Rivoluzione? Si può fare. Il nuovo libro di Paolo Ciofi

Ben fatto, Capitalismo. Paolo Ciofi ne è soddisfatto e ne elenca i principali “meriti”: «Intensificazione dello sfruttamento, aumento delle disuguaglianze, disgregazione della società». Di più di più. Ci sono...

Ben fatto, Capitalismo. Paolo Ciofi ne è soddisfatto e ne elenca i principali “meriti”: «Intensificazione dello sfruttamento, aumento delle disuguaglianze, disgregazione della società». Di più di più. Ci sono da mettere in conto quei problemini lì, quelli «sempre più gravi della disoccupazione, della precarietà, della povertà e della corruzione». E anche il fatterello grazie al quale oggi c’è da un lato, «l’assalto senza limiti alle risorse naturali del pianeta e, dall’altro, il degrado inarrestabile delle metropoli».

E se non basta, aggiungete: il ritorno dello schiavismo, le spoliazioni di interi continenti, con annesse «tensioni nell’assetto geopolitico del mondo» e con annessi «rischi di conflitti combattuti con armi nucleari».

Basta questo “poco”, per riconoscere che Das Kapital, come sempre, ha lavorato e lavora bene, benissimo ed esclusivamente per se stesso. Dicesi Profitto.

Paolo Ciofi ne dà ampiamente atto con le 216 pagine di questo suo ultimo libro – “Costituzione e rivoluzione” (Editori Riuniti, € 15) – , illustrandone appunto tutti  i “pregi”.  Senza fare sconti.

Il cuore – ma si potrebbe dire anche il “fegato” – del libro è puntato sul Sistema dei giorni nostri, quello smagliante del Capitalismo globale e finanziario: “proprietario universale”, padrone non solo dell’economia, della finanza, del mercato, ma anche della politica, della cultura, della società, dell’informazione, della comunicazione, del pensiero.

Il Capitalismo c’è e, come dio, vuole e dispone. Il Capitalismo “cattivo”, che non si sogna e mai si è sognato di diventare “buono” (la legge bronzea del Profitto non lo permette) e che quindi continua a “deludere” millantatori  e profeti (da Keynes in giù) di un presunto capitalismo solidale.

Ma no, Das  Kapital non crede alle lacrime. Siamo ben nel XXI secolo, ma le sue fattezze non sono cambiate: «Con il brillante risultato che oggi il 10 per cento della popolazione concentra circa il 50 per cento della ricchezza. E l’Italia è diventata uno dei paesi più disuguali e più poveri d’Europa».

Disuguaglianza Disuguaglianza, l’Italia non è mica un’eccezione,no. Quello italiano «è solo uno dei risultati più brillanti della lotta di classe condotta dai ricchi contro i poveri,  che conferma la validità piena della regola». Ragion per cui  «la ricchezza delle 80 persone più ricche nel mondo è oggi pari a quella del 50 per cento della popolazione più povera, ed è raddoppiata tra il 2009 e il 2014». Per essere più chiari: «Ormai l’uno per cento della popolazione mondiale è diventato più ricco di tutti gli esseri umani messi insieme». Senza contare che proprio tale disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è stata «un fattore scatenante della crisi del 2008».

Sotto la dittatura del Capitale. E allora la domanda diventa kolossal: come andare «oltre le colonne d’Ercole del sistema del capitale, che ci sottopone al rischio permanente della disoccupazione, della precarietà, della fame, della guerra e di una incombente catastrofe ambientale?».

C’è bisogno di rivoluzione. E noi in Italia abbiamo una Costituzione “rivoluzionaria”. Questa nostra Costituzione fondata sul lavoro che «è un progetto di nuova società». Fondata sul lavoro; e quindi «sul presupposto che il lavoro da merce diventa inalienabile diritto, senza di che non ha senso parlare di libertà, di uguaglianza e di solidarietà tra gli esseri umani».

Costituzione, articolo tre, laddove è scritto “che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

«Tutta la prima parte della Costituzione è orientata in direzione di una civiltà superiore, che potremmo definire nuovo socialismo». Sostiene Ciofi.

La sinistra, sia di lotta che di governo, ha fallito e il libro, sul tema, ha pagine durissime. A prescindere da Renzi, fatto oggetto di alta disistima, Il libro non fa sconti certo a Occhetto, Veltroni, D’Alema, Bersani, ecc ecc?

Occorre ri-cominciare. Ri-partendo da quella idea di partito, «associazione di donne e uomini liberi, che pensa e agisce come intellettuale collettivo» (dizionario gramsciano).

La Domanda. In parole povere, è quella che Ciofi pone come titolo del capitolo a pag.91: «Salvare il capitalismo? O il mondo dal capitalismo?».

Bella Domanda.

MARIA R. CALDERONI

da rifondazione.it

foto tratta da Pixabay

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