C’è un arcobaleno che non riesce a mostrarsi nel cielo. E’ dipinto a metà. Si ferma là in alto, non riesce a scendere, a toccare terra a diventare la manifestazione evidente a tutti della necessità di fare del nostro Paese un luogo dove vi siano sempre meno pregiudiziali nei confronti delle cosiddette (a volte impropriamente) “differenze” e dove si allarghi lo spettro dei diritti civili unitamente a quelli sociali.
L’arcobaleno in questione è quello che riguarda la famosa Legge Zan, divenunta lo spartiacque tra chi vorrebbe archiviarne anche l’ipotesi, oppi limarla di molto, per accontentare magari anche un po’ il Vaticano, e chi invece la sostiene a tutto tondo, senza se e senza ma, perché ci si è oggettivamente accorti che una vacatio legis esiste in Italia quando si tratta di individuare quei comportamenti che sono riconducibili alla violenza (im)morale, verbale e fisica nei confronti tanto delle persone LGBTQIA+ (credo di aver scritto l’acronimo correttamente questa volta, altrimenti una cara amica mi bacchetta dalle sponde opposte dell’Atlantico, nella terra di Stonewall).
L’artificio trovato da Italia Viva per condividere ulteriormente qualche suo punto di (si fa per dire) principio con le destre è il passaggio del testo legislativo in cui si evidenzia l'”identità di genere“, grande terrore dell’Oltretevere, delle destre tradizionalistico-familiste, neofasciste ed omo-transfobiche. Su questo punto, ma anche su altri, pare le Renzi e Salvini sentano una vicinanza non da poco, tanto da condividere il ritorno alla proposta di Legge Scalfarotto, che contenta un po’ tutti: alti prelati compresi.
Non si capisce ancora bene se Italia Viva stia cercando un ennesimo pretesto per sparigliare le carte all’interno della maggioranza di unità nazionale e preparare una nuova tappa di quella strada di avvicinamento al centrodestra che la collocherebbe nel settore certamente moderato, cattolicheggiante, di centro liberale e liberista; oppure se per una volta i renziani siano davvero sinceramente convinti di ciò che affermano e questa sia una manifestazione di buona fede politica, morale e civile. Se così fosse, sarebbe la prima volta, e sarebbe oltremodo un pessimo inizio per inaugurare la stagione della sincerità.
Sta di fatto che la Legge Zan divide ancora e, mentre le piazze d’Italia si riempiono ad ogni Pride, mentre il movimento per i diritti civili pensa a nuove forme di mobilitazione e comunque ad una lotta che non finirà certo con l’approvazione (e tanto meno con la bocciatura) della normativa che dovrebbe andare in Senato il 13 luglio, lo spettacolo dato dalle forze politiche resta molto al di sotto della democratica civile necessità di dare al Paese una fisionomia di alto profilo rispetto ai modelli che tanto sono invece cari alle destre.
Quell’Europa dei Paesi di Visegrad, del partito di Orbán che promuove e firma con Salvini, Meloni e altri tredici leader di partiti sovanisti, neoconservatori e neonazi-onalisti una “Carta dei Valori” che smentisce e tradisce quanto meno l’impostazione liberale (si badi bene: liberale! Non certamente socialista o comunista!), non sarebbe un luogo dove potersi tenere per mano, uomini con uomini, donne con donne, passeggiando per le vie di Budapest, Varsavia, Praga. Grandi capitali, eredi di culture che hanno lasciato al nostro continente una storia di ribellioni contro l’oscurantismo, contro la repressione e la miopia tanto dei papi quanto degli imperatori.
L’Europa dei sovranisti è l’esatto contrario delle piazze del Pride: è il grigiore della negazione dei diritti civili nel nome della tradizione cattolica, dell’identità di sesso che reprime ogni identità di genere, perché deve prevalere l’essenza come dato fondamentale di tanti nuovi Stati-etici che pericolosamente si fanno largo tra quelli invece di diritto, dove non è un culto religioso ad ispirare le leggi fondamentali su cui si regola la vita quotidiana dei cittadini, ma la condivisione e lo sviluppo di una coscienza civile, laica e democratica.
I giochetti di posizionamento parlamentare di questo o quel partito, davvero non fanno altro se non mostrare e dimostrare la bassezza di un dibattito che per trovare delle argomentazioni si affida a frasi del tipo: «…la violenza va sempre punita, ma il diritto alle opinioni va comunque garantito e difeso». Tipica banale doppiezza sovranista: si cerca il consenso tramite la logica e il buonsenso, ma lasciando intendere che, se anche è giusto dire agli omofobi che sono “cattivi, cattivi“, è altrettanto giusto poter dire «Sei un frocio!», oppure «Finocchio». Non passare alle mani. Quello mai.
