A fine ottobre 2022, durante la XXIV edizione della Borsa mediterranea del turismo archeologico (Bmta) che si svolge con cadenza annuale a Paestum, l’egiziano Zahi Hawass è stato insignito dell’International Archaeological Discovery Award «Khaled al-Asaad» per la scoperta della «città d’oro perduta, fondata da Amenhotep III, riaffiorata dal deserto nei pressi di Luxor».

Qualche giorno fa, l’archeologo settantacinquenne (contestato ministro delle Antichità dell’era Mubarak) è ricomparso col suo cappello da Indiana Jones sullo sfondo della piramide a gradoni di Djoser (2700 a.C.), nella necropoli di Saqqara – quindici chilometri dalla più famosa piana di Giza – per annunciare a una pletora di giornalisti una nuova scoperta «sensazionale».

D’altra parte, non potrebbe essere altrimenti per il più mediatico (e mediatizzato) degli archeologi, che alterna annunci ad effetto – come la presunta identificazione della mummia di Nefertiti rimbalzata agli onori delle cronache lo scorso settembre – alla «caccia al tesoro» (una delle ricerche più spasmodiche di Hawass concerne la tomba di Cleopatra, di cui afferma periodicamente aver reperito l’ubicazione).

Al di là dell’abituale «messa in scena» degli scavi dell’archeologo-star – in quest’occasione, niente telecamere pronte a filmare l’apertura di un sarcofago ma un’accurata esposizione dei reperti (i più preziosi in vetrina) nel luogo della conferenza stampa – la notizia interessante riguarda il rinvenimento di una mummia ricoperta di foglie in lamina d’oro, una delle più antiche (se non la più antica) e meglio conservate dell’Egitto, ad eccezione delle mummie reali.

Il defunto si trovava dentro a un sarcofago di calcare ancora sigillato con malta e nel quale era inscritto il nome di Hekashepes, a sua volta collocato in una fossa scavata a quindici metri dall’odierno piano di calpestio nei pressi del complesso piramidale di Pepi I (VI dinastia) e «nel punto esatto dove gli antichi Egizi lo avevano lasciato circa 4300 anni fa», assicura Hawass.

Nella medesima area, l’équipe operante sotto l’egida del Consiglio Supremo delle Antichità, ha riportato alla luce anche altre sepolture: una, affrescata con scene di vita quotidiana, apparteneva a Khnumdjedef «ispettore dei funzionari, supervisore dei nobili» e sacerdote durante il regno di Ounas, sovrano della V dinastia; la terza è invece l’ultima dimora di Meri, «custode dei segreti» ovvero un alto funzionario che deteneva il potere di eseguire i rituali religiosi.

Una quarta tomba, da attribuirsi al «giudice e scrittore» Fetek, ha restituito una collezione di pregiatissime statue. In attesa dell’imminente apertura del Grand Egyptian Museum (Gem) di Giza, il governo egiziano tenta di contrastare la grave crisi economica solleticando con nuove attrazioni il turismo di massa, una delle principali risorse del Paese. Più che un programma scientifico, risvegliare le mummie sembra dunque essere un imperativo politico.

VALENTINA PORCHEDDU

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube