I diritti civili nella lotta europea per l’egemonia economica

Può esistere un’Europa che viaggi a due e più velocità sul terreno prettamente economico, ma non può esistere un’Europa che sia per un terzo omofoba, ultracattolica e, di conseguenza,...

Può esistere un’Europa che viaggi a due e più velocità sul terreno prettamente economico, ma non può esistere un’Europa che sia per un terzo omofoba, ultracattolica e, di conseguenza, dedita ad una delle più strenui fanatizzazioni religiose e che per gli altri due terzi invece promuova l’estensione dei diritti civili (ed umani) a tutti i suoi cittadini ed anche a quelli che entrano a farne parte.

Se l’Europa economica a più velocità è utile al capitalismo continentale per sfruttare meglio le condizioni di arretratezza di certi paesi e farne base di sviluppo proprio, prestando soldi vincolati a patti ben precisi e rigorosi che se ne infischiano dell’indigenza di decine di milioni di persone, viceversa l’Europa politica, civile e morale, quella che pretende di essere l’erede di un liberalismo un po’ anglosassone (con il Regno Unito fuori dalla UE!) e un po’ illuministicamente francese con qualche pennellata di rinascimento culturale italiano e di spettro filosofico neokantiano, questa Europa non può transigere dal rispetto dei diritti LGBTQI+.

La storia degli ultimi trent’anni, di un Vecchio Continente che si è aperto alle novità della globalizzazione capitalistica e che ha, pertanto, introiettato anche la sovrastruttura culturale proveniente dalla “patria” delle libertà democratiche (sic!), gli Stati Uniti d’America, è cambiata radicalmente non volendo e, comunque, non potendo l’Unione Europea separarsi dal resto del pianeta e vivere in uno splendido isolamento nel mezzo della contesa planetaria tra Russia, Cina e USA.

Nella lotta per l’eguaglianza, per i diritti civili, ai paesi anglosassoni, a quelli del nord del continente, eredi di una tradizione liberalsocialista, pur davanti a qualche resistenza di un protestantesimo calvinista quanto meno reticente nel dichiararsi a favore dei diritti civili delle persone omo-bi-transessuali, si sono aggiunti i grandi Stati che affondano le loro “radici cristiane” (così tanto amate dalle destre neofasciste e sovraniste) nel buio dei secoli dell’Inquisizione (la Spagna e il Portogallo) o nella notte di San Bartolomeo (la Francia) riscattata con la Rivoluzione; od ancora nella nostra Italia, per un terzo Stato della Chiesa fino al 1861 e poi sede di un papato ridimensionato nei territori ma non certo nell’influenza nazionale e mondiale.

Questa Europa apparentemente molto diversa da Nord a Sud, proiettata verso rotte umane, politiche, sociali e commerciali che per secoli non si sono incrociate, oggi trova una coesione almeno nella lotta contro quei Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia, sostenuti da Bulgaria, Romania, Slovenia e Croazia) che sono la parte più reazionaria, conservatrice, xenofoba ed omofoba della UE.

La legge sulla tutela dei minori dalla cosiddetta “propaganda LGBT” voluta dal sovranista Viktor Orbán, capo indiscusso del partito “Unione Civica Ungherese (Fidesz)“, anticomunista, neonazionalista, conservatore e illiberale, viene propagandata come atta a proteggere bambine e bambini da una influenza perversa del mondo omosessuale che viene messo sullo stesso piano della pedofilia. Un accostamento indiretto, volutamente tale, ma veramente inaccettabile, squallido: degno soltanto di forze di estrema destra che sono pronte a tutto pur di strumentalizzare l’opinione pubblica e ottenere facili consensi per governare.

La gente purtroppo bada al livello superficiale degli accadimenti, raramente approfondisce i motivi che stanno dietro alla complessità dei rapporti sociali, di quelli affettivi e confonde ancora meglio problematiche e temi che sono antitetici o che, comunque, non hanno nulla a che fare tra loro. Questioni importanti che non hanno nessuna correlazione diretta finiscono per essere sovrapponibili e, successivamente, intersecabili. Ciò può avvenire, ed infatti avviene con una impressionante facilità, soprattutto se la gente è eterodiretta da una politica subdola, che si concentra unicamente nella falsificazione tanto della storia dei movimenti di liberazione omosessuale, quanto nella negazione o nella riduzione delle dimostrazioni persino scientifico-mediche.

