Semplificare per migliorare la rappresentanza

Contrattazione. Fino a quando capitale e lavoro possono permettersi il lusso di rimanere estranei alla contabilità pubblica?

La Storia delle idee e della società non si presentano mai allo stesso modo, ma le domande che la politica, gli economisti e gli attori sociali devono rispondere sono sempre le stesse. Così come Reagan e Thatcher consegnavano al mercato il soddisfacimento dei bisogni individuali, riconducendo a questi ultimi gli interessi collettivi, Roosevelt assegnava alle istituzioni pubbliche il compito di rimuovere i vincoli di ordine economico e sociale per liberare la società dal bisogno.

Così come nell’era rooseveltiana sono state create le istituzioni per tenere in tensione la domanda effettiva utilizzando la spesa pubblica e la crescita del potere contrattuale del lavoro, oggi la politica deve dotarsi di nuove e coerenti istituzioni del capitale per rispondere in modo adeguato alle domande inedite che la Covid 19 ha dischiuso.

In ragione della forte incertezza legata alla pervasività dell’innovazione tecnologica e dei processi innovativi, di cui è difficile percepire l’esito finale, si pensi alla sfida legata al Green New Deal, la società nel suo insieme dovrebbe costruire degli equilibri superiori e coerenti con le sfide che l’attendono. Si tratta, quindi, di re-declinare gli strumenti e le attività pubbliche, ovvero: 1) l’efficienza nell’allocazione delle risorse tra pubblico e privato; 2) lo sviluppo economico sostenibile sia nel breve che nel lungo periodo; 3) la stabilità del reddito nazionale; 4) la redistribuzione del reddito.

Le parti sociali come e quanto possono concorrere all’emergere di nuove e coerenti istituzioni del capitale? Più precisamente, quale è l’equilibrio più avanzato tra stato-finanza-capitale e lavoro? Occorre una qualche consapevolezza della stretta relazione tra i mercati indicati: senza capitale non potrebbe esserci il lavoro, così come senza il lavoro non potrebbe esserci il capitale; il capitale potrebbe sopravvivere senza lo Stato? Potrebbe generare reddito e ricchezza in assenza di un pavimento concordato con gli altri attori?

La finanza è un flusso sanguineo utile fino a quando anticipa il rischio d’impresa, così come è utile quando presta denaro alle persone che vogliano intraprendere, ma quando l’utile della finanza si realizza sulla singola operazione di mercato e non sul bilancio consolidato, la finanza diventa pericolosa e diventa Ponzi. Lavoro, finanza, Stato e capitale devono quindi trovare un nuovo ordine che potrebbe anche condurre a un parziale controllo dei movimenti dei capitali finanziari. Il lavoro come il capitale necessita di un ridisegno all’altezza della sfida. Non possono continuamente inseguire le news e manifestare una loro preferenza.

Capitale e lavoro rimangono legati, ancorché perseguono interessi diversi: il primo possiede i beni capitali che conducono al profitto, il secondo ha solo la sua forza lavoro che nel bene e nel male sono un pezzo fondamentale della domanda effettiva. Quello che è un costo per una impresa, è in realtà domanda per un’altra impresa. Un sistema economico che tende a ridurre i costi è un sistema economico che 1) opera al di sotto delle sue possibilità, 2) genera crisi di struttura e da domanda ingovernabili. Ciò suggerisce che l’organizzazione del reddito e del lavoro devono concordare norme e regole consolidate, almeno nella definizione dei diritti di II generazione di Bobbio.

Il lavoro può e deve fare il proprio progetto. Innanzitutto, è necessario uniformare i contratti almeno alla statistica dei settori Nace (Ateco) senza superare il secondo numero. Domando: possiamo avere dei contratti di lavoro che attraversano orizzontalmente i codici che codificano l’economia? Fino a quando capitale e lavoro possono permettersi il lusso di rimanere estranei alla contabilità pubblica? Il numero dei contratti (più o meno 900) frammentano la rappresentanza. Occorre ridare senso ai contratti come alla rappresentanza, non per abbattere i costi e/o fare pulizia, piuttosto per avere un minimo di economia di scala (nazionale e territoriale) e per condizionare, meglio ancora condividere, i passaggi storici che attendono la società, il capitale e il lavoro.

Questa è la prima e universale battaglia di civiltà. Riscrivere i contratti e piegarli alla contabilità nazionale ed europea ha il pregio di alzare l’impatto economico degli stessi contratti, così come l’impatto nel controllo capitale. La rappresentanza diventa il naturale effetto della riscrittura dei contratti; cambierebbero financo in trenta e passa modelli contrattuali di assunzione. Penso a una riforma di struttura, non alla modernizzazione del modello esistente.

ROBERTO ROMANO

da il manifesto.it

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

categorie
Economia e società

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