolica Legion of Decency e dell’arcivescovo newyorkese Francis Joseph Spellman che fecero pressioni sulla MGM per mitigare quel carico di sensualità e nascondere le voglie manifestate dalla gemella Katherine, che fortunatamente rimasero.

13. Non tradirmi con me (Two-Faced Woman) fu l’ultimo film di Greta Garbo

Fu l’ultimo film scritto da Salka Viertel per Greta Garbo. La scrittrice, che firmò qualche altra sceneggiatura, per la sua attività, ancor più dopo la separazione con il marito avvenuta nel 1947, venne perseguitata negli anni del Maccartismo. Morirà in Svizzera il 20 ottobre 1978.

Ma Two-Faced Woman fu, soprattutto, l’ultima pellicola di Greta Garbo che decise di ritirarsi dalle scene a soli 36 anni, dopo aver recitato in 28 lungometraggi nell’arco di 16 anni. In quel film, che non fu come spesso si pensa un fiasco al botteghino, aveva recitato nel suo classico modo elegante, per certi versi antico, come se sapesse già che quello sarebbe stato il suo ultimo film. Quasi a dimostrare la sua superiorità come attrice e come donna.

Almeno inizialmente quello dell’attrice svedese non sarebbe dovuto essere un ritiro definitivo, nel 1942 ad esempio firmò un contratto per la realizzazione del film The Girl from Leningrad (La ragazza di Leningrado). Poi si pensò che “Swedish Sphinx”, la “Sfinge svedese” altro suo sontuoso soprannome, avrebbe ripreso una volta conclusa la Seconda guerra mondiale.

A fine guerra, invece, in molti le rimproverarono il mancato impegno sul fronte antinazista, soprattutto se paragonato a quello di Marlene Dietrich. Recenti ricostruzioni hanno, tuttavia, dimostrato che Greta Garbo segnalò, nella Svezia neutrale, la presenza di nazisti, aiutò famiglie ebree in fuga, denunciò la dittatura Franchista in Spagna. Inoltre, seppur indirettamente, protagonista lo fu lo stesso.

14. la spia Joan Pujol García, nome di battaglia Garbo

Tra la fine del 1943 e il 1944 lo spagnolo Joan Pujol García riuscì a compiere un’incredibile operazione di controspionaggio tra le file tedesche portando al successo l’operazione Fortitude e comunicando ai nazisti, che non capirono mai cosa fosse realmente successo, date e riferimenti sbagliati dello sbarco in Normandia. Per i seguaci del Führer si chiamava Arabel, ma per gli Alleati aveva un solo unico nome di battaglia, scelto proprio per omaggiare La Divina. Era semplicemente Garbo.

La vera Greta Garbo, nel frattempo, era sempre più lontana dei riflettori e non tornò mai più sul set. Rifiutò, tra le numerose, anche delle proposte incredibili: quella di Alfred Hitchcock nel 1946 che l’avrebbe voluta protagonista del suo The Paradine Case in un ruolo poi andato ad Alida Valli; quella di Billy Wilder che la sognava protagonista del suo intramontabile Sunset Boulevard sostituita da Gloria Swanson. Negative furono anche le risposte per lo storico Quo Vadis e per A Streetcar Named Desire al fianco di Marlon Brando. Disse no anche a due indiscussi maestri italiani quali Luchino Visconti, che l’avrebbe voluta in diverse opere e Federico Fellini secondo cui l’attrice svedese era “la fondatrice d’un ordine religioso chiamato cinema”. Dino Risi, invece, giocò paragonandola simpaticamente ad Anna Magnani arrivando alla conclusione che tra le due c’era la stessa differenza che c’è “tra la luna e un temporale”.

Rimanendo nel nostro Paese Greta Garbo fu doppiata da diverse attrici. Due in particolare le “voci italiane” della Divina, quella di Tina Lattanzi che doppiò molte dive, inclusa Marlene Dietrich, togliendosi anche qualche soddisfazione come attrice e quella di Francesca Braggiotti scelta dalla MGM come voce ufficiale, ma che lasciò la carriera artistica per seguire il marito John Davis Lodge, anch’egli attore, nel suo impegno politico prima come Governatore del Connecticut, per i Repubblicani, poi ambasciatore USA in Spagna, Argentina e Svizzera.

15. Greta Garbo firma per la cittadinanza statunitense

Greta Garbo non la vide praticamente più nessuno. Pare bruciò le lettere degli ammiratori e si rifugiò nel suo conturbante mistero tra Stoccolma e New York. Una delle ultime apparizioni pubbliche fu il 9 febbraio 1951 quando le fu conferita la cittadinanza statunitense. Andò a vivere al 450 East 52nd Street a Manhattan in un appartamento ricco di opere d’arte di Renoir, Rouault, Kandinsky, Bonnard e Jawlensky. Frequentava la nipote Ann-Marguerite, figlia di seconde nozze del fratello Sven, e pochi amici fidati. Non andò nemmeno nel 1955 a ritirare l’Oscar alla carriera ottenuto “Per le sue indimenticabili interpretazioni sullo schermo”. Non ringraziò neppure quando la prima edizione del “Guinness World Records” la definì la donna più bella mai vissuta.

