Reds. John Reed e i comunisti americani

Warren Beatty porta sul grande schermo la vita del giornalista che raccontò rivoluzioni e lotte operaie
Reds

Gli Stati Uniti quando hanno la possibilità di finanziare golpe militari o di intervenire per soffocare giovani rivoluzioni sono sempre in prima fila. Ci provarono anche durante la Guerra civile russa, che seguì la Rivoluzione d’Ottobre, sostenendo l’Armata Bianca di Aleksandr Vasilievič Kolčak. Un intervento, quello contro la giovane Unione Sovietica, che portò molte città USA a mobilitarsi. La prima fu Portland nell’Oregon dove gli operai si rifiutarono di caricare le munizioni per l’esercito dei contro rivoluzionari. Perché proprio a Portland? Perché il quella stessa città il 22 ottobre 1887 era nato un giornalista che dopo aver narrato le gesta di Pancho Villa ed Emiliano Zapata e descritto le lotte operaie negli Stati Uniti, aveva raccontato la Rivoluzione d’Ottobre nel magnifico “Ten Days that Shook the World” (“I dieci giorni che sconvolsero il mondo”). Il suo nome era John “Jack” Reed. La vita del giornalista comunista, unico americano ad essere sepolto nel Cremlino, fu portata sul grande schermo da Warren Beatty in Reds.

1. Warren Beatty

Nato a Richmond il 30 marzo 1937 da Ira Owens Beaty e Kathlyn Corinne MacLean, Warren Beatty, pseudonimo di Henry Warren Beaty, aveva il cinema in famiglia, era, infatti, il fratello minore dell’attrice Shirley MacLaine, ma se quest’ultima aveva trovato nei vecchi maestri del cinema americano il punto di riferimento (Vincente Minelli, Billy Wilder, Robert Wise), Warren si sentiva più legato ad altri ambienti cinematografici, e quindi ad altri ambiti culturali. Aveva debuttato come attore diretto da Elia Kazan (comunista pentito che negli anni del Maccartismo fece il delatore), quindi lavorò con Robert Rossen che l’anticomunismo l’aveva subito proprio per colpa di Kazan, per poi approdare ai registi della New Hollywood quali Arthur Penn e Robert Altman.

In quel clima, con quei contatti, Warren Beatty lesse “Ten Days that Shook the World” e si appassionò alla vita di John Reed. Secondo la montatrice Dede Allen l’attore maturò l’idea di portare sul grande schermo la vita del giornalista comunista già nel 1966. Tre anni dopo iniziò a scrivere una sceneggiatura intitolata “Comrades” (“Compagni”), ma il progetto si arenò presto. Riprese vigore anni dopo da un lato grazie alla crescente popolarità di Beatty, ormai uno dei volti della New Hollywood, dall’altro per l’aiuto di Trevor Griffiths (Ancoats, 4 aprile 1935), drammaturgo britannico che vantava tra le sue opere rappresentazioni su Antonio Gramsci e “The Party”, non inteso come “festa”, ma come “partito”… ovviamente quello comunista.

2. John Reed

Nel 1976 i due lavorarono ad una nuova sceneggiatura che, terminata nel 1978, venne ulteriormente arricchita con i contributi di Robert Towne, autore di Chinatown, Peter Feibleman, scrittore amico di Beatty, ed Elaine May attrice e sceneggiatrice che proprio con Beatty aveva scritto Heaven Can Wait (Il paradiso può attendere, 1978), prima prova da regista per Beatty che, grazie al successo del film, si guadagnò una maggiore autonomia per proporre e finanziare un progetto criticato nel mondo di Hollywood. Il Maccartismo era finito, ma negli Stati Uniti fare un film biografico su un comunista, in piena età reganiana non era certo impresa facile.

Warren Beatty, tuttavia, non si scoraggiò. Voleva portare sul grande schermo la vita di John Reed, voleva raccontare la storia dei “rossi d’America”, dei Reds che divenne il titolo del film. Alla fine convinse la Paramount ad investire 25 milioni di dollari, ma la “major” si pentì quasi subito e propose al regista la stessa cifra per un altro film. Beatty fu irremovibile. La pellicola si sarebbe fatta anche perché il cast vantava autentici fenomeni.

3. Diane Keaton ne Il Padrino

Il ruolo del protagonista, per il quale era stato preso in considerazione John Lithgow per l’incredibile somiglianza con Reed, andò allo stesso Beatty che da quando aveva letto “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” era stato magnifico interprete, tra gli altri, in Bonnie and Clyde (Gangster Story, 1967) di Arthur Penn, McCabe & Mrs. Miller (I compari, 1971) di Robert Altman e, come ricordato, Heaven Can Wait (Il paradiso può attendere, 1978). Non meno importante il ruolo femminile, quello di Louise Bryant giornalista e scrittrice moglie di Reed, che venne interpretato da Diane Keaton (Los Angeles, 5 gennaio 1946). In quegli anni era la compagna di Beatty, ma venne scelta solo perché era una straordinaria attrice: The Godfather (Il Padrino, 1972) e The Godfather: Part II (Il Padrino: Parte II, 1974) di Francis Ford Coppola, Annie Hall (Io e Annie, 1977) e Manhattan (1979) di Woody Allen.

