Ferlinghetti, quando «Autobiography» aveva il ritmo del jazz

Reading & musica. Il poeta, libraio, editore condivideva con molti scrittori beat la passione per Count Basie, Thelonious Monk e, naturalmente, Charlie Parker

Possono la poesia e la narrativa beat essere intese senza un rapporto sinergico con la musica, soprattutto jazz (non trascurando il rock)? Fin dal 1951 Jack Kerouac aveva scoperto quella che chiamava prosa spontanea-forma pazza-prosodia bop, teorizzando il flusso di scrittura al pari dell’assolo di un sassofonista. Del resto lo stesso Kerouac aveva celebrato San Francisco con i suoi «San Francisco Blues» e la Città della Baia ci porta dritti a Lawrence Ferlinghetti.

Il poeta, libraio, editore appena scomparso condivideva con molti scrittori beat la passione per Count Basie, Thelonious Monk e, naturalmente, Charlie Parker. Del resto Ferlinghetti considerava la sua poesia «materia orale», cui bisognava dar vita attraverso i reading nei club di San Francisco dove poeti e soprattutto jazzisti – accomunati da una similare visione della vita – si mescolavano. Al The Cellar Lawrence Ferlinghetti leggeva i suoi «messaggi orali» e l’esteso Autobiography, accompagnato da una band.

Alla metà degli anni Cinquanta il fenomeno dei reading – sia sulla East ma soprattutto sulla West Coast – divenne di moda (si possono ascoltare The Jack Kerouac Collection e The Beat Generation, editi dall’etichetta Rhino); aveva importanti precedenti nell’opera del poeta afroamericano James Langston Hughes.
Uno degli epicentri californiani fu proprio The Cellar, luogo per gente che non aveva sonno, per seminari di poesia, reading, recital jazz e rock. La strada e i club furono, in un certo senso, i luoghi topici e tipici della Beat Generation e, per rimanere a San Francisco, ce n’erano svariati come Coffee Gallery, El Matador, Jazz Workshop (vi suonava spesso Ornette Coleman che diede vita al suo «free jazz» in California).

Oralità e poesia, musica e versi si intrecciarono altre volte nell’esistenza di Lawrence Ferlinghetti: il 13 ottobre 1955 si tenne alla Six Gallery di San Francisco un reading di poesia in cui Allen Ginsberg lesse per la prima volta in pubblico Howl!, poema denso di materia sonora e feeling. Il testo venne pubblicato dalla casa editrice di Ferlinghetti, collegata alla sua libreria City Lights Books, nella serie Pocket Poets Series; gli scandali che ne seguirono determinarono l’inizio del successo del Ferlinghetti editore e della sua libreria, vero punto di coagulo e riferimento per le avanguardie letterarie, e non solo, statunitensi.

In area californiana mosse del resto i suoi primi passi il contrabbassista e compositore Charles Mingus che nel 1958 incise con il citato poeta Langston Hughes l’album The Weary Blues, divenendo una figura chiave nel movimento che avvicinava jazz e poesia. In precedenza Mingus aveva suonato con Kenneth Patchen, inciso jazz poetry insieme a Melvin Stewart (testi di Lonnie Elder, Scenes in the City, 1957). Come afferma il critico Krin Gabbard, «i ‘beat’ lo conoscevano e gli mandavano i loro libri. Le pareti del suo appartamento erano coperte di volumi di Ferlinghetti, Patchen, Rexroth, Corso e Ginsberg».
Gran parte di quei volumi erano stati pubblicati proprio dal fondatore della City Lights Books, perché poesia beat e jazz avevano molto comune.

LUIGI ONORI

da il manifesto.it

foto: screenshot

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