La logistica in piazza per ricordare Adil e per i diritti di tutti

Il delitto del lavoro. A Roma l’iniziativa organizzata dal Si Cobas. Migliaia di persone, slogan duri anche contro il governo. Tanti i lavoratori immigrati: chiedono di lottare contro il neoschiavismo. Il Mise pronto a un incontro

I lavoratori immigrati sono tanti, tantissimi e sono loro e solo loro che danno il tono alla manifestazione di Roma, indetta da prima dell’omicidio di Adil Belakhdim ma che quel delitto ha ovviamente in parte trasformato. Rendono la manifestazione combattiva come da molti anni non se ne vedevano. Dimostrano una lucidità consapevole che spazza via l’antirazzismo melenso e vuoto a cui siamo abituati. Sanno, e lo dicono, che lottare contro il razzismo o significa lottare contro lo schiavismo o non significa nulla: qualsiasi discorso sulla distinzione tra diritti civili e diritti sociali si rivela insensato di fronte a una realtà in cui razzismo e sfruttamento coincidono, si foraggiano a vicenda.

Le foto di Adil sono ovunque. Gli slogan, durissimi e continui dopo anni di cortei silenziosi come scampagnate, bersagliano la FedEx Tnt, il colosso della trasportistica che ha deciso di chiudere l’hub di Piacenza e contro cui stava protestando di fronte ai cancelli del Lidl di Biandrate Adil, nella giornata di sciopero nazionale proclamata venerdì dal SiCobas e da tutto il sindacalismo di base. Ma altrettanto preso di mira è il governo Draghi, che finge di non vedere le oscenità che si moltiplicano in questi giorni, le guardie private che caricano e pestano gli operai, come è successo a Lodi ma non solo a Lodi. Gli operai della logistica avrebbero tutto il diritto di prendersela anche con la Cgil, che qui non c’è, ma a Piacenza sarebbero stati proprio esponenti della Camera del Lavoro a chiedere l’intervento della polizia contro i picchetti.

Oltre al SiCobas ci sono tutte le sigle che aderiscono al Fronte anticapitalista, ci sono le bandiere del Prc, di Pap e altre ancora. Ma a fare la differenza è la presenza operaia che connota la manifestazione e ne fa qualcosa di molto diverso da una «tradizionale» giornata di protesta. In piazza c’è una conflittualità diffusa, crescente, che parte dalle condizioni materiali dello sfruttamento intensivo e intensificato vissute sulla propria pelle. Qualcosa che non si vedeva da troppo tempo.

La tensione, soprattutto all’inizio, è alta. La polizia vieta il corteo, blocca tutte le strade. In questi casi, di solito, oltre agli organizzatori i parlamentari danno una mano nelle trattative. Peccato che stavolta non se ne veda, salvo possibile distrazione, nemmeno uno. Ma la stessa polizia appare quasi imbarazzata. Una giornalista chiede al dirigente della Digos cosa pensi dell’uccisione di Adil e quello pronto: «Io sono di Roma. Chiedete a quelli di Novara». E a Novara, quasi nello stesso momento, il segretario novarese del Siulp dichiara che «nessuno dovrebbe morire per il lavoro e tantomeno per chiedere elementari criteri di tutela e salvaguardia dei diritti».

Dal Mise il governo fa sapere di essere pronto a incontrare i rappresentanti dei sindacati di base per confrontarsi non solo sulla morte di Adil e sulle aggressioni dei giorni scorsi ma anche sulla decisione di FedEx. SiCobas decide di posticipare alla prossima settimana perché, dichiara uno dei suoi rappresentanti, «oggi è la giornata di lotta in cui ricordiamo Adil». I manifestanti insistono per il corteo. Alla fine la polizia arretra ma solo per bloccarli di nuovo dopo poche centinaia di metri, prima che entrino nel cuore del centro storico, dove ci sono i Palazzi. Gli operai ripiegano verso piazza Vittorio e concludono con un’assemblea pubblica.

Col passare delle ore il numero dei manifestanti si gonfia. Non sono i 25mila che dichiarerà SiCobas ma comunque migliaia di persone, almeno 5mila, probabilmente di più. È molto, è più che sufficiente per giustificare la soddisfazione degli organizzatori. Eppure non è abbastanza. Ci sono tutti gli estremi per convocare, con la dovuta preparazione, una manifestazione tale da dimostrare una forza di cui, alle soglie dello sblocco dei licenziamenti, con il rischio che la ripresa si traduca in ulteriore spinta al neoschiavismo, potrebbe essere necessario, anzi indispensabile, dare prova.

ANDREA COLOMBO

da il manifesto.it

foto: screenshot

categorie
Mondo lavoro

altri articoli