In questo “film comunista” un ruolo centrale lo ebbe anche un’altra figura, quella del drammaturgo Eugene O’Neill che nel 1936 andrà a ricevere il Premio Nobel, ma che nei primi anni del secolo scorso scriveva toccanti drammi sociali e contendeva a Reed l’amore di Louise Bryant. Jack Nicholson accettò subito, vincendo la concorrenza del cantautore James Taylor e di Sam Shepard. L’attore non era tuttavia in grande forma, era reduce da Shining e, soprattutto, aveva 43 anni, rispetto ai 27 di O’Neill (anche Beatty aveva 43 anni, mentre Reed 28). Ma si impegnò, recuperò e fu, come quasi sempre, straordinario.

4. Jack Nicholson in Shining

Nel cast anche Paul Sorvino (New York, 13 aprile 1939) nei panni di Louis C. Fraina; Maureen Stapleton (Troy, 21 giugno 1925 – Lenox, 13 marzo 2006) in quelli di Emma Goldman; Jerzy Kosinski, anticomunista che temeva di essere rapito dal KGB, che interpretò Grigorij Zinoviev. Ruolo piccolo, ma importante anche per Gene Hackman (San Bernardino, 30 gennaio 1930): divenne l’editore critico nei confronti delle posizioni di John Reed.

Quel pezzo di storia, la storia dei “rossi” d’America, affascinava molto Warren Beatty che decise così di arricchire il suo film con decine di testimonianze di persone che avevano conosciuto o lottato al fianco del giornalista comunista. Questi i nomi: Jacob Bailin, Roger Nash Baldwin, John Ballato, Harry Carlisle, Kenneth Chamberlain, Tess Davis, Will Durant, Blanche Hays Fagen, Hamilton Fish, Dorothy Frooks, Hugo Gellert, Emmanuel Herbert, George Jessel, Oleg Kerensky, Isaac Don Levine, Arthur Mayer, Henry Miller, Adele Nathan, Scott Nearing, Dora Russell, Adela Rogers St. Johns, George Seldes, Art Shields, Jessica Smith, Arne Swabeck, Bernadine Szold-Fritz, Galina von Meck, Heaton Vorse, Will Weinstone, Rebecca West e Lucita Williams.

Le riprese si svolsero dall’agosto 1979 all’ottobre 1980 tra Finlandia (che “sostituì” l’Unione Sovietica), Gran Bretagna, Stati Uniti e Spagna. Complessivamente vennero girati un milione di metri di pellicola, oltre 600 ore di materiale filmato che portò ad un lavoro straordinario in fase di montaggio, curato da Dede Allen e Craig McKay. Le musiche, oltre all’intramontabile Internazionale, vennero composte da Stephen Sondheim, autore della canzone “Goodbye for Now”, e Dave Grusin. La fotografia del grandissimo Vittorio Storaro, fresco di Oscar per Apocalypse Now. Il 3 dicembre del 1981 uscì Reds (in Italia il 16 aprile 1982).

5. Reds (1981)

Tornato dal Messico, dove ha seguito con i suoi reportage la rivoluzione di Villa e Zapata, John “Jack” Reed (Warren Beatty) si innamora dell’emancipata Louise Bryant (Diane Keaton). La donna è affascinata dall’idealismo del giornalista e lascia il marito pur di seguirlo, prima a Greenwich Village, dove entrano in contatto con la comunità di attivisti e artisti, tra cui l’anarchica Emma Goldman (Maureen Stapleton) e il drammaturgo Eugene O’Neill (Jack Nicholson), poi a Provincetown in Massachusetts. John si radicalizza sempre più, viene coinvolto negli scioperi dei lavoratori e nelle mobilitazioni contro l’ingresso degli Stati Uniti nel primo conflitto mondiale; Louise matura idee femministe e, provocata intellettualmente da Eugene O’Neill sul concetto di possesso e libertà, inizia col drammaturgo una tormentata relazione. Anche John è infedele, ma è sempre più concentrato sulla vita politica ed è sempre più ostacolato nella pubblicazione dei suoi reportage, come dimostrano gli scontri con l’editore Pete Van Wherry (Gene Hackman). Ma l’amore è ancora forte e i due accettano la “convenzione borghese” del matrimonio. I contrasti privati e quelli politici, tuttavia, proseguono. La donna, con l’ambizione di fare la giornalista, parte per l’Europa come corrispondente di guerra, l’uomo, nonostante un problema ad un rene, si reca in Russia. I due si reincontrano nei giorni della caduta del regime zarista e della Rivoluzione d’Ottobre. John racconterà tutto ne “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Ispirato dall’idealismo della Rivoluzione, Reed tenta di portare il comunismo negli Stati Uniti, ma si trova davanti divisioni laceranti prima tra socialisti e comunisti, poi tra comunisti e comunisti (Reed da una parte, l’italo americano Louis Fraina dall’altra) e repressioni autoritarie. Ritorna a Mosca, è deluso dalla Rivoluzione, vuole ripartire, ma Grigorij Zinoviev (Jerzy Kosinski) glielo impedisce. Tenta lo stesso di scappare, ma viene arrestato in Finlandia. L’Unione Sovietica riesce a liberarlo con uno scambio di prigionieri. Partecipa al secondo Congresso dell’Internazionale Comunista e al Congresso dei popoli orientali a Baku, ma si ammala di tifo. Nella stazione di Mosca riesce finalmente a riabbracciare Louise, che aveva fatto l’impossibile per raggiungerlo, poche ore prima di morire.

