L’ultimo spauracchio bipartisan, coltivato in anni di demonizzazione del conflitto sociale e riduzione a talk-show del confronto politico, è «la piazza». I politici di destra e troppo spesso i loro colleghi di centrosinistra lanciano l’allarme di fronte alle scelte anti-sociali del governo: «Attenti, se continuate così vi ritrovate la gente in piazza!».

Ma non si capisce per quale motivo chi soffre la crisi e viene privato delle minime forme di sostegno non dovrebbe protestare quando per anni la destra ha fiancheggiato le teorie più bislacche (i No Vax), inventato emergenze ad hoc (la sicurezza), costruito nemici alla bisogna (l’allarme immigrazione).

L’opposizione dovrebbe riconoscere lo scenario nuovo. Sia chiaro, Meloni ha ancora bisogno del rumore di fondo del negazionismo, del razzismo e del trumpismo all’italiana. È un fuoco di sbarramento che le consente di mettere sullo stesso piano chi irride il cambiamento climatico e chi vorrebbe combatterlo, chi organizza gli ultimi e i penultimi e chi li aizza gli uni contro gli altri. Lei, però, ormai assume un altro ruolo.

Si staglia in solitaria a valle di questo processo. Si presenta come detentrice della sintesi, assume il ruolo della pacificatrice nazionale, con tanto di benedizione degli alleati atlantici. Ha la patente per stare al governo che solo la guerra può dare, con la forza costituente che arruola chiunque sia utile alla causa.

Tutto ciò dovrebbe dare a quelli che lavorano per fermare la destra una funzione che negli ultimi anni è stata per loro del tutto sconosciuta: non ha più senso assumere il ruolo di partiti d’ordine, che rispondono alle richieste di «normalità» del consesso internazionale di fronte a chi disponeva di un suo «popolo» ma non aveva sponde al di fuori dei confini. Al contrario, si tratta di sporcarsi le mani con quel mondo che le politiche di Meloni stanno colpendo duramente.

Ed eccoci all’irragionevole paura delle «piazze», ove queste rappresentino non l’ingenua evocazione del feticcio delle barricate ma la messa in comune delle lotte, uno spazio pubblico a disposizione di chi da anni resiste in uno scenario frammentato e colmo di solitudini. In vista dell’autunno, non c’è alternativa per chi si oppone al governo.

GIULIANO SANTORO

da il manifesto.it

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