Il ritorno della contrapposizione-scontro tra grandi blocchi, il riemergere di nostalgie imperiali, il rilancio di un impero in decadenza, sta costringendo diverse nazioni in tutto il mondo a schierarsi o con la Nato o con l’asse Russia-Cina e sue appendici. Paesi come Finlandia e Svezia che erano rimasti neutrali durante il periodo della cosiddetta «guerra fredda», hanno saltato il fosso e son finiti nella gabbia della Nato, rinunciando ad un loro, encomiabile e storico punto di riferimento: essere Paesi che accolgono i rifugiati politici e coloro che fuggono dalle guerre.

Come dimenticare il ruolo politico giocato dalla Svezia del premier Olof Palme, grande figura di costruttore di ponti di pace, leader prestigioso del partito socialdemocratico, fatto fuori in circostanze misteriose in cui non è escluso il ruolo di servizi segreti stranieri. Chi si ricorda della Jugoslavia di Tito, leader del Movimento dei Paesi non Allineati, che nasce a Belgrado nel settembre del 1961, e vede tra i fondatori l’India di Nehru, l’Egitto di Nasser, l’Indonesia di Sukarno.

Un Movimento che nasceva dichiarando la sua opposizione al colonialismo, imperialismo e neocolonialismo, rivendicando il diritto a non doversi schierare con un uno dei due blocchi.

Certo, esiste ancora il Non-Aligned Movement (Nam), conta sulla carta circa 120 Stati, ma chi lo sa? Chi se n’è accorto durante tutte le guerre che si sono succedute dopo la caduta del muro di Berlino? Che ruolo ha oggi in questa maledetta guerra in Ucraina? D’altra parte se il presidente del Nam è l’attuale premier dell’Azerbaigian, coinvolto in un conflitto estremamente rischioso come quello del Nagorno-Karabakh, che è ripreso proprio in questi mesi, come sperare che possa avere un ruolo di super partes, di leadership dei Non Allineati? La scomparsa nei fatti del Movimento dei Paesi non Allineati è una grave perdita per il futuro dell’umanità. Purtroppo, ne dobbiamo prendere atto.

La neutralità è diventata una condizione sempre più difficile da mantenere. Neutralità non significa solo non prendere parte, non schierarsi, ma può avere un ruolo attivo nel superamento dei conflitti. Il «Neutro come terza possibilità, come superamento del conflitto, per dirla con Roland Barthes che per un biennio ha tenuto un Corso su questa categoria al Collège de France (1977-78), edito in Francia nel 2002 ed oggi pubblicato in Italia da Mimesis. La neutralità, dunque, non è il Limbo, un non luogo sospeso nello spazio e nel tempo, ma un non accettare questo disordine mondiale, cercare ostinatamente un’altra strada che non passi dalla logica dei nazionalismi che si autoalimentano.

Significa non interiorizzare una visione del mondo come lotta tra il Bene e il Male Assoluto, non vedere lo scontro attuale, come denuncia chiaramente papa Francesco, come uno scontro tra il demonio Vladimir Putin e l’arcangelo Joe Biden. Neutralità non vuol dire indifferenza, ma cercare di mantenere una lucidità di analisi e cercare ostinatamente di non farsi ingoiare da questa spirale dettata dallo scontro tra superpotenze.

In questo scontro, che si gioca a più livelli, l’Unione europea è schiacciata e la Sinistra non ha più voce in capitolo se non ritrova una alternativa visibile e credibile, a partire dalla difesa del diritto di asilo per i rifugiati politici. La stessa sinistra socialdemocratica che nei paesi scandinavi ha avuto il suo faro, verrà sotterrata da questa scelta infame che baratta la vita dei rifugiati politici curdi con l’entrata nella Nato.

Come si fa ad accettare il ricatto di un dittatore come Erdogan e poi parlare di difesa dei valori democratici contro le dittature. Come si possa abbandonare il popolo curdo che ha combattuto in prima fila contro l’Isis indicato dall’Occidente per un lungo periodo come il Nemico numero Uno? Come si possa permettere che l’esercito turco entri in territorio siriano e massacri impunemente un popolo che vi abita secoli? L’inviolabilità delle frontiere vale solo per l’Ucraina?

Non dimentichiamoci mai che il fascismo nasce in Italia con la rottura della «neutralità» del Partito socialista che Mussolini, da direttore dell’Avanti, ruppe abbracciando il movimento «interventista» nella Prima guerra mondiale. Chi oggi pensa che non ci siano alternative alla continuazione della guerra in Ucraina, e rivendica il ruolo dell’Italia in questa guerra, si pone in continuità con quella cultura.

TONINO PERNA

da il manifesto.it

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