Il secondo natale senza lavoro e con il processo di re-industrializzazioni dell’imprenditore Francesco Borgomeo ormai palesemente naufragato sotto il peso delle sue falsità, coincide con risultati concreti e senza precedenti nelle lotte nate dalle migliaia di vertenze industriali dello sconquassato ex belpaese. Un referendum che ha portato a votare oltre 17 mila persone in 189 seggi sparsi sul territorio per esprimersi sulla proposta di «fabbrica pubblica socialmente integrata».

Una serie di progetti «valutabili e avviabili» frutto del confronto con economisti e ingegneri, nato dalla lotta per re-industrializzare quanto la multinazionale, che a Campi Bisenzio produceva semiassi per auto, ha chiuso nell’agosto 2021. E che arriva dopo una proposta di legge popolare contro le delocalizzazioni, figlia del lavoro di giuristi, avvocati, filofosi, professori di diritto e di scienza della politica.

«Siamo partiti con il motto “Insorgiamo” e cammin facendo abbiamo capito che dovevamo unire un altro termine altrettanto importante: “convergiamo”. Solo la convergenza delle lotte può produrre cambiamento reale», spiega Dario Salvetti, instancabile motore del collettivo di operai che da due e anni e mezzo lottano per darsi e dare un futuro a 350 famiglie di operai presi in giro da una reindustrializzazione finta, nonostante l’avallo di tre governi, e per rimettere in moto un’idea altra di sviluppo.

Il 21 dicembre la proposta di rilancio industriale dello stabilimento è stata approvata all’unanimità dall’assemblea dei lavoratori e lavoratrici ex Gkn: tra i vari progetti in campo la produzione di pannelli fotovoltaici di nuova generazione e un focus specifico sulla produzione di cargobike, che non richiede brevetti specifici e coinvolgerebbe le competenze già esistenti e potrebbe rispondere alla domanda crescente di mobilità leggera, elettrica e non. In particolare il fotovoltaico riguarda la produzione di moduli tramite assemblaggio delle celle e avrebbe, tra i suoi punti di forza, la possibilità di coinvolgimento in partenza di almeno 130 lavoratori.

Il piano ha già superato il vaglio del «Comitato di proposta e verifica», strumento di politica industriale unico in Italia, conquistato dal collettivo e imposto nell’accordo che ha dato il via alla fase di reindustrializzazione con tutte le istituzioni. «Grazie alla mobilitazione di quasi un migliaio di volontari e l’impegno di elaborazione tecnica del “Comitato tecnico scientifico solidale Gkn”, che vede tra gli altri i ricercatori e i professori della Scuola superiore Sant’Anna (Giovanni Dosi e Andrea Roventini in testa), i ricercatori del Gruppo di ricerca imprese recuperate, sono l’ingrediente sostanziale della credibilità tecnica e politica di questa proposta», sottolineano gli Rsu della fabbrica.

«Un vasto mondo dell’intellettualità», lo chiama Salvetti: «Il lungo percorso fatto assieme è stato la presa d’atto nostra e non solo che nella singola vertenza non c’è solo lo scontro tra il padrone, la multinazionale da una parte e il singolo collettivo, la rappresentanza sindacale dall’altro, ma che è necessario unire più esperienze per aprire dei precedenti e cambiare l’orizzonte attorno a noi perché l’obiettivo deve essere sempre cambiare i rapporti di forza», spiega Salvetti.

«Tante competenze solidali incontrate a vari livelli ci hanno aiutato a costruire i nostri progetti – continua – . Un mondo fatto in gran parte di ricercatori giovani e precari, come Leonard Mazzone ora all’università di Torino o Francesca Gabbriellini dell’università di Bologna, che non sono più disposti a scindere la loro competenza dal mondo a cui la mettono a disposizione».

Un nuovo impegno, una nuova forma di partecipazione, dunque. Condividendo «valori e impegno non dovuti solamente alla comune mancanza di futuro, bensì alla consapevolezza che in un mondo che va a rotoli e dentro un presente che sembra affogare nella sua stessa incompetenza, serve conquistarsi uno spazio e un ruolo per costruire un mondo migliore».

Le critiche principali al lungo percorso di lotta della Gkn sono essenzialmente due: il riproporre una ricetta di nazionalizzazione da una parte e di aver partorito progetti utopici.

A queste Dario Salvetti risponde con precisione e argomenti, senza lanciarsi in contro accuse. «Noi non abbiamo mai parlato di nazionalizzazione, anche perché siamo perfettamente consapevoli di come stanno andando le cose per esempio di Ita ex Alitalia, ex Ilva o Montepaschi. Abbiamo sempre parlato di “fabbrica pubblica e socialmente integrata”. In più è lo stesso Stato italiano che in questi mesi non riesce a spendere i soldi del Pnrr mentre la stessa Ue ne impone l’uso per progetti di energie rinnovabili eco compatibili come quelli da noi proposti. Dunque è lo stato italiano stesso a non avere coerenza tra le parole e i fatti».

Quanto all’utopia e al fatto che la lotta possa perdere di partecipazione, Salvetti risponde con un dato di fatto incontrovertibile: «Nessuno se n’è andato da Gkn sbattendo la porta, la partecipazione rimane alta anche perché nonostante la lenta agonia a cui siamo sottoposti da Francesco Borgomeo, in 17 mesi di lotta abbiamo chiesto solo 10 settimane di cassa integrazione».

Il collettivo è comunque consapevole di essere dentro una tumultuosa «lotta contro il tempo». «Il tempo viene usato contro di noi, ogni tavolo istituzionale viene rimandato e per prendere una semplice decisione occorrono mesi». Ma anche da questo punto di vista, il collettivo Gkn è pragmatico: «Abbiamo già deciso lo strumento societario per superare la fase attuale: una cooperativa o ancor meglio l’azionariato diffuso sul territorio con una sostenibilità economica garantita dal sistema creditizio etico e solidale del territorio che anticipi gli stipendi». Banca Etica ha messo a disposizione 150 mila euro attraverso il Fondo Etica Sgr.

Nel frattempo il motto «Insorgiamo» è stato il volano per le manifestazioni nazionali di Firenze, di Bologna e di Napoli e convergenze con molti movimenti che hanno portato nelle piazze decine di migliaia di persone. «Abbiamo sempre detto che puntavamo a cambiare i rapporti di forza con una pressione dal basso verso l’alto. Non chiediamo le briciole a un sistema morente ma assieme agli altri movimenti – a partire dai giovani che si battono per la giustizia climatica – puntiamo a costruire una nuova classe dirigente dal basso fatta di reticolati di competenza».

MASSIMO FRANCHI

da il manifesto.it

Foto tratta dalla pagina Facebook di Dario Salvetti