Per la “Federazione Comunista”

Non è vero che i nomi non sono importanti. Sono fondamentali: sono identità che si esprime attraverso l’essenza interiore determinata dai condizionamenti sociali, economici esterni. Non ci si chiama...

Non è vero che i nomi non sono importanti. Sono fondamentali: sono identità che si esprime attraverso l’essenza interiore determinata dai condizionamenti sociali, economici esterni.

Non ci si chiama se non come si dovrebbe essere per agire, per intervenire politicamente nei processi di trasformazione della società.

Il livello di unità possibile non è un desiderio soggettivo che ognuno di noi deve esprimere, ma un lavoro programmatico, organizzativo da raggiungere per rilanciare obiettivi che si sono persi di vista.

C’è tanta indolenza da un lato, rassegnazione dall’altro e, nel mezzo, un caos disorganizzativo che spaventa.

In questi anni abbiamo fatto analisi, proposte, lanciato liste elettorali improvvisate, raccolto a volte discreti, altre volte pessimi risultati.

Ho ragionato sul nome. Come si potrebbe chiamare un insieme di piccolissime non-forze che si apprestano (se davvero lo vogliono) a ricostituire un fronte di classe, anticapitalista?

Molto semplicemente: FEDERAZIONE COMUNISTA.

Comunista. Non semplicemente “della sinistra”. I perimetri vanno ridefiniti, rimarcati e ricondotti ad una chiara proposta di cambiamento radicale del mondo in cui viviamo.

E’ una idea. La getto in pasto al dibattito tra le sinistre di opposizione, tra chi vuole rappresentare una alterità, un tentativo di ricomposizione della critica sociale sotto un’unica organizzazione politica, plurale ma unitaria.

Al Partito della Rifondazione Comunista, a Sinistra Anticapitalista, a Potere al Popolo, al Partito Comunista dei Lavoratori, al PCI – Partito Comunista Italiano, al Partito del Sud, a FalceMartello (Sinistra Classe Rivoluzione). A tutte le compagne e a tutti i compagni che possono ritrovarsi anche per la prima volta in una visione critica e di classe di questa società.

Un piccolo polo in divenire, da vecchie macerie, da antichi contrasti, da nuove contrapposizioni può venire fuori qualcosa di rinnovato e di moderno al tempo stesso. Che parli un linguaggio diretto, immediato senza il bisogno di nascondere i propri obiettivi dietro sigle generiche che non hanno certo contribuito alla ricomposizione delle differenti attitudini della sinistra in Italia.

Ragioniamoci. Se vogliamo. Altrimenti fate finta di non aver letto queste righe.

MARCO SFERINI

1° giugno 2020

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