Il sisma che ieri ha travolto, con una scossa di magnitudo 7.8 una vasta regione compresa tra la Turchia meridionale e la Siria settentrionale (una seconda scossa di magnitudo 7.5 si è abbattuta sulla Turchia), causando oltre 2.600 morti (ma il bilancio rischia di aggravarsi), non ha risparmiato gli edifici storici.

Mentre gli esperti sono al lavoro per valutare i danni nella cittadella di Aleppo – già fortemente colpita durante la guerra che devasta la Siria dal 2011 – le immagini dei crolli nel castello di Gaziantep ricoperto di neve fanno velocemente il giro del mondo tramite i social network.

Dell’imponente fortezza svettante sull’altipiano che domina la città dell’Anatolia sud-orientale, nel luogo che secondo alcuni studiosi corrisponderebbe al centro ellenistico di «Antiochia ad Taurum», sono franate ampie porzioni dei bastioni sul fianco Est e su quello Ovest. Numerose anche le crepe osservabili nei muri della struttura principale. Qui dove ora si estendono poderose macerie, 6mila anni fa gli Ittiti installarono (forse su un preesistente tumulo di età calcolitica) un punto di osservazione militare.

La prima fortezza venne edificata dai Romani tra II e III secolo d.C. L’imperatore Giustiniano la ampliò tra il 527 e il 565 d.C., dotandola di ben 36 torri di difesa che circondavano l’edificio per circa 1.200 metri. La massiccia costruzione subì un inesorabile declino, fino a quando i turchi Selgiuchidi – vittoriosi nella battaglia di Manzicerta del 26 agosto del 1071 contro l’imperatore bizantino Romano IV Diogene, innalzarono una nuova fortezza nella città di Antep (il suffisso Gazi – specifico titolo onorifico ottomano che appare nei nomi di molte figure storiche – fu aggiunto dopo l’8 febbraio 1921, giorno della resa alle truppe francesi, per celebrare l’eroica resistenza della città).

Nel periodo delle Crociate, verso il 1098, Antep passò sotto il controllo di cavalieri occidentali, per poi finire nell’orbita del principato di Antiochia. Attorno al 1230 i crociati cristiani si impossessarono del castello per controllare i fiorenti commerci lungo il fiume Oronte. La fortezza subì ulteriori rifacimenti nel 1480 su iniziativa del sultano egiziano Qaytaby, che voleva preservare la città sottostante.

Un’iscrizione posta sul cancello principale del castello tramanda, inoltre, che alcune parti del monumento furono ancora una volta rimaneggiate da Suleyman I il Magnifico (1520-1566). I turchi rinforzarono le mura, integrarono la cinta e trasformarono la fortezza rendendola una spettacolare opera di architettura militare.

Dagli anni ’40 del XX secolo il castello ospita un museo di storia, che conserva una cospicua collezione di manufatti inclusi mosaici romani. In attesa di conoscere più nel dettaglio l’entità dei danni, è certo che Gaziantep così come Aleppo – nella cui cittadella sono incorporati i resti di un passato multiforme, dal tempio del dio mesopotamico delle tempeste Hadad datato al X secolo a.C. all’acropoli di età ellenistica, dalla Grande Moschea fondata dagli Omayyadi e ricostruita nel XII secolo alla cattedrale cristiana trasformata in madrasa assieme agli altri edifici religiosi, senza tralasciare i suq che costituivano il fiore all’occhiello di uno dei più splendenti mercati del Medioriente – sprofondano nell’oblio, questa volta per l’impeto della natura e non per la furia dell’uomo, un altro frammento del patrimonio comune dell’umanità.

VALENTINA PORCHEDDU

da il manifesto.it

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