Quei lavoratori del sommerso rimasti fuori da ogni sostegno

Allarme povertà nel Mezzogiorno. Le richieste al Banco Alimentare sono aumentate del 20%, del 40 in Campania

«C’è questa famiglia di Soccavo», quartiere popolare di Napoli ovest. «Lei faceva le pulizie, lui il barista, entrambi in nero, quattro figli. Con il distanziamento sociale hanno perso il lavoro, “sono spariti sia i politici che i preti” ci hanno detto». Ecco di cos’è fatta l’emergenza sociale che il governo comincia ad avvertire con qualche settimana di ritardo rispetto all’emergenza sanitaria. Il presidente Sergio Mattarella l’ha vista arrivare, l’ha segnalata nei suoi interventi. La telefonata da Soccavo è una delle tante richieste di aiuto arrivate al Telefono rosso attivato dall’Ex Opg Je so’ pazzo.

Le misure anti Covid-19 hanno lasciato (fino alle novità annunciate dal premier ieri) ampie fasce di popolazione abbandonate. Le richieste al Banco Alimentare sono cresciute del 20%, del 40 in Campania. «Chi riceveva il pacco spesa a casa – spiega Chiara Capretti di Potere al popolo – o mangiava alle mense è rimasto senza aiuto, molti volontari sono anziani e, quindi, costretti a non uscire. Anche le coop del terzo settore si sono fermate perché i lavoratori non hanno i dispositivi di protezione. Siamo alla resa dei conti: per anni il volontariato ha fornito servizi sociali, ora non c’è più un’organizzazione pubblica efficace. Ci vuole l’intervento della Protezione civile per raggiungere anche i migranti. Il Cura Italia poi ha ignorato il lavoro sommerso».

Sempre a Napoli, Giovanni Pagano è nell’esecutivo nazionale della Federazione del Sociale Usb: «Ci vuole subito il reddito di quarantena o la situazione precipiterà. Ai nostri sportelli vengono lavoratori precari di pubblica utilità, ex disoccupati che magari ricevevano piccoli assegni. Senza un sostegno non resteranno a casa ma usciranno a cercare una soluzione. Bisogna togliere i paletti al reddito di cittadinanza. Molti che lavoravano in nero non hanno fatto domanda per la paura di incorrere in sanzioni, badanti, addetti alle pulizie, fattorini, ambulanti, baristi e mercatali. Ma il tempo stringe anche per le partite Iva, i co.co.co, chi faceva lavori a progetto, fino ai settori del turismo e della ristorazione. La priorità è evitare che le persone di indebitino».

Un dramma che la politica ha deciso di ignorare per anni: 23,3% il tasso di disoccupazione a Napoli e provincia, 19,1% a Palermo, 11,8% a Bari. Secondo l’Istat, nel 2017 l’incidenza dell’economia non osservata (sommerso e illegale) è stata del 19,4% del complesso del valore aggiunto, la media italiana è stata del 13,5%. In Calabria il peso dell’economia sommersa e illegale è stato massimo (21,8%). Il peso del sommerso dovuto al lavoro irregolare è stato più elevato in Calabria (9,4%) e Campania (8,5%). Secondo lo studio del 2018 di Srm, centro studi collegato a Intesa Sanpaolo, l’economia sommersa e illegale in Italia è pari al 22,9% del Pil, dato che sale al 29,8% nel Mezzogiorno.

Il sindaco di Napoli de Magistris, chiede il reddito di quarantena, il senatore Sandro Ruoto ha scritto a Giuseppe Conte perché vengano estese le misure dell’esecutivo «anche al lavoro sommerso». Anche il governatore De Luca si è rivolto al premier: «È necessaria una piattaforma economico-sociale da sottoporre entro martedì al governo: tutele per chi lavora nel sommerso, per commercio, artigianato, piccole imprese, misure per le filiere agricole, turistiche, le imprese culturali». Il Mezzogiorno finora si è arrangiato da solo.

A Palermo ieri pattuglie della polizia sorvegliavano i supermercati, dopo il tentativo fallito giovedì di andare via con la spesa da parte di cittadini impoveriti. «Solo in città sono oltre 2.500 le richieste di aiuto già pervenute, famiglie allo stremo», ha raccontato Gabriella Lipani, direttore del Banco Alimentare. L’amministrazione di Salemi, in provincia di Trapani, ha chiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale. Nell’agrigentino si cerca di rimediare con «la spesa sospesa» mentre la regione ha stanziato 100 milioni per l’assistenza alimentare.

In Puglia, a Bari, si sono viste persone allo sportello delle banche implorare prestiti da 50 euro per la spesa. «Continuiamo a ricevere richieste di aiuto – ha spiegato il sindaco e presidente dell’Anci, Antonio Decaro -. I comuni italiani hanno bisogno di liquidità perché abbiamo sospeso le tasse». Altro tema ostinatamente ignorato: le amministrazioni cittadine sono state strozzate dal taglio dei finanziamenti centrali, più di 300 hanno avviato procedure di dissesto o predissesto, quasi tutte al Sud.

ADRIANA POLLICE

da il manifesto.it

foto: screenshot

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