Le radici del pensiero costruito dalla lotta

Tempi presenti. «Il giovane Marx» di Giulio Marcon, pubblicato da Jaca Book. Un’antologia dei testi del «Moro» dal 1835 al 1848, dal liceo al capitolo «Borghesi e proletari» del Manifesto. Chi si fosse avvicinato per la prima volta alla sua figura attraverso il film di Raoul Peck del 2017 troverà qui una sorta di controcanto dell’immagine nella pagina scritta

Se la fine del XX secolo ha segnato una sorta di impasse della ricerca su Marx dovuta alla sconfitta del movimento operaio e alla caduta dei socialismi reali, il nuovo secolo ha visto una rinascita dell’interesse per il filosofo di Treviri culminato nel 2018, bicentario della sua nascita, in un’annata ricca di nuovi studi e di convegni che hanno ricordato l’importanza della sua figura. Certo, va detto che se la damnatio memoriae degli anni ’90 fu tutta ideologico-politica, effetto della vittoria globale delle politiche neoliberiste, la rinascita è per la sua gran parte accademica, frutto in prima istanza dello straordinario lavoro filologico-critico dell’edizione delle Marx Engels Gesamtausgabe (Mega2) e, a partire da esso, in Italia, da quello di un schiera di studiosi appartenenti a generazioni diverse che hanno contribuito in modo importante a rinnovare l’immagine di Marx.

Tuttavia, va detto, senza volerne in nessun modo ridimensionare l’importanza, che questa è una via difficile, una via che passa dalla messa in discussione delle grandi letture novecentesche e ha come base un lavoro sui testi marxiani così come sono stati stabiliti dall’edizione critica, lavoro che ha portato, come scrive Fineschi nella sua introduzione a Marx uscita in questi giorni (Marx, Scholé, pp. 43, euro 16), a ridefinire lo statuto di opere come i Manoscritti del ’44 e l’Ideologia tedesca, «enfatizzandone l’incompiutezza o addirittura l’inesistenza come opere vere e proprie».

In questo contesto di studi l’antologia di testi marxiani proposta da Giulio Marcon (Il giovane Marx. La radice delle cose, Jaca Book, pp. 344, euro 24) appare di fondamentale importanza. Essa ha il merito di raccogliere in un solo volume i testi di Marx dal 1835 al 1848, dal tema per la licenza liceale sino al meraviglioso capitolo del Manifesto «Borghesi e proletari».

Chi si fosse avvicinato per la prima volta a Marx attraverso il film di Raoul Peck, film che porta lo stesso titolo dell’antologia di Marcon (Il giovane Karl Marx, 2017, con August Diehl nel ruolo del «Moro», ndr), troverebbe qui una sorta di controcanto dell’immagine nella pagina scritta. Peck apre con la scena della chiusura della Gazzetta renana; Marcon, dopo una prima sezione dedicata ai primi scritti in cui troviamo anche dei sonetti per l’amata Jenny, dedica la seconda sezione agli scritti giornalistici, tra i quali vanno menzionati almeno l’articolo sulla legge contro i furti di legna e quello sulla libertà di stampa. Peck ci mostra la vita di Marx con Jenny, l’amore, il matrimonio, la nascita dei figli, le difficoltà economiche, e Marcon dedica una sezione agli scritti di quel periodo ’43-44, un estratto dalla Critica del diritto statuale hegeliano, il celebre passaggio su «Monarchia e democrazia» in cui Hegel è criticato con Spinoza, e i due grandi testi pubblicati negli «Annali franco-tedeschi», l’Introduzione alla Critica della filosofia del diritto di Hegel e la stupefacente Questione ebraica.

Peck ci racconta l’incontro con Engels, la stima reciproca dietro la diffidenza iniziale, e poi un’amicizia meravigliosa, fatta di momenti di divertimento (un giorno, a Londra, verranno fermati dalla polizia per aver preso, in stato di ubriachezza, a sassi i lampioni), ma soprattutto di un pensare a due legato indissolubilmente con il proletariato e le sue organizzazioni; Marcon ci offre una sezione con estratti dai Manoscritti del ’44, queste prime stupefacenti gocce di intelligenza distillate leggendo gli economisti politici verso cui l’aveva indirizzato Engels. Peck ci mostra la famiglia Marx, in perenne difficoltà economica e perseguitata dalla polizia, che in fretta e furia fa i bagagli per lasciare Parigi e trasferirsi a Bruxelles, e Marcon ci fa entrare nel laboratorio segreto del pensiero di Marx, L’ideologia tedesca e le Tesi su Feuerbach, là dove qualcosa cambierà per sempre nella storia del pensiero, la filosofia si scoprirà situata in un mondo fatto di rapporti di forza economici, politici e ideologici, un mondo che fino ad allora aveva pensato a sua immagine e somiglianza, fatto di idee.

Infine Peck ci mostra i rapporti prima amichevoli e poi conflittuali con Proudhon e l’incontro a Londra con la Lega dei giusti per i quali Marx ed Engels scriveranno il Manifesto e Marcon dedica una sezione con estratti rispettivamente alla Miseria della filosofia e al Manifesto. Nel 1848 Marx compie 30 anni, Engels ne ha solo 28. Il film di Peck, con le imprecisioni filologiche che sono state sottolineate qui e là forse in modo un po’ pedante, ci restituisce l’immagine di questi due giovani giganti, belli, straordinariamente colti, di un’intelligenza non priva di arroganza, innamorati teneramente delle loro compagne, e soprattutto appassionati nella lotta, dalla parte giusta. Marcon ci offre la base testuale, un primo strumento fondamentale per avvicinarsi al pensiero di Marx.

Se Marx avesse smesso di scrivere a 30 anni sarebbe stato comunque il più grande filosofo del secolo XIX. Per fortuna ha continuato a scrivere e ci ha regalato quell’imperituro monumento all’intelligenza umana che è Il Capitale, i cui ultimi due volumi sono usciti postumi grazie all’enorme lavoro del biondino del film, nel frattempo divenuto per tutti «il generale», l’amico di una vita. Se tuttavia per Il Capitale «non c’è via maestra», come diceva lo stesso Marx, l’antologia di Marcon costituisce un’introduzione preziosa per capire un pensiero emerso e costruitosi nella lotta.

VITTORIO MORFINO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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