L’attentato al gasdotto Nord Stream 2 sarebbe opera degli ucraini. O meglio, di un gruppo di specialisti di Kiev che però non avrebbero legami né con il presidente Zelensky né con i vertici del governo. Ad affermarlo è il New York Times in un lungo articolo pubblicato ieri che suona come uno strano monito al Paese impegnato a fronteggiare l’invasione russa da oltre un anno.

I soliti «alti funzionari che hanno rilasciato dichiarazioni in forma anonima» avrebbero rivelato alla testata statunitense che «ci sono ancora enormi lacune su ciò che le agenzie di spionaggio statunitensi e i loro partner europei sanno su ciò che è accaduto. Ma potrebbe essere la prima pista significativa a emergere da diverse indagini strettamente riservate, le cui conclusioni potrebbero avere profonde implicazioni per la coalizione che sostiene l’Ucraina».

Secondo il Nyt, infatti, «nuove informazioni esaminate da funzionari statunitensi suggeriscono che un gruppo filo-ucraino ha effettuato l’attacco ai gasdotti Nord Stream lo scorso anno». Nell’articolo non è specificato chi sarebbero i membri di questo fantomatico gruppo, se si tratta di individui vicini all’apparato militare o spionistico ucraino e come avrebbero agito, ma al momento non si avrebbe «alcuna prova che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky o i suoi principali luogotenenti fossero coinvolti nell’operazione o che gli autori agissero sotto la direzione di funzionari del governo ucraino».

La «rivelazione» ricalca nella forma quella fatta dalla stessa testata dopo l’attentato alla figlia dell’ideologo russo Dugin. Anche in quel caso il Times aveva citato anonimi funzionari «vicini al presidente Biden» che si erano detti molto preoccupati da non meglio specificati «gruppi autonomi ucraini» slegati dal controllo di Zelensky e del suo entourage. In molti avevano interpretato l’articolo come un avvertimento a Kiev a non spingersi troppo oltre.

Ora, invece, dopo mesi di ricostruzioni che accusavano più o meno direttamente Mosca di aver fatto saltare il gasdotto per tagliare definitivamente i suoi legami commerciali con l’Europa e rivolgersi a oriente, il Nyt scrive che la responsabilità del Cremlino sia altamente improbabile.

Certo, potrebbe comunque trattarsi di un gruppo organizzato di russi, ma in quel caso si ipotizzano generici «oppositori di Putin». L’articolo ripercorre velocemente le varie accuse mosse da un governo all’altro, ma sottolinea che gli Usa non hanno mai pensato che la responsabilità fosse della Russia.

Strano, perché i giorni seguenti all’esplosione le dichiarazioni in cui gli alti funzionari del Congresso, in forma tutt’altro che anonima, accusano il Cremlino di essersi auto-sabotati il gasdotto non erano passate in sordina.

A più di un anno dall’inizio della guerra, il fatto che una delle testate più autorevoli del mondo pubblichi delle accuse dirette all’alleato al quale il governo Usa sta fornendo tonnellate di armamenti, senza fornire alcuna prova è forse, come per Dugina, da interpretare nuovamente come un messaggio per il governo ucraino.

SABATO ANGIERI

da il manifesto.it

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