Le recenti dichiarazioni della premier Meloni, del ministro Casellati e del sottosegretario Fazzolari sulla riforma che introdurrebbe il premierato, illuminano il modo in cui il centrodestra interpreterebbe il nuovo sistema istituzionale una volta che fosse approvato ed che entrasse in vigore: si tratta della visione di un sistema conflittuale tra i diversi attori istituzionali previsti dal premierato, il che probabilmente indurrà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad una attenta valutazione del testo che gli viene sottoposto per la firma e per la conseguente trasmissione alle Camera.

Leggendo il testo della riforma, il Quirinale potrà osservare che mentre il futuro premier riceverebbe la forza politica dall’investitura popolare, non avrebbe una serie di poteri che gli altri premier europei – non eletti direttamente – hanno, e che invece rimarrebbero in capo al Presidente della Repubblica o ad altre cariche. Prevedere un mandato popolare per il premier eletto senza definirne i poteri o lasciandogli quelli attuali, delinea un sistema in cui il presidente del Consiglio i poteri se li prende da solo, in modo conflittuale con le altre figure istituzionali, a partire proprio dal Capo dello Stato.

In fin dei conti questo atteggiamento conflittuale si sta verificando già oggi: per esempio con i molti decreti omnibus mandati dal governo Meloni a Mattarella per la controfirma, nonostante la legge imponga l’omogeneità delle norme contenute dai decreti (legge 400/1988, art 15, comma 3), e nonostante la moral suasion di Mattarella sul governo perché evitasse questa pratica.

Questo scenario viene corroborato dalle recenti dichiarazioni di Meloni, Casellati e Fazzolari. In ordine cronologico è stato quest’ultimo a far capire le intenzioni del governo giovedì scorso a Porta a Porta. Il sottosegretario, parlando della soglia necessaria per ottenere il premio del 55% dei seggi in Parlamento, ha detto che essa «sarà superiore al 30%».

Fazzolari sa bene che due sentenze della Corte costituzionale (la 1/2014 sul Porcellum e la 34/2017 sull’Italicum) hanno indicato paletti stringenti sulle soglie della legge elettorale (40%). Fazzolari anticipa l’atteggiamento di sfida nei riguardi di Mattarella in sede di firma del ddl, e anticipa lo spirito con cui il centrodestra interpreterebbe nella prossima legislatura il nuovo sistema istituzionale.

Non meno illuminante l’uscita della premier Meloni, venerdì scorso, nel video sui social «Gli appunti di Giorgia». Meloni si è rivolta direttamente agli elettori: «Voi cosa volete fare, volete contare e decidere o stare a guardare mentre i partiti decidono per voi? Questa è la domanda che faremo se sarà necessario e quando sarà necessario». In sostanza il confronto parlamentare viene bypassato e si va direttamente al referendum. In questa ottica il rapporto conflittuale è con il Parlamento.

Non meno incauta, l’uscita della ministra Casellati domenica sullo stesso argomento (dopo il precedente sgarbo verso Mattarella, affermando che il ddl sarebbe arrivato questa settimana in Senato, mentre il Presidente della Repubblica non aveva ancora né letto né firmato il testo). La titolare delle Riforme, che dovrebbe gestire il rapporto con il Parlamento durante l’iter della riforma, ha pensato bene di commentare un articolo del sito Affari Italiani (vicino al centrodestra) che, a proposito di un sondaggio sul premierato, ha titolato: «Premierato, vittoria del sì al referendum. Sondaggio: trionfo di Meloni».

«È un risultato che non stupisce, anzi conferma le nostre analisi», ha detto la ministra. Si pieghino dunque i parlamentari al giudizio già espresso dai cittadini. Un domani, quando sarà il premier a “trascinare” l’elezione dei parlamentari della propria maggioranza, anche i presidenti delle Camere avranno l’agibilità politica per frenare eventuali eccessi del presidente del Consiglio, o questo potrà azzittirli sulla base del proprio mandato popolare?

Tornato dal viaggio di Stato in Corea e Uzbekistan Mattarella avrà il tempo per un esame attento del testo del ddl. Le dichiarazioni interpretative della riforma di Meloni, Fazzolari e Casellati come influiranno sulla firma del Presidente della Repubblica? Le ignorerà preferendo lasciare spazio al dibattito parlamentare per correggere le lacune più macroscopiche – come l’assenza di una soglia per ottenere il premio di maggioranza – o preferirà intervenire in via preventiva con la moral suasion? Qualsiasi sarà la decisione nessuno si stupirà se Mattarella si prenderà il tempo adeguato per firmare.

KASPAR HAUSER

da il manifesto.it

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