Un minuto di silenzio all’Assemblée nationale, deciso dalla presidente Yaël Braun-Pivet, per ricordare Nahel, 17enne di origine algerina ucciso da un poliziotto a Nanterre martedì perché non si era fermato all’alt. Il presidente Macron evoca «solidarietà e affetto alla famiglia» e «l’emozione della nazione tutta intera», perché «niente giustifica la morte di un giovane», in un dramma «inesplicabile e inescusabile».

La prima ministra, Elisabeth Borne esige «l’assoluta verità» su un intervento che «chiaramente non sembra in conformità con le regole» e auspica che «la calma abbia ragione sulla rabbia». Persino il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, di solito schierato a prescindere con la polizia, promette che «se le accuse saranno confermate» ci sarà «una decisione amministrativa di sospensione» del poliziotto responsabile dello sparo mortale, che resta in stato di fermo, denunciato per «omicidio volontario».

L’avvocato della famiglia di Nahel ha denunciato anche il secondo agente, che si vede su un video di 50 secondi, a fianco della Mercedes gialla guidata da Nahel, che non si ferma all’alt. L’avvocato sporge denuncia anche per falso: i poliziotti hanno raccontato di essere stati minacciati dall’auto e di aver reagito «in legittima difesa», affermazione smentita dal video, con registrazione sonora ed esplicita minaccia di morte.

Oggi la madre di Nahel organizza a Nanterre una «marcia bianca» in ricordo del figlio. Il governo spera che la marcia aiuti a calmare gli spiriti. Dopo una prima notte di disordini, Darmanin ha inviato per ieri sera 2mila poliziotti per impedire un’esplosione delle banlieues.

Dopo Nanterre, ci sono stati momenti di tensione e scontri anche in altri comuni e città francesi lontane da Parigi, con più di una trentina di arresti. Nel 2005, la rivolta delle banlieues era iniziata con la morte di due ragazzini, Zyed e Bouna, fulminati in una centralina elettrica, dove si erano rifugiati per sfuggire a un controllo di polizia.

Da allora, la polizia è diventata in Francia ancora più dura. Nelle periferie il dialogo sembra impossibile, la diffidenza è reciproca, acuita dopo la legge del 2017 ai tempi del socialista Valls, che in seguito a un’aggressione violenta di due poliziotti aveva allentato le regole della legittima difesa. Nel 2022, 13 persone sono morte perché non si sono fermate all’alt, sono già nove quest’anno.

Il mondo dello spettacolo e dello sport ha reagito immediatamente. «Sto male per la mia Francia», ha affermato il calciatore Mbappé, denunciando una «situazione inaccettabile» di violenze della polizia.

«In questi quartieri c’è un sentimento condiviso che la giustizia non è uguale per tutti, come non lo è la scuola, il diritto al lavoro, tutto questo nutre frustrazioni – ha allertato il sindaco di Nanterre, Patrick Jarry (indipendente di sinistra) – Nanterre ha vissuto una delle giornate più terribili della sua storia». E ha denunciato le «inaccettabili degradazioni» dopo la morte di Nahel: «Vogliamo giustizia e l’avremo con una mobilitazione pacifica».

Ma il mondo politico si è spaccato. Per il deputato di Renaissance, Marc Ferracci, «in questo tipo di situazione deve applicarsi il principio di proporzionalità e qui si vede sproporzione». Per Jean-Luc Mélenchon «la polizia deve essere interamente rifondata», in Francia «non esiste più la pena di morte».

La verde Marine Tondelier denuncia «un’americanizzazione» della polizia francese e per il segretario del Ps, Olivier Faure, «il rifiuto di fermarsi non significa permesso di uccidere».

Ma a destra e all’estrema destra il discorso è opposto e violento. «Guidava senza patente e ha rifiutato di fermarsi», giustifica l’eurodeputato dei Républicains, François-Xavier Bellamy. Per il segretario di Lr, Eric Ciotti, «non bisogna togliere il sostegno a chi ci protegge».

Sébastien Chenu del Rassemblement national, se la prende con chi «approfitta» di questo dramma «per minare il sostegno alle forze dell’ordine». Marine Le Pen giudica le parole di Macron «irresponsabili», come il sindacato di poliziotti di estrema destra, Alliance, che ritiene «inconcepibili» le affermazioni del presidente (ma anche gli altri sindacati di polizia se la prendono con Macron e Borne e invocano la presunzione di innocenza per gli agenti). Il gruppuscolo France Police, che ha inviato «complimenti» ai poliziotti e accusa i «genitori, soli responsabili, che non sanno educare i figli», dovrebbe venire dissolto per legge, ha annunciato Darmanin.

ANNA MARIA MERLO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv