Alla fine si riparte da dove si era fermato Matteo Salvini, e cioè con il tentativo di bloccare l’attività delle ong procedendo alla confisca delle navi umanitarie che salvano i migranti. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ne ha parlato ieri al Viminale in una riunione con i capigruppo di Camera e Senato della maggioranza, ai quali ha anticipato anche i contenuti dell’intervento che terrà oggi in parlamento.

Accantonata ogni ipotesi di procedere per via penale contro i comandanti delle navi che non dovessero rispettare le disposizioni del governo – già provata in passato senza successo per gli interventi della magistratura – si pensa di procedere per via amministrativa affidando la gestione dello scontro con le ong ai prefetti. Quindi: multe non più milionarie, come era stato previsto da Salvini, ma comprese tra i 10 e 50 mila euro per poi procedere alla confisca dell’imbarcazione in caso di recidiva.

Per adesso ci troveremmo ancora nella fase degli annunci, tanto che al Viminale non si sarebbe ancora deciso come procedere: se con un decreto, un disegno di legge oppure affidando le nuove norme a un decreto già in discussione in modo da velocizzare al massimo i tempi.

Le nuove regole si applicherebbero comunque alle navi che non dovessero rispettare il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane o l’ordine di far scendere a terra soltanto le persone ritenute più fragili. Ma anche se, una volta effettuato lo sbarco parziale, dovessero opporsi all’ordine di lasciare il porto tornando al largo. Sembra essere stata definitivamente archiviata, invece, l’ipotesi di obbligare le navi a intervenire in soccorso soltanto delle imbarcazioni ritenute a rischio di naufragio.

Una possibilità ventilata nei giorni scorsi e poi scartata sia perché quelle sulle quali viaggiano i migranti sono carrette sovraccariche fino all’inverosimile di persone e quindi in costante pericolo, sia perché riguarderebbe solo le navi delle ong e non tutte le altre, mercantili, pescherecci o altro, che intervengono in aiuto di migranti creando così una disparità di trattamento difficile da giustificare.

L’intervento che Piantedosi farà oggi prima alla Camera e poi al Senato rischia di essere un esercizio di equilibrismo politico. Il ministro rivendicherà infatti le decisioni prese dal governo nei giorni scorsi a Catania con le navi Geo Barents e Humanity One e con la Ocean Viking, costretta a spostarsi in Francia, ma deve anche fare attenzione a non forzare troppo la mano per non arrivare a una rottura definitiva con l’Unione europea. Bruxelles ha infatti ribadito più volte come salvare le persone in difficoltà sia un obbligo «legale e morale» previsto da diritto internazionale. Obbligo che per le istituzioni europee vale anche per le navi delle ong.

Stessa cosa per il braccio di ferro con la Francia, che il governo vorrebbe chiuso. «Uno scontro che non abbiamo cercato noi», ha detto ieri il ministro ai capigruppo della maggioranza e ripeterà oggi parlando alle camere.

Dopo la telefonata tra il presidente Mattarella e il presidente Macron, e l’incontro di Bruxelles tra il ministro degli Esteri Tajani e la ministra francese agli Affari europei Laurence Boone, ieri a intervenire è stato Christian Masset, ambasciatore francese in Italia, aprendo uno spiraglio a una possibile tregua: «C’è un momento di tensione sul tema dell’immigrazione – ha detto – ma anche se si tratta di un problema complesso è chiaro e semplice che la soluzione è nella cooperazione, che vuol dire “solidarietà, responsabilità e rispetto del diritto”. E come hanno detto i nostri capi di Stato, dobbiamo trovare tutte le condizioni per avere piena cooperazione in ambito bilaterale come in ambito Ue».

Infine Piantedosi farà il punto anche sulla situazione degli sbarchi in Italia: 92.917 persone fino a ieri e 104.851 in accoglienza, sottolineando la necessità di arrivare a stipulare accordi bilaterali con i Paesi di origine e di transito dei migranti. In cambio l’Italia potrebbe ragionare su un nuovo decreto flussi che premi i Paesi che accettano di collaborare nel fermare le partenze.

CARLO LANIA

da il manifesto.it

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