Il filo che lega la strage di Brandizzo a quella della Thyssen non è purtroppo esile, nonostante siano passati sedici anni tra l’una e l’altra e in mezzo ci sia una legge – maturata proprio dalla vicenda del 2007 – che regola la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

C’è una pericolosità delle condizioni del lavoro che le accomuna, c’è il dolo eventuale che caratterizza le due inchieste e presume «un’accettazione del rischio» e permette agli inquirenti il possibile ricorso a intercettazioni. In aggiunta, oggi, c’è forse una deregulation ancora più accesa nella logica del subappalto.

Tra un luogo e l’altro corrono ventitré chilometri, in linea d’aria ancora meno: sono teatri di una guerra senza fine che nella loro drammaticità squarciano il velo su un sistema nocivo che occorre cambiare. Proprio l’aspetto sistemico è sotto la lente dei magistrati della procura di Ivrea.

Quello di lavorare sui binari con i treni non è stato, infatti, un caso isolato, era già capitato in altre occasioni. È quanto è stato riferito agli investigatori da alcuni dei numerosi testimoni ascoltati negli ultimi giorni. In quella notte maledetta, gli operai della Sigifer (la ditta subappaltatrice) lavoravano tra le rotaie senza un nulla osta formale ma con il via libera dell’addetto di Rfi Antonio Massa, la cosiddetta «scorta» al cantiere, uno dei due indagati.

La sua difesa è stata assunta dall’avvocato Mattia Moscardini, che con lo studio legale Giovene aveva fatto parte nel processo sulla strage di Viareggio dello staff difensivo dell’ex ad di Fs e Rfi Mauro Moretti.

Il numero delle persone sotto indagine potrebbe presto aumentare, i pm eporediesi – rispetto alla presunta consuetudine di lavorare senza «binari morti» e all’assenza di specifica formazione per i lavoratori – vogliono far luce sulla catena di comando nelle rispettive società.

Intanto, commentando il video social registrato da una delle vittime, Kevin Laganà, in cui si sente una voce dire agli operai «Se vi dico treno, spostatevi», il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha definito la circostanza «al di fuori di ogni regola» e ha dichiarato: «Non c’è nessuna consuetudine di andare a morire sui binari, ci sono leggi ferree, protocolli. La morte di queste cinque persone non può restare impunita. Chiederò che, se a nome del pubblico qualcuno ha sbagliato, paghi».

Proprio il fratello di Kevin, Antonio Laganà, anche lui dipendente della Sigifer di Borgo Vercelli, è stato ascoltato come testimone a Ivrea e, a margine, ha detto: «Penso che il video parli. Mio fratello si è fatto autogiustizia».

Ieri è emerso un nuovo filmato sull’accaduto, pubblicato in esclusiva da repubblica.it. Le immagini sono di una telecamera di sorveglianza di un condominio vicino alla stazione. Si vede prima sfrecciare un convoglio alle 23 e 45 e quattro minuti dopo, alle 23 e 49, ne passa un altro: è il momento dell’impatto costato la vita ai cinque operai.

Si sente dapprima il fischio del treno e poi lo stridio della lunga frenata, che dura una trentina di secondi. Una delle varie ipotesi al vaglio è che la vicinanza tra i due convogli ed eventuali ritardi possano aver creato confusione all’addetto Rfi, che aveva però ricevuto tre divieti a iniziare i lavori dalla dirigente movimento di Chivasso. Nonostante questo, gli operai erano al lavoro in una situazione pericolosissima e vietata. Probabilmente per fretta (per evitare penali alla propria ditta) e per abitudine.

«La tragedia di Brandizzo – ha dichiarato il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – è una ferita che colpisce la nostra regione. Già con il caso della Thyssen, il Piemonte aveva pagato in termini di vite umane le necessità di garantire la sicurezza sul lavoro.

Credo che questo sia quindi un monito a tutti quanti noi a continuare ad impegnarci, a fare sempre di più perché, come ha ben detto il capo dello stato, che ho avuto l’onore di accompagnare in quella giornata triste e dolorosa, morire sul lavoro è inaccettabile in un contesto di convivenza civile».

MAURO RAVARINO

da il manifesto.it

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