Allora non era un “delinquente”. Quel che era chiaro a tutti, specie alle migliaia di attivisti sparsi per l’Europa sempre al suo fianco, nei giorni felici e in quelli cupi, ora lo è anche nelle aule dei tribunali. C’è un giudice a Reggio. L’umanità e la solidarietà alla sbarra possono uscire dalla prigione delle idee, dove le avevano rinchiuse, e tornare a respirare.

L’odissea giudiziaria di Mimmo Lucano termina alle 17:13. La corte conclude la lunga camera di consiglio ed esce per deliberare. L’aula al piano terra dello storico palazzo di Piazza Castello, davanti all’antico maniero aragonese, è stracolma di compagni, di militanti giunti da ogni parte della regione.

Il principale imputato del processo Xenia non c’è. Ha preferito disertare l’udienza conclusiva, quella delle eventuali repliche della procura generale e della sentenza. Mimmo Lucano è rimasto a Riace mentre i giudici della seconda sezione della Corte di Appello reggina decidevano del suo futuro.

I togati, presieduti da Elisabetta Palumbo, sono entrati in camera di consiglio alle 9:40 dopo che i sostituti pg Adriana Fimiani e Antonio Giuttari avevano deciso di non replicare alle arringhe dei difensori di Lucano, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua. Il verdetto è un trionfo.

La sentenza di primo grado è ribaltata. L’ex sindaco di Riace è condannato ad appena un anno e sei mesi di reclusione per un reato bagatellare amministrativo (abuso d’ufficio per la determina sindacale del 5 settembre del 2017) con pena sospesa.

Crollano così le accuse contestategli in primo grado per le quali è stato ritenuto non colpevole: associazione per delinquere, truffa, peculato, falso. La Corte ha altresì assolto tutti gli altri 17 imputati. L’impianto accusatorio è stato dunque demolito.

A Riace non c’era un sistema criminale né si faceva business sull’accoglienza. È un successo della difesa e un giusto riconoscimento a un uomo il cui disinteresse personale e la cui probità morale hanno sempre costituito la bussola della propria esistenza.

Momenti di commozione, applausi, pugni chiusi e slogan liberatori alla lettura del dispositivo. «Deve essere chiaro a tutti che questo incubo giudiziario che per anni ha rovinato la vita di Lucano ed ha rischiato di cancellare definitivamente il “modello Riace” è stato con molta probabilità il risultato di una inchiesta costruita ad hoc, fortemente voluta dai rappresentanti politici della destra- spiega Filippo Sestito dell’Arci – Noi lo abbiamo sempre saputo e per questo Mimmo non è mai stato solo in questi terribili anni, accompagnato da chi ha creduto e crede nel valore dell’umanità».

Si è respirata un’atmosfera di grande sollievo fuori dal tribunale. La corte d’appello non ha fatto che confermare quel che tutti affermavano a gran voce: accogliere uomini, donne e bambini migranti non è reato. Euforico ovviamente il team legale che ha accompagnato Lucano in questi anni.

«Finalmente giustizia è fatta. È un passo in avanti per Mimmo, ma in generale lo è anche per tutto il sistema giudiziario di questo Paese. La sentenza d’appello dimostra ormai concretamente, in maniera insuperabile, che Lucano non ha mai fatto niente per se stesso, bensì ha agito per gli altri, per i più deboli», dichiara l’avvocato Giuliano Pisapia al manifesto.

«È stato distrutto l’impianto accusatorio. Il dispositivo smonta la sentenza di primo grado. Avevamo ragione sia noi che i milioni di persone convinte dell’innocenza dei nostri assistiti: non c’era nulla di tutto quello che l’accusa aveva ipotizzato», spiega Gianmichele Bosco, difensore di Gianfranco Musuraca, uno degli imputati. Emozionato anche Lorenzo Trucco, avvocato di Tesfahun Lem Lem: «Sono stati tutti assolti, completamente. Smontato il teorema!».

La mobilitazione per la libertà di Mimmo Lucano non si è mai fermata. Negli ultimi giorni, sit-in e presidi solidali si sono svolti a Napoli, Milano, Bologna e Roma. A Salerno il Forum Antirazzista, la Rete dei Giovani per Salerno, l’associazione Cinema e Diritti e il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli hanno dato vita a una manifestazione di appoggio alla Riace di Lucano, in continuità con lo sciopero della fame per la giustizia, proclamato da padre Alex Zanotelli.

Tante le iniziative anche in altre città europee. A Parigi numerosi manifestanti hanno riposto all’appello «Difendiamo un’accoglienza umanistica dei profughi. Libertà per Mimmo Lucano», i cui primi firmatari sono i sindaci René Revol, della LFI di Grabels, Michael Delafosse di Montpellier, Firenze Brau di Prades e Veronique Negret, prima cittadina di Villeuneuve lès Maguelone.

E adesso tutti pronti a rimboccarsi le maniche. Bisogna riedificare il Villaggio Globale di Riace. Che non è mai crollato, ha resistito agli assalti della destra. E promette di tornare a vibrare di umanità nuova.

CLAUDIO DIONESALVI
SILVIO MESSINETTI

da il manifesto.it

foto: screenshot