Omosessualità e pedofilia non hanno nulla in comune: non sono l’una espressione dell’altra, non sono meccanicismi psicologici, influenze esterne sulla mente dei bambini o degli adulti. Si fa davvero una gran confusione, perché si mescolano identità di genere, orientamento sessuale e sesso in un unico calderone facendo credere che siano interscambiabili e che non vi siano differenze tra mente, cuore e organi sessuali. In realtà, come bene mostrano alcuni elaborati grafici pubblicati da autorevoli riviste scientifiche, l’identità di genere è una percezione che va oltre l’emotività e, pertanto, non è ascrivibile al mero desiderio che, invece, comprende l’orientamento sessuale.

La banalizzazione di tutta una vasta gamma di espressioni umane dei sentimenti e della simbiosi di questi con la nostra fisicità, è necessaria alle estreme destre che vogliono rimestare in un torbido che non esiste e non esisterebbe se non fossero loro a crearlo.

La legge promossa da Orbán è solo uno degli ultimi atti normativi che limitano la libertà di espressione e di vita in una Ungheria che, persino i leader conservatori come Angela Merkel, Emmanuel Macron e Mark Rutte, giudicano sempre meno somigliante al resto dell’Europa e con sempre meno possibilità di continuare a farne parte. Non sfugge la partita economica che sta dietro a tutto questo: la Russia è dietro l’angolo e, pur essendosi frantumata la Cortina di Ferro da oltre trent’anni, la tentazione dei Paesi di Visegrad allo strabismo politico – affaristico è forte.

Rimanere con un tutti e due i piedi nella UE, che garantisce loro un accesso ad un mercato mondiale altrimenti molto difficile da sostenere, e porgere allo stesso tempo le braccia e le mani al gigante russo per avere sostegni che consentano di continuare a governare con forze ultranazionaliste e ultracattoliche, xenofobe ed omofobe all’ennesima potenza.

Dall’altro lato della barricata, la contesa economica non è certo di secondo piano nella lotta per la prevalenza di determinati valori democratici, umani e civili nel resto d’Europa: Germania e Francia mantengono il loro asse di guida della UE sul piano delle relazioni internazionali unitamente ad uno sviluppo neoliberista che si estenda a tutta l’Unione, mentre i cosiddetti “paesi frugali” (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia) contendono a quelli di Visegrad la concorrenza interna in materia di distribuzione delle enormi risorse del Next Generation EU (altrimenti detto “Piano per la ripresa dell’Europa“).

Checché se ne dica, struttura e sovrastruttura restano interconnesse: la partita dei diritti civili, così come quella dei diritti umani, è giocata su più livelli diplomatici, politici e – per l’appunto – economici. Ma non vi è dubbio che anche tra i conservatori più rigidi ormai si è fatta largo la convinzione della necessità di estendere l’eguaglianza formale, quella non direttamente rispondente a richieste di cambiamenti anche sociali.

E’ quella “teoria del baratto” di cui s’è scritto non molto tempo fa: i popoli dovrebbero accettare il “meno peggio” al governo e nelle sedi parlamentari, scambiando diritti civili con diritti sociali. Accettare compromessi sulla regolamentazione del mondo del lavoro e sui bisogni primari per poter godere pienamente delle libertà liberalmente intese. Diritto di espressione, di parola, di critica, di movimento, di credo religioso, di cultura filosofica e, ultimo ma non ultimo, di essere ciò che ci si sente d’essere, di amare chi si vuole e di poter essere amati in uguale modo.

Il versante opposto, quello illiberale, retrivo, legato ad una visione bigotta ed oscurantista della società, è il “peggio“: non c’è dubbio su questo. Anche in questo frangente occorrerebbe una alternativa di sinistra che oltrepassi il fascismo orbaniano da un lato e il liberalismo democratico dall’altro. Una sinistra che in Europa ha qualche possibilità in più di emergere rispetto al triste, desolante panorama italiano.

MARCO SFERINI

25 giugno 2021

foto: screenshot

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