La dissoluzione corrosiva del legame sociale

Le osservazioni che seguiranno sono dedicate a commentare due fatti molto gravi accaduti ieri e che hanno rimarcato ancora una volta la consistenza etica e culturale di alcuni componenti...

Le osservazioni che seguiranno sono dedicate a commentare due fatti molto gravi accaduti ieri e che hanno rimarcato ancora una volta la consistenza etica e culturale di alcuni componenti di questo governo.

Il primo di questi fatti riguarda il Procuratore della Repubblica di Torino e il Ministro dell’Interno: il magistrato, facendo rilevare come un inopportuno tweet del Ministro avesse inficiato una delicata operazione di polizia anti – mafia (mafia nigeriana, nella fattispecie) si è sentito replicare con un “Vai in pensione”.

Il secondo episodio concerne l’inopinata sostituzione (anticipata rispetto alla scadenza naturale) dei membri “non di diritto”del Consiglio Superiore di Sanità (tra i quali si trovavano eminenti scienziati): operazione analoga era già stata compiuta, qualche giorno avanti, con i componenti dell’Agenzia del Farmaco.

La signora ministra della Sanità ha giustificato l’operazione sostenendo come la sua intenzione fosse quella di “aprire a nuove competenze” e inoltre “ di avere necessità di disporre di pareri misurati al 100% con le sue opinioni politiche”.

A questo punto il commento più facile che viene alla mente è quello di “prove tecniche di fascismo”.

Un accostamento questo al fascismo (almeno potenziale) che ormai ricorre frequentemente in quella parte dell’opinione ormai minoritaria più avanzata e coerente sul piano della tenuta democratica.

Si avverte però qualcosa di diverso e ancora di più profondo.

Allo scopo di impostare un principio di riflessione nel merito è stato possibile prendere spunto da un testo che, almeno in apparenza, non c’entra nulla con l’argomento, almeno in origine.

E’ comparsa, infatti, sulle colonne del “Manifesto” una recensione del nuovo libro di Lelio Demichelis “La grande alienazione” (Jaca Book): recensione firmata da Benedetto Vecchi.

L’autore si misura con la grande trasformazione della “rivoluzione del silicio” affrontando, come riferimento, tre grandi figure della mitologia classica: Narciso, Pigmalione, Prometeo.

Queste tre figure rappresentano secondo l’autore rispettivamente: “L’edonismo di massa, la dissoluzione corrosiva del legame sociale in nome di un sé sempre eccedente rispetto allo stare in società”. E ancora: la contraddittoria attitudine pedagogica scandita da un’evidente propensione manipolativa e la spinta compulsiva a piegare la natura alle necessità terrene, sfidando gli dei, i depositari delle verità ultime e prime della vita, la società e gli umani”.

Su questa base si sviluppa, nel testo, una critica serrata del tecno capitalismo, ponendo in rilievo il fenomeno irreversibile della “colonizzazione” della vita privata e pubblica da parte della tecnica (con riferimento preciso, si presume, agli algoritmi che dominano ormai la scansione della nostra vita quotidiana imponendo un gran numero di scelte).

E’ evidente come i fenomeni in atto in Italia sul piano politico come quelli ricordati in epigrafe, possano essere considerati come provinciali e di secondaria importanza rispetto agli intendimenti dell’autore.

Nel testo della recensione di Vecchi, infatti, si annota un dato del tutto fondamentale: quello di mutamento d segno nel ruolo di scienza e tecnologia come manifestazione di un potere performativo della realtà.

 Ricordato come ci sia chi pensa di sostituire l’algoritmo al Parlamento, le argomentazioni appena riportate colpiscono, se poste in relazione alla situazione che si sta vivendo nel nostro paese.

Queste affermazioni colpiscono perché misurate a una degenerazione del confronto politico e della qualità nella convivenza civile intesi quali fenomeni protrattisi nel tempo e oggi giunti a una dimensione davvero inquietante.

In particolare deve essere sottolineata quest’affermazione: ” L’edonismo di massa, la dissoluzione corrosiva del legame sociale in nome di un sé sempre eccedente rispetto allo stare in società”.

Scomponendo questa frase si ottiene un’efficace fotografia dello stato di cose in atto.

Prima di tutto, nell’attualità, si nota come il sé “sempre eccedente” si è collegato in un progetto politico il cui collante è rappresentato da quello che in passato ci si è permessi di definire “individualismo competitivo”.

Appunto “l’individualismo competitivo” come progetto politico, questa è la prima annotazione da rilevare: ne deriva, infatti, l’eccesso di bramosia del potere. Una bramosia del potere che non deriva semplicemente dall’idea della “sostituzione generazionale” ma è qualcosa di ben più profondo e insidioso.

In secondo luogo “l’edonismo di massa”: troppo semplice da spiegare in relazione alla società dell’apparire e del consumismo individualistico così come tante volte era stato individuato da quei critici che avvertivano da tempo gli scricchiolii della dissoluzione sociale.

L’esito del combinato disposto tra “individualismo competitivo” (figlio del sé sempre eccedente) e “l’edonismo di massa” è proprio quella “ dissoluzione corrosiva del legame sociale”. Lo sfrangiamento della società appare essere la cifra che contraddistingue quella parte più reattiva della società politica italiana che ha individuato l’onda accumulando consensi in tempi rapidissimi.

E’ evidente come un grande contributo proprio sul piano della rapidità nell’accumulazione del consenso sia stato fornito dalla velocizzazione del messaggio comunicativo fornito dalle novità tecnologiche insorte nell’ultimo decennio.

Ci troviamo in fase dove sembra comparire l’egemonia strutturale della sovrastruttura.

Così si esaltata la bio – politica fino trasformarla in parte decisiva della dilagante “democrazia recitativa” che qualcuno intende trasformare nel nuovo ibrido teorico della cosiddetta “democrazia illiberale” nella quale proprio l’io recitante sostituisce il potere accompagnando le pulsioni primordiali di un individualismo che si esprime senza contrappesi né etici, né politici. Questi fenomeni non sono nati ieri, almeno nella situazione italiana, e sono molto diversi dal totalitarismo novecentesco.

Si ravvisano specificità provenienti direttamente dalla fase della lunga transizione italiana seguita all’implosione del sistema dei partiti verificatasi a cavallo degli anni’90 del XX secolo.

Servirebbe un progetto alternativo a questo procedere di un fenomeno che giustamente viene definito come di vera e propria alienazione di massa: in tutta sincerità all’orizzonte però di questo progetto alternativo collocato a dimensione sistemica non se ne vede che qualche pallida traccia.

FRANCO ASTENGO

6 dicembre 2018

foto tratta da Pixabay

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