E’ l’unica conquista di civiltà che le destre, prima indipendentiste e ora ipernazionaliste, hanno saputo fare in decenni e decenni di studio dei diritti umani, civili e sociali. Di più, francamente non gli si può chiedere.
La Legge Zan rischia di diventare nei prossimi giorni un catalizzatore di contraddizioni interne ai partiti della maggioranza draghiana, che fino a qualche mese fa poteva dirsi imperturbabilmente sicura, certa che anche qualche singola bizza di questa o quella forza politica sarebbe stata isolata e ricondotta al buon senso dal resto del fronte liberista che sostiene l’ex dirigente della BCE.
Oggi, mutatis mutandis, considerato quindi quanto sta avvenendo sotto il cielo plumbeo dei Cinquestelle, e dato il dovuto valore politico a scardinamenti di coalizioni territoriali in Calabria, rotture qua e là dell’alleanza “giallo-ros(s)a“, è più facile per le destre di governo e opposizione saldare le forze, far leva su 17 senatori di Italia Viva pronti a mettere in discussione al Senato una legge necessaria, fondamentale per non tornare più indietro, di molti, troppi anni, sul terreno dei diritti civili.
Ciò che davvero è mortificante, ma che non deve farci desistere nemmeno un secondo dal continuare la lotta per poter essere, tutte e tutti noi, ciò che siamo e che vogliamo essere, prescindendo da culti religiosi, istinti repressivi e pregiudizi omo-transfobici, razzismi e ghettizzazioni bullizzanti di ogni tipo, è l’ennesimo gioco politico sulla pelle di persone fragili, di tanti giovani che vivono piccoli inferni giornalieri: andando a scuola, passeggiando per strada, divertendosi con i propri amici e, se proprio volete, magari baciandosi liberamente davanti ad un tramonto in questa lunga estate calda.
Senza la Legge Zan le violenze saranno anche esecrate dalle destre, ma continueranno ad essere largamente impunite, perché si invocherà la provocazione innescata da un comportamento non considerato consono con la morale che sovranisti, Vaticano e clerico-fascisti di turno invocano senza soluzione di continuità alcuna: uomo e donna hanno diritto di manifestare i loro sentimenti. Famosa è il precetto popolar-pregiudiziale, del tutto intollerante nell’essere ipocritamente tollerante: «In camera da letto ognuno fa quello che vuole, ma poi fuori, no eh…».
Noi omosessuali, dunque, (e non solo noi) saremmo liberi di amare, di essere noi stessi soltanto in tanti piccoli ghetti casalinghi, dentro le mura, dove nessuno vede, dove la società non è costretta a fare i conti con la realtà: dove ancora una volta le virtù restano – apparentemente – pubbliche e i cosiddetti “vizi” devono rimanere privati. Non vedere per evitare il problema. Non vedere per lavarsi la coscienza sporca di pregiudizi.
Noi dovremmo nasconderci per preservare il livello di tolleranza di una società che fa fatica a capire che l’amore non è nocivo a nessuno, non intacca nulla se non le certezze di essere per tutta la vita fatti di una imperturbabile identità sessuale che è l’unica ammessa. Se nasci col pisello devi essere per forza, oltre che uomo, anche maschio. Non potrai mai, per i sovranisti che scappano dai festini attaccati al tubo di una grondaia estera mentre in patria tuonano contro le perversioni di gay, lesbiche e trans, essere femminile dentro un corpo maschile, o essere una donna che abita un uomo.
Sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale insieme fanno la nostra “identità sessuale” vera e propria: dovrebbero essere trattati con il rispetto che si deve ad ogni particolarità. E, a ben vedere, ognuno di noi è particolare, irripetibile, veramente unico. Baudelarie sosteneva che la sensibilità di ciascuno «è il vero genio» e, per questo, ammoniva a rispettare questa complessa e affascinante identità invisibile e impalpabile come la più bella delle nostre essenze. Ed a farlo pensandoci per primi in questa condizione non di facile e facilona reductio ad unum, che serve invece per fare man bassa di voti con una sempliciotta propaganda intrisa di banalizzazioni, stereotipi grossolani indegni persino dei peggiori film pecorecci degli anni ’70 (che, loro malgrado, sono divenuti pure dei “cult“).
La bellezza delle piazze dei tanti Pride che si sono svolti in Italia è lo spettacolo migliore per sostenere la Legge Zan, per non mollare la presa, per insistere nella sua approvazione così come è, senza modifiche, senza contentini a forze politiche in cerca di un nuovo spazio, di un nuovo ruolo, di un nuovo padrone da servire.
MARCO SFERINI
4 luglio 2021
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