Le pulsioni razziste e l’autoritarismo della destra emergente

L’esito della votazione avvenuta nel Senato della Repubblica sull’istituzione di una commissione straordinaria destinata a indagare sui temi dell’odio, del razzismo e dell’antisemitismo dimostra come sia in atto una...
Particolare della copertina de "La difesa della razza", 5 agosto 1938

L’esito della votazione avvenuta nel Senato della Repubblica sull’istituzione di una commissione straordinaria destinata a indagare sui temi dell’odio, del razzismo e dell’antisemitismo dimostra come sia in atto una vera e propria “radicalizzazione” nell’espressione di volontà politica attorno a temi squisitamente etici: con buona pace di chi sta discettando sull’ormai conclamata insussistenza della diversità tra destra e sinistra.

L’astensione dei gruppi della Lega, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia è stata, infatti, un atto di espressione di una pura “destra classica” con dentro tutte le sue venature e pulsioni razzistiche che da sempre ne hanno accompagnato il tragico cammino.

E’ evidente che questo voto parlamentare trova sponda in non secondari settori della società italiana ed è frutto di una rielaborazione a livello europeo avvenuta sull’onda del revisionismo storico del quale, da Nolte in avanti, abbiamo avuto tanti esempi nel corso degli ultimi anni.

L’ondata di razzismo che sta attraversando la società italiana, con elementi di vera e propria intolleranza ha un rapporto diretto, e un’influenza rispetto al modello politico imperante nel nostro Paese.

Si tratta di un fenomeno che arriva da più lontano e interessa appunto l’insieme del “modello politico” composto dalla realtà dei corpi intermedi, dal ruolo delle istituzioni, dalle complesse modalità di cittadinanza attiva.

Più o meno da trent’anni, infatti, il “modello politico” italiano ha mutato segno, da luogo di forte partecipazione politica e sociale, a terreno di “esclusione” per larghe fette di popolazione lasciata, in particolare dalle diverse forme di comunicazione, in balia di una forma continua di propaganda basata sulla paura e sulla miseria culturale.

Questi fattori hanno fatto cadere la realtà di una cultura politica” forte” che faceva da barriera a determinati modelli e a determinati meccanismi comportamentali anche usando, perché no, l’ideologia ma soprattutto proponendo un sistema di valori non destinato però, nella sua espressione, semplicemente alla raccolta indiscriminata del consenso.

La sinistra deve riflettere su quando e come questa strada sia stata abbandonata e sulle possibilità concrete di riprenderla attraverso un progetto di vera e propria riorganizzazione culturale dell’agire politico.

La cultura, anche quella classica degli “studi solidi” di definizione gramsciana non usata per costruire fittizie “élite” ma come fattore di pedagogia di massa deve essere ancora considerata come il vero e proprio punto di discrimine di fondo tra sinistra e destra.

FRANCO ASTENGO

1° novembre 2019

foto tratta da Wikipedia

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