Il romanzo dei Mille

Undici anni fa, Claudio Fracassi scriveva un vero e proprio romanzo storico, un saggio di come si può divulgare il passato mediante una ricostruzione meticolosa unita ad una leggera...

Undici anni fa, Claudio Fracassi scriveva un vero e proprio romanzo storico, un saggio di come si può divulgare il passato mediante una ricostruzione meticolosa unita ad una leggera prosa che consente a tutti di avvicinarsi o di approfondire un singolo evento, seppure grande, che ha segnato la nascita del nostro Paese come Stato unitario.

Il romanzo dei Mille” è per l’appunto tutto questo. Fracassi, del resto, per chi negli anni ’90 leggeva “Avvenimenti“, il settimanale dell'”altra Italia“, è noto almeno ad un pubblico adulto e consapevole di una certa visione laica, antifascista, democratica di una società molto bisognosa di una cultura diffusa, di una riappropriazione sin dalle fondamenta delle proprie origini.

Tutti i suoi libri portano il marchio distintivo di un racconto docile ma non addomesticabile, paziente ma non indulgente nella critica tanto storiografica quanto civile e politica. Leggendo ad esempio “La lunga notte di Mussolini” (edito sempre da Mursia nel 2002), si ripercorrono i fatti misurandoli davvero certosinamente entro un contesto di attualità che è il convitato di pietra dello scrittore, riproposto ad ogni pagina per non dimenticare il raffronto tra il passato che non passa e l’attualità che non si capacita di doversi ricordare quello che avvenne nel corso del ventennio fascista e della Seconda guerra mondiale.

Il viaggio è il tema del libro: l’avventura costellata dai ritratti di tanti personaggi che paiono essere usciti dalla penna di un Balzac, piuttosto che essere veramente vissuti, essersi battuti per la formazione del Paese, per la nascita di una nazione tanto antica quanto giovanissima. Il viaggio è, dunque, il protagonista che sta un passo indietro, ma che comprende tutte le descrizioni dei tratti somatici, delle vesti, dei movimenti, degli umori e i racconti delle tante trame politiche che hanno provato a scongiurare l’impresa di Garibaldi.

Il viaggio viene epigrafato fin dall’inizio, con una citazione di Kafavis sul viaggio di un Odisseo che dovrebbe non affannarsi a ritornare, bensì vivere il cammino e le rotte in tutta la loro magistrale potenza. Letteralmente: maestre di vita, di un nuovo essere presente a sé stesso nell’oggi per guardare a quel domani che fa invece dire a Tacito: «Ulteriora mirari, presentia sequi».

Poi si comincia con il racconto. Garibaldi è a Genova in quel momento, a Villa Spinola, quando arriva un telegramma da Malta: parla dell’insurrezione in Sicilia, di Rosalino Pilo e di una disfatta che è una doccia gelata per i piani del generale che sono parecchio ambiziosi. Vuole raccogliere volontari per sbarcare da qualche parte intorno a Palermo, puntare sul capoluogo, sollevare le popolazioni che fermentano contro il governo borbonico e passare lo stretto per risalire la penisola fino a Roma e farla finita, una volta per tutte, con le frontiere che dividono il Paese, con il Borbone e con quel Pio IX e il suo governo dei preti sostenuto da mezza Europa di teste coronate.

Fracassi, come ovvio, dà per scontato che il lettore conosca alcuni antefatti, almeno i più famosi, non fosse altro i nozionismi scolastici che, nonostante non siano tanto detestati, possono venire utili come in questo caso. La narrazione della Spedizione dei Mille nel libro si ferma alla presa di Palermo e, nelle appendici, offre una cronologia sommaria per seguire il prosieguo degli accadimenti cruciali del 1860 in Italia.

E’ una scelta precisa, perché questa non è la storia militare o politica dell’impresa garibaldina. E’ un romanzo che fa parlare i protagonisti: Garibaldi, Bixio, i Mille stessi. Le voci di molti di loro sono distinguibili nelle tante citazioni che corredano il racconto e lo fanno diventare un documentario, un diario del giorno per giorno, da Quarto a Palermo.

Per arrivare al Volturno si può sempre fare riferimento a Giuseppe Cesare Abba o ad Alexandre Dumas che ne hanno scritto molto dettagliatamente, in quanto testimoni in prima persona di quello che avvenne nella Sicilia dei gattopardi e nel resto del Regno delle Due Sicilie.

Claudio Fracassi da, dunque, una scelta chiara: calare il lettore in una parte di quel viaggio che inizia con due piroscafi della Rubattino, con un migliaio di uomini (e una donna, l’amante di Crispi) male armati e pieni di sogni, e che finirà con la battaglia difensiva sul fiume che sbarra la strada della riconquista di Napoli per Franceschiello. Forse è la parte più avvincente, perché la risalita del meridione fino a Salerno è quasi scontata, rituale. Per niente scontato, invece, è il passaggio dalle coste siciliane a quelle calabresi.

Un bel romanzo come questo avrebbe meritato un seguito, per completare la storia della conquista dell’isola da parte delle camicie rosse, descrivere la grande battaglia di Milazzo e il mese di indecisione che intercorse prima di un altro telegramma che Garibaldi spedì a Vittorio Emanuele II e in cui si avvertiva il re della impossibilità di fermare la spedizione, della necessità davanti alla Storia, all’Italia e al mondo intero (qui l’enfasi del generale si sente tutta) di arrivare a Napoli, di puntare su Roma.

Sarebbe interessante leggere quella seconda parte del “romanzo dei Mille“, scoprirla dall’interpretazione scrittoria di Fracassi, ascoltando ancora le voci dei volontari, quelle dalle gente del luogo e per qualche istante fare finta di non essere nel 2021 ma nella calda estate di un 1860 in cui le cancellerie europee tremarono un poco, gli inglesi si fregarono le mani e Napoleone III dovette mettersi a protezione di ciò che rimaneva della vergogna civile d’Europa: lo Stato della Chiesa.

Ma questa è un’altra storia, che Claudio Fracassi ha raccontato in un altro libro e che sarà uno dei prossimi ad essere messo nella “biblioteca del mercoledì“.

IL ROMANZO DEI MILLE
CLAUDIO FRACASSI, MURSIA, 2010
€ 18,05

MARCO SFERINI

25 agosto 2021

foto: R. Legat, “La battaglia di Calatafimi”, da Wikipedia

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