Tutto va bene, parola di premier. Il governo è coeso, o meglio obbediente. La maggioranza è compatta, per forza più che per amore. L’economia è smagliante, checché ne dicano i dati. Avanti così per altri quattro anni: la stabilità, finalmente.

È una realtà virtuale. Quella concreta è un po’ diversa. A Caivano e in migliaia di ghetti fotocopia lo Stato non c’è, parola di premier. E continuerà a non esserci perché ieri la medesima presidente ha speso molte parole, che servono a poco, e pochissimi euro, che invece sarebbero indispensabili.

L’inflazione cala, anche se meno del previsto. Peccato che quando si fa la spesa raddoppi. Particolari. L’occupazione scende e nemmeno di poco, 70mila ex occupati e passa. Il decreto Cutro passerà alla storia come sinonimo di incapacità e fallimento. È servito solo a concentrare soldi e attenzione dove non servono, la difesa dei sacri confini, sguarnendo l’accoglienza. Per la furia degli amministratori di ogni fazione, tricolori inclusi.

Il futuro sarà peggio. Dietro l’angolo c’è una manovra che è già un percorso di guerra. Soldi non ce ne sono, il deficit è tabù, il semplice rigore è una rosea chimera: quella del governo «sovranista» è austerità bella e buona, più sul modello del governo Monti-Fornero che di quello Draghi. Salvini ruggisce dai palchi, bela quando si passa ai fatti.

I pochi soldi che servono verranno presi da dove son sempre stati presi, dalle pensioni superate in corsa dall’inflazione deindicizzata, dalla sanità che resterà in ginocchio nonostante i solenni impegni del 2020, passato lo Covid gabbato il malato, dalla scuola allo stremo.

Tra le priorità indicate dal capo del governo, chissà perché, manca sempre una delle voci di spesa più esosa: le armi. Una visione politica si vede da quel che si taglia e da dove si spostano i soldi, parola di premier. Infatti si vede sin troppo bene.

Fossero tutti qui i guai. Il peggiore di tutti si chiama Patto di stabilità. Quattro mesi tondi e il cappio sarà di nuovo ben teso. Per evitare che si stringa fino a soffocare l’Italia servirebbe una strategia politica, e con questa Europa sarebbe difficile anche per una squadra di campioni.

Per una di brocchi, capace solo di riproporre quella scorporo degli investimenti che è già stato bocciato infinite volte e sarà respinto di nuovo, lo sarà molto di più. Sul Mes la polvere non potrà restare sotto il tappeto ancora a lungo e la resa sarà inevitabile.

Il governo sta per compiere un anno ma i nodi sono arrivati al pettine tutti insieme. Al posto delle candeline, sulla torta, ci sono solo guai e problemi irrisolti.

ANDREA COLOMBO

da il manifesto.it

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