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Economia e società

Confindustria, poca lotta e molto governo

Una Confindustria di poca lotta e di molto governo. Il secondo anno della gestione di Vincenzo Boccia ha visto un’assemblea annuale che ha continuato a puntare decisamente sul cavallo dell’esecutivo: sceso Renzi, sale Gentiloni. Anzi no, meglio il ministro Carlo Calenda. Con il titolare dello Sviluppo economico, ha spiegato lo stesso presidente degli industriali, i rapporti sono «ottimi», e ieri accanto a lui – che ha parlato dal palco – in prima fila c’era un ricco parterre: da Poletti a Orlando, da Padoan fino alla ministra Boschi.

Bene Industria 4.0, bene il Jobs Act, bene il piano di incentivi e sgravi fiscali avviati da Renzi in poi – ha spiegato Boccia nella sua relazione – tanto che tutti questi aiuti alle imprese dovrebbero divenire «strutturali». In più, l’associazione degli industriali chiede «cuneo fiscale zero per tre anni sulle assunzioni dei giovani under 30». E, successivamente, si potranno abbassare le tasse sul lavoro anche per gli altri.

Ancora, dovrebbero essere detassati strutturalmente i premi di risultato, anche per favorire relazioni industriali più fluide e la sottoscrizione di quel Patto della Fabbrica che Boccia propone da tempo ma che per ora i sindacati non concedono. «Abbiamo già firmato diversi contratti», ha spiegato il numero uno di Confindustria, ora quindi sarebbe auspicabile un accordo quadro.

Accelerare le privatizzazioni e le dismissioni di immobili pubblici per ridurre il debito, e aumentare il livello degli investimenti pubblici, «ancorati da anni al 2% del Pil»: una richiesta piuttosto inedita per l’associazione, che evidentemente nota l’assenza di efficaci spinte statali all’economia.

E nuova dichiarazione – ma questa più scontata – a favore del «sistema maggioritario» per le elezioni: perché garantirebbe la governabilità. Nessun mistero, già in occasione del referendum del 4 dicembre la Confindustria aveva sposato la visione renziana degli equilibri istituzionali, sostenendo convintamente il Sì, e indirettamente anche un sistema pensato con il vecchio Italicum.

Sì deciso da parte del ministro dello Sviluppo Calenda alla richiesta di sgravi per i premi di risultato: «Siamo pronti a fare la nostra parte, valutando un’ulteriore detassazione sui premi e sul salario di produttività – ha replicato – Questa è la strada per avere retribuzioni più alte e aumentare la competitività. Ancora una volta non esistono scorciatoie».

Dai sindacati arriva invece un netto stop: i leader di Cgil, Susanna Camusso, e Uil, Carmelo Barbagallo, bocciano l’idea di nuovi bonus o interventi a pioggia, preferendo invece misure strutturali che possano dare risposte nel lungo periodo a quella che è diventata una vera e propria emergenza. «Continuiamo a ripetere sempre le stesse ricette che lavorano sul versante dell’offerta mentre il problema è la domanda aggregata, le retribuzioni troppo basse, la crescita dei lavori poveri – spiega la segretaria Cgil – E poi basta incentivi a pioggia, siano mirati».

RED. ECO.

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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