L’Italia egoista dei “no pass”: solo diritti e niente doveri

Roma. Nel lungo corteo che parte da piazza del Popolo, per arrivare quasi sotto la sede della RAI, c’è la fisiognomica politico-sociale dei partecipanti che, precisa e puntuale, si...

Roma. Nel lungo corteo che parte da piazza del Popolo, per arrivare quasi sotto la sede della RAI, c’è la fisiognomica politico-sociale dei partecipanti che, precisa e puntuale, si ripete in quasi tutte le altre 79 manifestazioni in altrettante città d’Italia. Il “green pass” diviene il punto di caduta di un ginepraio di considerazioni aneddotiche che sono il mantra giaculatorio di una massa che si fa eterodirigere dai neofascisti, rigorosamente riconoscibili per la perfetta conformità allo stereotipo del virulento e muscolare in maglia nera, con qualche simboletto seminascosto che richiama al ventennio criminale mussoliniano.

Ma sul megafono la scritta è chiara: “Forza Nuova“. Chi urla da quella protesi amplificatoria della voce rauca e logora da tanti slogan razzisti, xenofobi, antisemiti ed omofobi, dicono le cronache che dovrebbe essere al domicilio coatto dopo le ore 21.00.

Ma tant’è, è ancora pomeriggio, e un buon neofascista sfida il sistema, offre il petto alle disposizioni governative in materia di salute pubblica e invoca la «Libertà, libertà!», due, tre quattro, cento volte mentre magari porta il tatuaggio di una croce celtica o del faccione del tiranno su qualche bicipite che si affloscia per la troppa adipe o su qualche caviglia mezza claudicante.

La gente segue. Senza alcuna organizzazione se non quella del passa parola sui social, si ritrova in piazza, vede un mega tricolore da stadio che sventola con una certa maestria di ondulamenti, ascolta comizi fatti di insulti verso Mario Draghi, Roberto Speranza. Si eccita, si sovraesalta e pensa di essere nel luogo giusto: quello della ribellione contro la “dittatura sanitaria“, contro una Repubblica vista come un Terzo, forse Quarto Reich. Dove si può manifestare liberamente il proprio bislacchissimo pensiero, elevato a nozione scientifica tratta da qualche post su Facebook o Twitter; dove si può improvvisare un corteo tutt’altro che tranquillo e pacifico.

Ma intanto, la dittatura è “sanitaria“: ci vogliono colpire nel DNA, modificandolo con i vaccini. Fa tutto parte di un complotto sostituzionista. Una volta lo si pensava quando si teorizzava l'”invasione” dei migranti, mentre adesso si evoca la molto più banalmente un pezzetto di codice genetico che prende il posto di un altro pezzetto.

Ogni manifestazione contro il “green pass” viene evocata sui social da una modesta gestione della piazza da parte di negazionisti e riduzionisti del Covid-19, da frange dell’estrema destra neofascista, da movimenti autorganizzati che mescolano l’alta finanza padrona del mondo con pedo-satanismo, QAnon, strampalate descrizioni di bugiardini sui vaccini fatti con feti abortiti, pezzi di animali, metalli di ogni tipo. Questi imbonitori del pensiero mettono davanti alle migliaia di persone che partecipano buona parte di un armamentario fintamente ideologico che si nutre esclusivamente di fantasie di complotto.

Qualcuno si permette di fabbricare delle stelle di Davide gialle con sopra scritto: “Non vaccinato” in caratteri dell’alfabeto ebraico. Se le appunta sul metto, le mostra ai giornalisti che, pochi istanti dopo diventano però dei “terroristi“. Uno dei caratteri distintivi di queste manifestazioni è la rabbia, la cattiveria molesta che cresce ogni volta che trova degli obiettivi precisi contro cui scagliarsi: chi fa informazione, chi semplicemente documenta con una videocamera, chi si permette di non essere concorde con le loro strampalatissime ipotesi (perché chiamarle tesi è veramente troppo).

I neofascisti seguono il copione consolidato dell’ultimo anno e mezzo: ogni volta che la pandemia genera situazioni fortemente divisive, dicotomiche al punto da far emergere le più recondite e ancestrali paure, vi si insinuano cercando di fare proseliti, di creare tensioni antisociali tramite generici rivendicazioni di libertà e spazi democratici. Per fare questo devono apparire il meno politici e più apartitici possibili e vestire i panni dei tribuni del popolo, dei sostenitori di una lotta contro le restrizioni che – oggettivamente – comprimono determinati spazi di agibilità sociale e personale.

Il governo, nella formulazione e nella proposta sul “green pass” ha commesso l’ennesimo errore politico, culturale e comunicativo: la bontà della certificazione di immunità contro il Covid-19, che di per sé è per l’appunto soltanto un mezzo per cercare di regolamentare una convivenza con il virus mediante la vaccinazione di massa e il raggiungimento della tanta agognata “immunità di gregge“, offre il fianco alle critiche in merito alla disposizione di un diktat, proprio per l’assenza di quell’obbligo vaccinale che sarebbe stato opportuno introdurre per stabilire una uguaglianza di trattamento per ogni cittadino.