6. I dieci giorni che sconvolsero il mondo

Un film epico, quasi più film in uno, in cui Beatty riuscì a ripercorrere l’impegno di John Reed e la vita dei comunisti negli USA rendendo “avvincenti i dibattiti ideologici legati alla nascita del socialismo libertario in America e al deterioramento del sogno comunista in Unione Sovietica, senza per questo minimizzare la tormentata e tumultuosa storia d’amore dei due protagonisti” (Mereghetti). Molte le scene indimenticabili in oltre tre ore di film, su tutte quella in cui le note dell’Internazionale accompagnano la Rivoluzione e la rinnovata passione tra John e Louise (ironia della sorte le lunghe riprese posero, invece, fine alla relazione tra Beatty e la Keaton).

Un autentico, suggestivo e appassionante atto di anticonformismo intellettuale, uno degli ultimi gioielli della New Hollywood che si aggiudicò numerosi premi e riconoscimenti. Reds fu candidato a 12 Oscar, Warren Beatty fu nominato per Miglior film, regia, attore protagonista e sceneggiatura, il primo e unico cineasta ad riuscirci oltre a lui fu Orson Welles per Citizen Kane (Quarto potere). Alla fine la pellicola si aggiudicò tre statuette: regia, attrice non protagonista per Maureen Stapleton, che vinse alla quarta candidatura interpretando Emma Goldman e Migliore fotografia per Vittorio Storaro che riuscì ad esaltare gli esterni e soprattutto gli interni, che di spettacolare avevano poco. Sfumò, invece, l’Oscar per Jack Nicholson che si “rifarà” due anni dopo in Terms of Endearment (Voglia di tenerezza), curiosamente al fianco della sorella di Beatty Shirley MacLaine. Per Reds arrivarono, tra gli altri, anche due David di Donatello per il Miglior produttore straniero e per Miglior attrice straniera a Diane Keaton.

7. Jack Nicholson straordinario nei panni di Eugene O’Neill

Alla vita di John Reed si ispirò anche Sergej Fëdorovič Bondarčuk (Guerra e pace, Waterloo) che nel 1982 realizzò prima Meksika v ogne (Messico in fiamme) poi Krasnye kolokola. Film 2. Ja videl roždenie novogo mira (I dieci giorni che sconvolsero il mondo) con Franco Nero nei panni del protagonista. Da vedere solo se si è appassionati. Mentre all’opera più nota del giornalista attinse a piene mani anche Ėjzenštejn per la sceneggiatura del suo Oktjabr (Ottobre. I dieci giorni che sconvolsero il mondo, 1928).

8. Warren Beatty racconta al grande pubblico la vita di John Reed

Tornando a Reds, Warren Beatty, membro del Partito Democratico USA, vicino al senatore progressista George McGovern (che criticò Kennedy per la politica contro Cuba… tema purtroppo sempre attuale), mostrò una profonda conoscenza della storia del movimento operaio americano, un movimento che, sebbene represso e sconfitto con le armi, permise alla classe operaia degli anni trenta un maggiore potere e livelli di organizzazione senza confronto rispetto al resto del mondo capitalista, ed ebbe il merito di raccontare al grande pubblico la storia di quel giornalista americano, comunista, testimone autentico di lotte e rivoluzioni. Ad oltre un secolo dalla sua morte, avvenuta a Mosca il 17 ottobre 1920, avremmo un gran bisogno di John Reed e di quei dieci giorni che sconvolsero il mondo.

MARCO RAVERA

redazionale


Bibliografia
“America in fiamme” di John Reed – Editori riuniti
“I dieci giorni che sconvolsero il mondo” di John Reed – BUR Storia
“1917. L’anno della rivoluzione” di Angelo D’Orsi – Editori Laterza
“Storia del cinema” di Gianni Rondolino – UTET
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2021” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi

Immagini tratte da: immagine in evidenza, foto 5, 6, 7, 8 Screenshot del film Reds; foto 1, 2da it.wikipedia.com; foto 3 Screenshot del film Il Padrino, foto 4 Screenshot del film Shining.
Le immagini sono di proprietà dei legittimi proprietari e sono riportate in questo articolo solo a titolo illustrativo.

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