Degli anni successivi di Greta Garbo si sa veramente poco. Si sa che andò alla Casa Bianca il 13 novembre 1963, appena nove giorni prima dell’assassinio del presidente Kennedy; si sa di un suo viaggio in Francia nel 1971; si sa che corse via davanti a Liv Ullmann, l’attrice norvegese generosamente ribattezzata la “nuova Garbo”, che dopo aver portato Anna Christie a teatro, sperava di poter parlare con La Divina. Silenzio assoluto, da sfinge svedese. Pochissime anche le immagini nonostante in più di un’occasione qualche fotografo cercò di immortalarla mentre faceva “divinamente” la spesa o mentre compiva le lunghe camminate per New York. Agli occhi dei comuni mortali non invecchierà mai, rimanendo giovane per sempre.

16. la tomba di Greta Garbo

Greta Garbo riuscì a sconfiggere un tumore al seno nel 1984, ma negli anni successivi iniziò ad avere numerosi problemi di salute e a finire in dialisi. La Divina si spense il 15 aprile 1990, il giorno di Pasqua, all’età di 84 anni nel Medical Center di Manhattan a causa di una polmonite e di un’insufficienza renale. Il suo corpo venne cremato a New York e portato nel cimitero nord di Stoccolma, Skogskyrkogården, dove oggi riposa sotto un’elegante tomba che riporta solo il suo nome. Rigorosamente sola, seguendo il suo stile di vita e la sua storica battuta, “I want to be alone”.

Greta Garbo è tutt’ora indimenticabile anche se passò più tempo isolata e in fuga da tutti che sul set. Il suo rimane un elenco di successi, spesso eccezionali, che nascevano dalla sua sola presenza sullo schermo. Molte sue interpretazioni fanno ancora oggi scuola, così come dovrebbe far scuola il suo ritiro dalle scene, all’apice del successo in una società fondata sull’immagine.

Gli omaggi alla diva svedese sono infiniti, a lei sono dedicati diversi documentari e il film Garbo talks (Cercando la Garbo, 1984) di Sidney Lumet in cui una fan morente dell’attrice (Anne Bancroft) esprime come ultimo desiderio quello di incontrare la propria beniamina. Suo figlio (Ron Silver) cerca di convincere Greta Garbo, interpretata da Betty Comden, a far visita a sua madre in ospedale.

17. Grata Garbo, la prima donna moderna

Alla Divina, premiata nel 1983 in Svezia col Nordstjärneorden (Ordine della stella polare) e nel 1985 col Illis quorum, le due massime onorificenze svedesi, sono dedicate vie, busti, francobolli, statue, una stella sulla Hollywood Walk of Fame e una stella vera registrata nell’International Star Registry. In suo nome sono state scritte canzoni e poesie. Citata in decine di film e da Ernest Hemingway in “For Whom the Bell Tolls” (“Per chi suona la campana”), Greta Garbo ha ispirato anche Madonna che la omaggiò, insieme all’amata eterna rivale Marlene Dietrich, diverse in tutto, unite da tutto, nella canzone “Vogue” e Freddy Mercury che le dedicò la sua “Living on My Own”.

Secondo Truman Capote Greta Garbo portò “al cinema un senso della poesia che nessun altro ha mai raggiunto, salvo forse Charles Chaplin“. Basterebbe questo, ma la “Sfinge svedese” non fu solo questo. Ancora oggi il profilo di una donna forte e autonoma che fa della propria vita quello che vuole è il suo. Fu definita “la prima donna moderna”, a lei devono il nome la celebre attivista per il clima e la regista di Barbie, perché in fondo, come ricordò Mario Soldati “Greta Garbo è un personaggio dell’eterno presente. È sempre esistita, non soltanto nella vastità del passato, ma anche nel futuro…”.

MARCO RAVERA

redazionale


Bibliografia
“Greta Garbo. Star per sempre” di Italo Moscati – Lindau
“Marlene Dietrich. I piaceri dipinti” di Sergio Arecco – Le Mani
“Enciclopedia Rizzoli Larousse”
“Guida al film” a cura di Guido Aristarco – Frabbri Editori
“Storia del cinema” di Gianni Rondolino – UTET
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2021” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi

Le immagini sono di proprietà dei legittimi proprietari e sono riportate in questo articolo solo a titolo illustrativo.

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