Se il vaccino è l’unica arma che abbiamo per evitare nuove chiusure, per poter gestire in sicurezza attività primarie come la scuola, le università ed ogni altro settore sociale che ci è indispensabile per la crescita e per lo sviluppo, nonché per il regolare svolgimento della vita quotidiana, allora l’obbligatorietà è l’unica via possibile per affermare un principio davvero egualitario nella protezione sanitaria della popolazione.

Nel voler garantire una libertà di scelta ponderata, si è sottovaluto il potenziale di una cattiva comunicazione di dati e di certezze scientifiche già ampiamente messe in dubbio dalla spocchia del protagonismo individualista espresso mediante i social: vere e proprie fucine di idiosincrasia verso la disposizione alla conoscenza, all’approfondimento e, se non proprio allo studio attento di ciò che ci accade intorno, quanto meno alla verifica di una timidissima veridicità delle tante e troppe affermazioni che sentiamo volare nell’etere, su Internet e nell’aere…

Chi si è appuntato una stella di Davide sul petto e ha sfilato in un corteo “no pass” ieri, e magari lo rifarà nei prossimi giorni, è la manifestazione plastica di una deformazione della storia contemporanea voluta, cercata, reiterata. I mezzi di informazione sono talmente tanti e tali da poter permettere a chiunque di sapere che essere sterminati per il fatto di essere ebrei è imparagonabile alla richiesta dello Stato di fare un vaccino che preserva dall’evoluzione grave di un virus che circola in tutto il mondo e che in Italia ha già ucciso 130.000 cittadini.

Il cinismo si nasconde dietro la cattiva fede di molti. E si nasconde dietro la cretineria di altrettanti che, in quanto tali, sono categorizzabili come detentori di una certa spontaneità che, comunque, non è meno irrilevante nel produrre danni antisociali del negazionismo interessato e usato come clava contro la democrazia, facendo fermentare il disprezzo della gente nei confronti di una politica che non può dare loro quelle risposte di giustizia sociale che meriterebbe.

Stiamo parlando di minoranze rumorose a fronte di maggioranze silenziose (o quasi). Stiamo parlando di un buon numero di analfabeti, quasi funzionali, della vita sociale e politica. Sottoproletari influenzabili dalle strumentalizzazioni di quel neofascismo che si picca di essere “rivoluzionario” nel nuovo millennio e che serve proprio al sistema per garantirgli una quota di instabilità da usare come ricatto contro la riorganizzazione politica e sindacale delle ragioni del lavoro, della precarietà e della disoccupazione latente e lunga.

Ma, nonostante siano minoranze, non vanno trascurate; tanto meno semplicemente sdegnate con atteggiamenti di superbia, trattando le manifestazioni dei no-vax come se fossero un fenomeno marginale e del tutto emarginabile dalla vera coscienza sociale e politica del resto del Paese.

Un disagio è sempre un disagio, soprattutto se è cumulativo, se ha sedimentato da tempo e se è stato seguito, corteggiato e coccolato da altrettanto tempo. I “No paura day” non sono una novità: pagine Facebook e siti web esistono da molti mesi. Aspettavano solamente la nuova occasione per ritornare in auge, per riagganciare la protesta pseudo-spontanea che 0bbedisce all’effetto di azione e reazione tra disposizione governativa e ripulsa popolare.

Il problema della cultura di massa è un tema che ritorna ciclicamente, perché innerva ogni ambito della quotidianità: è necessario rimettere mano ad una credibilità delle istituzioni della Repubblica perché proprio questa sia rispettata. Se in Italia esistesse una classe dirigente degna di questo rispetto, che va guadagnato almeno mediando tra interessi collettivi e privati partendo dal punto di vista dei beni comuni e del pubblico, allora è probabile che anche il tema della vaccinazioni avrebbe avuto un impatto molto differente da quello cui stiamo assistendo in questa estate.

Prescindendo dal governo, che pure ha la sua enorme parte di responsabilità in tutto questo caos, ognuno di noi deve esprimere il proprio senso civico, civile e morale abbandonando per un attimo l’individualità dei diritti e assumendosi anche il carico della collettività dei doveri. Sono state mescolate troppe tematiche: da quelle medico-scientifiche sulla sperimentazione dei preparati delle Big Pharma fino alla dittatura che sarebbe evidente nello spingere alla vaccinazione le persone mediante il “ricatto” del “green pass“.

Ora è il tempo di tornare a ragionare distinguendo tra i diversi problemi che abbiamo davanti a noi: chi non vuole vaccinarsi è liberissimo di non farlo. Ma ritiene così di partecipare anche in questo modo allo sforzo che (quasi) tutti stiamo facendo per venire fuori dall’eccezionalità del biennio pandemico? C’è un egoismo peggiore di quello capitalistico: è quello della preservazione a tutti i costi del proprio piccolo mondo di convinzioni indefesse e preconcette. L’annichilimento della criticità nel nome di una critica che si ritiene anteprima della verità assoluta e che, quindi, uccide già di per sé la critica.

Non ci possono essere dogmatismi di sorta in tutta questa storia. Non siamo la quintessenza delle verità scientifiche. Ma nemmeno dobbiamo esserlo delle tante, troppe falsità che circolano nella rete e che si riversano nella società. Con grande soddisfazione dei fascisti che si intestano le proteste e i cortei.

MARCO SFERINI

25 luglio 2021

foto: screenshot

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