La banale frenesia del “non possiamo accoglierli tutti”

Il povero può danneggiare il povero solo a causa del fatto che entrambi sono stati ridotti nella situazione di povertà dal sistema economico su cui il ricco fonda l’accumulazione...

Il povero può danneggiare il povero solo a causa del fatto che entrambi sono stati ridotti nella situazione di povertà dal sistema economico su cui il ricco fonda l’accumulazione del proprio capitale.
Non è il migrante il nemico del povero italiano. E soprattutto non è la povertà a poter essere nemica di sé stessa.
Mi rendo conto che non si può giocare con dei sofismi riguardo a questioni di grave importanza come le transumanze di esseri umani che sono costretti a fuggire da fame, carestie, bombardamenti, occupazioni “democratiche” di interi paesi.
Però pensateci un attimo, soffermatevi un secondo a riflettere. Trovatene il tempo in questa frenesia quotidiana che ci attanaglia tutte e tutti: chi ha interesse a mantenere i propri privilegi di classe sociale è colui che ispira le politiche di governi pronti a servire l’alta finanza, i profitti calcolati negli indici di borsa, i dividendi successivamente applicati per la spartizione dei fatturati netti.
La guerra tra e dei poveri è una grandiosa invenzione dei padroni, dei finanziari, degli speculatori, delle grandi centrali economiche di questo sistema che in tanti faticano a pronunciare: capitalismo.
Ho letto commenti di persone che votano o comunque simpatizzano per il Partito democratico che più o meno recitavano così, sulla scia del commento renziano sull'”aiutiamoli a casa loro”: “…e allora facciamoli venire tutte e due i miliardi di africani qui da noi!”. Questa era la risposta ad obiezioni come le mie: che non esiste alcuna invasione, che nella storia le trasmigrazioni sono sempre esistite e che i popoli si sono un tempo spostati interamente da un continente all’altro. Oggi si spostano i figli di coloro che restano nei paesi d’origine ad aspettare ciò che noi italiani attendevamo quando i nostri padri e madri emigravano in America tanto del Nord quanto del Sud.
Aspettano un po’ di denaro per provare a campare, a tirare avanti.
C’è anche chi se ne approfitta: tanto tra i migranti, quanto, soprattutto, tra i traghettatori di sopravvivenze umane attraverso deserti veri e propri e deserti di coscienza, vaste praterie arse dalla voglia solo di mercanteggiare il prezzo di un profugo o di un affamato.
Anche le nostre famiglie, nel primo Novecento e per larga parte del “Secolo breve”, attendevano qui i vaglia e gli assegni inviati dalle lontane Americhe. Per campare, per sopravvivere quanto meno.
Le differenze sono temporali, di pigmentazione della pelle, di religione. Ma parliamo sempre di esseri umani.
In 44 anni di vita ho compreso che solo studiando a fondo un tema, un problema, una situazione sia storica sia attuale, si può veramente entrare nella capacità di analisi che permetta di evitare banalizzazioni e stereotipi della peggior specie.
Soprattutto occorre sempre scindere l’errore dall’errante. E questo ce lo ha insegnato un papa buono. Per l’appunto: la religione è un fattore, il religioso un altro fattore. Distinguiamo e proviamo ad avere sempre meno pregiudizi possibili. Vivere di sospetto, di odio e di paura è consumarsi dentro lentamente.
Non è vivere. E’ sopravvivere senza provare affetto, empatia, stimoli di convivialità. Non a tutti i costi. Ma provarci costa davvero poco. Almeno intellettualmente.

(m.s.)

foto tratta da Pixabay

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