Voto al buio, sul parlamento cala il sipario

Che il voto del 4 marzo ci avrebbe condotto in una terra costituzionalmente incognita era in qualche misura prevedibile. Ne fu esempio eclatante l’impossibile tentativo di un governo tecnico...

Che il voto del 4 marzo ci avrebbe condotto in una terra costituzionalmente incognita era in qualche misura prevedibile. Ne fu esempio eclatante l’impossibile tentativo di un governo tecnico Cottarelli. O magari, più di recente, un ministro dell’interno che chiede a una piazza di fan l’investitura a parlare a nome di 60 milioni di italiani. Oggi la manovra arriva in parlamento con tempi e modi tali da garantire che si voti completamente al buio, senza che nessuno abbia letto le carte. Maxiemendamento e fiducia sono l’esito ultimo di una sinergia di debolezze.

Intendiamoci. In un’assemblea elettiva non accade mai che ciascun componente sia pienamente edotto di quel che vota. Ma questo perché qualcun altro se n’è occupato. Una commissione ha discusso e votato testi ed emendamenti, in aula un relatore ha illustrato e dato pareri, sono stati discussi e votati articoli, emendamenti, questioni pregiudiziali o sospensive, ordini del giorno, mozioni. È la ritualità dei lavori parlamentari, forma ma anche sostanza perché non è fine a se stessa. Serve a illustrare all’opinione pubblica e al paese – per renderli consapevoli – le opzioni in campo e le relative scelte. È in questo il senso della rappresentatività e del definire il parlamento un organo di teatro. Ed è la chiave della responsabilità politica.

Quindi è fondata la protesta delle opposizioni? In parte sì, con due elementi di debolezza. Il primo è che viene da chi ha praticato per anni con pervicace dolo una analoga compressione della dialettica parlamentare. Come dimenticare le tante forzature che hanno segnato il percorso delle riforme elettorali e costituzionali nella XVII legislatura? Per il peso dei precedenti nella vita delle istituzioni, era ovvio che i danni sarebbero stati permanenti. Il secondo è che non si può fare opposizione solo nell’aula parlamentare, ancor meno abbandonandola e lasciando così il campo all’avversario. State sereni, non se ne accorge nessuno. Perché un’opposizione è efficace se trova sponda nella società, se suscita consensi crescenti, se diventa polo attrattivo per chi vuole scelte diverse.

Non bisogna essere fan dei gilet gialli per sapere che un’opposizione vale solo se può e sa chiamare il paese a raccolta sotto le sue bandiere. Questo, con le opposizioni di oggi, semplicemente non accade.

Qui vediamo il nesso inscindibile che lega il sistema politico e le istituzioni. Abbiamo un partito vero (la Lega), una tifoseria (M5S), ed ectoplasmi di partiti che furono o vorrebbero essere (Pd, Fi, FdI, sinistra sparsa). Gli ectoplasmi si appaiano con le opposizioni parlamentari. Non contano nel paese, non contano in aula.

Il partito e la tifoseria fanno una maggioranza numerica in parlamento e assommano consensi maggioritari nel paese. Tuttavia, non esprimono un coerente indirizzo politico di governo, quanto la difficile coabitazione di più indirizzi almeno in parte confliggenti, e di promesse nella somma totale insostenibili. I comportamenti dei protagonisti e soprattutto i numeri lo dimostrano. Alla fine, ciascuno dei due dioscuri di governo parla e fa i conti con i propri fan, dentro e fuori le piazze.

Non è così che si governa un paese, o si fa opposizione. E nella fragilità del sistema politico affondano le assemblee elettive. Non è questione di ritardi, errori o sabotaggi che vengono da manine nascoste, o da tecnici nuovamente e indebitamente esposti al pubblico ludibrio. Ancor meno è questione di una stampa che fa il suo mestiere, dando voce a critiche – condivisibili o no – e chiedendo ai politici di fare il proprio. È una debolezza per cui elementi di democrazia diretta come il referendum propositivo non sono un ultimo e mortale attacco, ma nemmeno una cura. Che invece si trova in assemblee elettive pienamente rappresentative, e nella rinascita di soggetti politici organizzati e stabilmente strutturati. Il contrario, tra l’altro, della fake instant democracy della rete vagheggiata da Casaleggio come futuro nemmeno tanto lontano.

Un processo né facile, né breve. Intanto, tra le mie citazioni preferite rimane Churchill, sulla democrazia rappresentativa in una forma di governo parlamentare: «It has been said that democracy is the worst form of Government except for all those other forms that have been tried from time to time».

MASSIMO VILLONE

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Politica e società

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