Il “pacco” di Renzi? In tanti coriandoli!

La stagione dei pacchi è finita anche in tv. Avrebbe mai potuto riaprirla Matteo Renzi insieme al suo governo? No, ed infatti non l’ha fatto. L’ipotesi di “spacchettamento” dei...

La stagione dei pacchi è finita anche in tv. Avrebbe mai potuto riaprirla Matteo Renzi insieme al suo governo? No, ed infatti non l’ha fatto. L’ipotesi di “spacchettamento” dei quesiti referendari, riuniti nell’unico voto-plebiscito sul consenso che dovrebbe innalzare o far rovinare giù il presidente del consiglio, è stata definitivamente archiviata.
Ci esprimeremo, pertanto, su una sola scheda per dire NO a quella che, non dobbiamo mai stancarci di ripeterlo, è una trasformazione della Costituzione in senso restrittivo in quanto a dinamiche di equilibrio dei poteri dello Stato e di rapporti tra la Repubblica e i cittadini.
Non vi sembri così banale o legata a qualche sinonimologia la distinzione ripetitiva tra Stato e Repubblica. I Padri Costituenti tennero a farne un uso molto preciso; un uso che oggi sembra passato non solo di moda, ma sembra proprio superato dalla necessità impellente dei adeguare la Carta del 1948 alle esigenze del mercato, della grande finanza e quindi dare alla politica italiana un aspetto rassicurante di fedele interprete dei bisogni degli scambisti del denaro come professione, dei forzieri delle banche, delle concorrenze nazionali e internazionali.
Così come è oggi, la Costituzione fa della Repubblica un luogo dove il Parlamento ha la predominanza, dove decide del processo legislativo e dove il governo, solo successivamente, interviene per eseguire quanto gli ha ordinato il Parlamento su mandato popolare.
Con la riforma di Renzi e del ministro Boschi, la Repubblica diventa qualcosa di meno rispetto allo Stato. E qui occorre spiegare le differenze giuridico – politiche tra i due termini: ogni volta che nella Costituzione si fa cenno alla Repubblica si intende quell’insieme di istituti e istituzioni che sono al servizio diretto del cittadino o, quanto meno, rimanda alle procedure per crearli o alle condizioni per darne vita.
Di solito le formule sono: “La Repubblica riconosce e garantisce…”, “La Repubblica promuove le condizioni…”, “La Repubblica rende effettivo il diritto di…”.
Dunque la Repubblica non è l’istituzione “tecnica”, quella che manda avanti la macchina amministrativa, ma è il punto di collegamento (oltre ad esserne la forma) tra lo Stato e i cittadini.
Lo Stato allora che cos’è? E’ una entità astratta di per sé che trova concretezza nel collegamento tra un territorio, una popolazione e la sovranità.
La sovranità deriva da ogni comportamento che i cittadini mettono in pratica quotidianamente quando avvertono la presenza dello Stato e quando questo la fa avvertire: pagare le tasse, avere la protezione degli organi di polizia e di gestione del cosiddetto “ordine pubblico”, avere i servizi sociali e assistenziali adeguati, vedersi riconosciuti tutti i diritti e i doveri previsti proprio da quella Costituzione che Renzi vorrebbe addomesticare a testo servizievole nei confronti del governo.
La Repubblica è collaborazione, è condivisione, è la vita stessa che intercorre tra le procedure burocratiche dello Stato e quelle giornaliere che ognuno di noi vive. La Repubblica è quindi la “forma” dello Stato e, in quanto forma, ne diventa anche sostanza, perché plasma il potere, lo rende adeguato ai princìpi che fino ad oggi, tra mille manchevolezze, ci hanno consentito di vivere un settantennio di democrazia (a tratti sostanziale, a tratti magari solo apparente…).
Quando parliamo di “attacco alla Costituzione”, non vogliamo usare una semplice formula quasi “di rito”, ma significare con precisione in quali e in quante parti la Carta venendo modificata (il che a priori non è né un male e né un bene, ma una azione consentita dal celebre articolo 138) metterebbe al centro della funzione repubblicana dello Stato non più il Parlamento bensì il governo.
E’ un dato di fatto. Può essere trasformato in una riforma che “semplifica” l’andare legislativo, ma quando le semplificazioni sono amputazioni di dialettica politica, di partecipazione e di anche di scontro acceso, sono anche e soprattutto amputazioni della democrazia, della tolleranza reciproca e della solidarietà sociale in ultima, ma non ultima fase.
Proteggere la Costituzione è proteggere la Repubblica democratica. Proteggere la Repubblica è proteggere il popolo, il suo diritto fondamentale ad una vita libera (nei limiti del possibile, ma mai del proponibile in tema di diritti) e felice.
La stagione dei pacchi è finita, ma ad ottobre – novembre ce ne troveremo uno bello grande davanti. Spacchettiamolo in tanti pezzetti e facciamone coriandoli.

MARCO SFERINI

12 luglio 2016

foto tratta da Pixabay

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