La maschera del PD s’è frantumata impietosamente

Peggio del centrosinistra di vecchio modello. Quello incarnato dal solo Partito Democratico sommato a qualche piccolo partito come il PSI e ad una maggioranza di governo estesa all’ex Nuovo...

Peggio del centrosinistra di vecchio modello. Quello incarnato dal solo Partito Democratico sommato a qualche piccolo partito come il PSI e ad una maggioranza di governo estesa all’ex Nuovo Centrodestra, è naufragato nelle elezioni amministrative perdendo praticamente la quasi totalità dei centri importanti un tempo per quel voto popolare radicato, inossidabile dagli anni ’60.
A poco servono i grafici da Paese delle Meraviglie che Renzi sciorina con torte dove si evincerebbe una prevalenza del centrosinistra sul centrodestra. La realtà dei fatti ha la testa durissima: la sconfitta da sola di Genova basterebbe come analisi complessiva del voto.
Nei quartieri a ponente di Genova, quelli più proletari, l’astensionismo è enorme e penalizza il cosiddetto centrosinistra; mentre nei quartieri levantini, quelli storicamente più borghesi, l’astensionismo cala e premia il centrodestra unito di Bucci. Il 58% dei genovesi è rimasto a casa e il dato nazionale è a dir poco sconfortante. Ormai meno della metà dalla popolazione si reca alle urne: si dirà che la canicola di questi giorni non ha aiutato la partecipazione alle urne, ma è pur vero che sono molti altri fattori ad averla da tempo progressivamente scoraggiata e ad aver alzato questo scoramento esponenzialmente.
Ciò che peggio di tutto ciò potremmo fare è mentire a noi stessi e a tutti coloro che si interessano alla vita pubblica. Dobbiamo quindi, anzitutto, tornare a chiamare cose, persone e partiti con categorie vere e non sulla base delle aspirazioni che ognuno esprime prima, durante e anche dopo le campagne elettorali.
L’idea di centrosinistra derivata da l’Ulivo e, successivamente, da l’Unione è archiviata per sempre: e se anche si tentasse di riesumarla, così come chiede a gran voce un parterre di vecchie e nuove glorie come Giuliano Pisapia, Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e, ora, anche Andrea Orlando, sarebbe nel vero senso della parola “incredibile”, quindi non credibile agli occhi e alle menti di un popolo di centro e di sinistra diviso per strade opposte, che non si riconosce più nella sintesi innaturale di due culture politiche molto diverse, unite con lo scopo del governo dell’economia del Paese a tutela degli interessi non dei ceti deboli, bensì di quel ceto medio e di quella borghesia moderna che viene chiamata in molti modi per evitare di tornare a categorie spiacevolmente otto-novecentesche ma pur sempre vere e attuali.
Il Partito Democratico implode ed esaurisce la sua spinta propulsiva, si consuma nella sua missione politica proprio in queste amministrative, dopo la grande sconfitta subita nel referendum del 4 dicembre scorso.
Il Partito Democratico non perde soltanto in termini percentuali e in termini assoluti: perde anzitutto una connessione pseudo-sociale che aveva trovato con la materializzazione pubblicitaria di una visione di sinistra inesistente; una sinistra che osava dirsi tale e che produceva il Jobs act o la Buona scuola; una sinistra che osava dirsi tale e tutelava prima le banche rispetto ai posti di lavoro; una sinistra che osava dirsi tale e privilegiava il pareggio di bilancio in Costituzione rispetto al disagio sociale crescente nel Paese.
Ha fatto più disastri antipopolari la politica del PD e dei suoi governi, tecnici e politici, rispetto alle destre classiche, quelle che oggi prevalgono perché la povertà genera esasperazione e questa non consente di fare analisi lucide, anche se semplici, del contesto che ci circonda.
Invece del problema economico si prova a mostrare alla popolazione un “problema securitario”: sono i poveri il pericolo e non le banche salvate con venti e più milioni di euro. Sono i migranti il problema per gli italiani indigenti che non arrivano mai a fine mese e non gli speculatori finanziari che gestiscono l’economia borsistica, che approfittano delle crisi industriali e che, pur di ottenere dei dividendi, lasciano andare alla malora impianti produttivi un tempo efficienti e concorrenziali.
A nessuna di queste domande di aiuto i governi del PD hanno risposto: non perché non sapevano rispondere ma, molto semplicemente, perché, seguendo le politiche di Bruxelles e quindi il liberismo controllore del non cedimento delle profittualità generali private, non si poteva fare altrimenti.
O mangia il ricco o mangia il povero. O vive il padrone o sopravvive il lavoratore, il precario.
E, a lungo andare, le politiche di destra sono sempre politiche di destra anche se le fa un partito che si definisce di centrosinistra.
Ma la morte stessa di questo presunto centrosinistra sta proprio nel non aver nemmeno provato a fare ciò che Prodi aveva tentato: una mediazione tra gli interessi del capitale e quelli del blocco sociale.
Si è voluto far credere alla gente che tutto andasse bene mentre, invece, l’economia non aveva alcuna ripresa seriamente interpretabile come tale e quindi il Paese era in piena stagnazione.
Le ragioni della debacle del PD in queste elezioni amministrative stanno proprio nel PD stesso, nella sua anomalia politica, nel suo essere tutto e niente al tempo stesso: nel rappresentare tutte le classi sociali e nessuna al contempo.
Rincorrere questa anomalia politica invocando un centrosinistra “nuovo”, “discontinuo”, “alternativo” è perseverare nel flagellare la sinistra rimasta, sia moderata sia comunista e libertaria, e nel farne una stampella semmai di salvataggio di un’epoca renziana che se non volge ancora al tramonto è per l’estrema frammentazione del quadro politico e sociale del Paese.
Costruire una sinistra di alternativa, antiliberista, seriamente tale, quindi differente in tutto e per tutto da tutto il resto delle forze politiche esistenti, abbandonando velleità utopiche di riedizioni del centrosinistra è la missione che ci dobbiamo dare per recuperare alla causa del lavoro, della giustizia sociale e del moderno proletariato milioni e milioni di consensi. Che esistono. Che aspettano solo di trovare una sponda riconoscibile. Riconoscibile. Lo ripeto: la riconoscibilità è programma, è struttura organizzativa, è coordinamento nei territori su una cultura precisa che è declinabile senza troppi indugi in azioni concrete, giorno dopo giorno.
Questa sinistra può mettere argine vero alle destre. Il PD non è argine alle destre, come si vuole far credere, ma ne è la strada spianata più desolantemente indicata come alternativa al pericolo dei neofascismi che si nutrono proprio del disagio provocato dalle politiche di coloro che dicono di voler contrastare populismi e autoritarismi.
Costruiamo l’alleanza popolare per l’uguaglianza e la democrazia. Senza perdere altro tempo.

MARCO SFERINI

27 giugno 2017

foto tratta da Pixabay

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