Mettiamo ordine nei discorsi fatti sullo sciopero dei treni e sulla precettazione che ieri ha costretto a dimezzare la protesta dei lavoratori di Trenitalia e Italo alle 15, senza però limitare il successo di una protesta inizialmente di 24 ore che ha raggiunto adesioni in tutte le regioni tra l’80% e il 100%.

È il governo a danneggiare i viaggiatori perché non convoca le imprese che rifiutano di trattare con i sindacati sui rinnovi dei contratti e sui turni di lavoro. Non sono i sindacati del trasporto ferroviario, in pratica tutte le sigle attive nel settore, e soprattutto i lavoratori che vi aderiscono, a danneggiare i viaggiatori quando scioperano per rivendicare il diritto a una retribuzione protetta dai morsi dell’inflazione oppure per difendersi dai turni di lavoro massacranti.

È il ministro dei trasporti e delle infrastrutture, il vice-premier Matteo Salvini (Lega), ad avere danneggiato i viaggiatori perché non ha fatto nulla nei 34 giorni precedenti dall’autorizzazione dello sciopero dimezzato di ieri (era di 24 ore, è durato fino alle 15 causa precettazione), non i sindacati che hanno indetto uno sciopero per riavviare la trattativa con Trenitalia o Italo ed evitare di peggiorare i servizi.

Lo sciopero potrebbe essere anche un modo per cercare un’intesa anche fra utenti e lavoratori: il benessere dei primi passa dalle condizioni in cui operano gli altri. E viceversa. Un altro discorso andrebbe fatto sul prezzo dei biglietti, a cominciare dall’alta velocità. Un problema collegato alla qualità delle infrastrutture (l’Italia è un paese di pendolari), alla giusta retribuzione e alla tassazione dei profitti realizzati da aziende in ottima salute finanziaria.

Questo è il costo delle liberalizzazioni. Le virtù sono appannaggio dei privati, i costi gravano sul pubblico e, soprattutto, sui consumatori. Gli stessi che Salvini, in nome dell’««Italia Open to Meraviglia», ieri si è detto «orgoglioso» «di non aver lasciato a piedi». Non è vero, anche perché ieri c’erano le fasce garantite e i treni a lunga percorrenza. Il suo discorso andrebbe rovesciato: a quale prezzo i cittadini devono viaggiare? È giusto che una famiglia paghi quasi la rata media di un mutuo per spostarsi? Cosa fa questo governo? E cosa hanno fatto gli altri? Nulla. Tutti zitti davanti al «libero mercato». E al «Pnrr».

Se questa è l’impostazione di fondo per comprendere le ragioni politiche degli scioperi programmati nei trasporti durante il periodo estivo, cioè quando fa più male (a cosa, di grazia, dovrebbe servire uno sciopero?), allora usiamola per contrastare la tirannia del consumatore. Il «pago, pretendo» in cui si riconosce una parte cospicua della politica italiana a cominciare dalle destre liberiste.

Maurizio Landini, segretario della Cgil, ha confermato di avere «fatto ricorso al Tar perché la precettazione è stato un errore clamoroso, noi abbiamo rispettato le leggi». L’Unione nazionale dei consumatori ha definito l’intervento di Salvini «tardivo e forzato». La legge sulla precettazione prevede un tentativo obbligatorio di conciliazione. Farlo a poche ore dallo sciopero, come ha fatto Salvini, «ha reso il tentativo più formale che sostanziale».

Ciò ha danneggiato i consumatori che hanno rinunciato al viaggio. Oltre a quelli che, forse non attenti al flusso delle notizie, sono rimasti a piedi sui binari. A loro, Salvini, avrebbe dovuto pensarci nell’ultimo mese. Magra resta la consolazione per cui, ha fatto sapere il ministero dei trasporti ieri, oggi saranno riaperti i tavoli tra società di trasporto ferroviario e sindacati. Quanto allo sciopero negli aeroporti di domani, nel momento in cui scriviamo, è confermato. Solo Ita Airways ha cancellato 133 voli nazionali e internazionali.

Risultato: il governo ha osteggiato pesantemente il diritto di sciopero previsto dalla Costituzione. Un diritto sotto attacco da anni. Salvini non è stato l’unico ministro a precettare. Esiste una legge che lo ha permesso. Servirebbe una battaglia per modificarla.

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.it

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