Il comunismo della finitudine e la trasformazione del mondo

«Studi su Marx (ed Engels)», di André Tosel per Edizioni Punto Rosso
Friedrich Engels e Karl Marx in una litografia novecentesca

Dall’Introduzione del 1844 alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (redatta nel 1843 e pubblicata nel 1927) inizia il regolamento di conti di Marx con la filosofia idealistica. Proprio in questo scritto Marx usa l’espressione «das Kommunistische Wesen», tradotta da Galvano della Volpe con «l’essere in comune», per caratterizzare la separazione esistente fra lo Stato astratto hegeliano e la società civile come luogo in cui si realizza la comunità all’interno della quale agisce l’individuo.

Intorno al concetto di «essere in comune» ruotano i saggi di André Tosel (1941-2017), risalenti al 1996, intitolati Studi su Marx (ed Engels). Verso un comunismo della finitudine (traduzione e cura di Marco Vanzulli, Edizioni Punto Rosso, pp. 136, euro 16).

L’idea moderna di comunismo non può essere disgiunta dal concetto moderno di proprietà sulle cose perseguita, come ci insegna Marx, per poter dominare indirettamente le persone, concetto che quasi sostituisce quello premoderno di un dominio proprietario esercitato sulle persone. Il comunismo tradizionale, lottando per la proprietà (ancorché collettiva o appunto comune) sulle cose, non si discosta dal paradigma della modernità e quindi dai suoi presupposti «materialistici». Non raggiunge ancora la tensione etica che, rovesciando ogni rapporto moderno o premoderno, fa dipendere la pur necessaria comunità dei beni dalla, preminente, comunanza tra le persone umane, tra tutte le persone umane. Gramsci (di cui si sente la presenza costante nel libro), pensando al comunismo, lo designava come «umanesimo assoluto» e aggiungeva: «In questa linea è da scavare il filone della nuova concezione del mondo».

Tosel si muove in questi saggi verso il ripensamento di una concezione che, come obiettivo, proponeva essenzialmente la socializzazione dei mezzi di produzione. Il compito della rivoluzione era rovesciare gli schemi culturali dei gruppi dominanti e, soprattutto, indicare la costruzione di un’etica conforme ad una possibile comunanza umana universale (il comunismo della finitudine che apre «la questione della comunità in una dimensione nuova ma realizzabile»), della quale la socializzazione dei mezzi di produzione sarebbe conseguenza, non premessa o presupposto. La planetaria comunità tra i soggetti sarebbe la necessaria precondizione del socializzare gli oggetti, o quelli che oggi alcuni movimenti vorrebbero far diventare «beni comuni», entro confini sempre più larghi o, al limite, senza confini.

A causa del nuovo contesto globalizzato, è però molto improbabile realizzare quella comunità planetaria; perciò il percorso da seguire è la costituzione di gruppi autonomi proiettati verso il marxiano «regno della libertà» o, come sostiene Tosel nelle Tesi che chiudono il volume, verso la definizione di «istanze di riappropriazione dell’essere-in-comune». Un capitolo del libro è dedicato a Engels e alla «dialettica nella natura» a sottolineare che noi non la dominiamo in quanto ad essa estranei ma ne siamo parte, in una prospettiva non soltanto storico-materialistica, come sottolinea Vanzulli nella Prefazione, ma anche naturalistica la quale ricorda molto da vicino un altro autore di cui Tosel si è interessato, cioè Spinoza. Il processo di trasformazione del mondo deve fondarsi, perciò, secondo Tosel, su un processo di autoproduzione dell’uomo.

La prassi come attività rivoluzionaria non mira soltanto alla realizzazione di un mondo nuovo ma alla possibilità che un uomo nuovo sia alla base della trasformazione. L’origine di questo processo di realizzazione dell’uomo nuovo è in una presa di coscienza che riguarda il superamento della situazione di individualismo atomistico, e quindi di separazione sociale dell’uomo dall’altro uomo, attraverso il raggiungimento di una moralità che sia libera al punto di consentire il riconoscimento della reciprocità degli uomini attraverso la marx-engelsiana «associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti».

L’individuo non può essere considerato soltanto come soggetto unidimensionale, in quanto il vero individuo è la somma dei nessi di cui ogni soggetto entra a far parte; quindi, ben oltre l’astrattezza liberale, il terreno su cui agiscono i soggetti è costituito dai rapporti che li legano fra loro, che sono rapporti concreti («essere in comune»); la sede di questi nessi, scrive Gramsci (da Tosel molto frequentato, studiato e citato), «è la coscienza dell’uomo singolo che si concepisce non isolato ma ricco di possibilità offertegli dagli altri uomini e dalla società delle cose, di cui non può non avere una certa conoscenza». Come dire, da Gramsci a Marx (ed Engels).

LELIO LA PORTA

da il manifesto.it

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