I postini scioperano: “L’azienda fa utili miliardari ma taglia l’occupazione”

Lavoro perduto. Lo sciopero dei sindacati di base di Poste Italiane fa presa soprattutto nel settore del recapito, il più penalizzato dal piano industriale Deliver 2022, che porterà a un saldo negativo dell'occupazione di 10mila unità. "L'azienda fa utili miliardari e le azioni salgono, mentre si colpisce il lavoro"

E’ riuscito lo sciopero nazionale indetto dai sindacati di base di Poste Italiane, arrivato al termine di un mese di agitazione, con il blocco degli straordinari e delle prestazioni aggiuntive. Specialmente nel settore del recapito, quello più colpito dal piano industriale Deliver 2022, la mobilitazione ha portato a disservizi da un capo all’altro della penisola, mentre alcune centinaia di lavoratori e lavoratrici manifestavano a Roma, davanti al quartier generale dell’azienda in viale Europa.

“Ancora non abbiamo percentuali precise sull’adesione allo sciopero – spiega Edoardo Todaro di Cobas Poste – ma sappiamo già che c’è stata una buona risposta. Anche perché in azienda tutti hanno letto le interviste dell’amministratore delegato Del Fante in cui si vantano gli aumenti degli utili nel 2018, e una ulteriore crescita prevista per quest’anno. Mentre al tempo stesso si sta consumando il più drastico taglio occupazionale mai avvenuto nelle Poste”.

Le parole dell’ormai storico sindacalista di base, portalettere con 35 anni di servizio, sono confermate dai numeri: dopo un 2018 chiuso con un utile quasi raddoppiato a 1,4 miliardi di euro, gli azionisti di Poste hanno approvato la distribuzione di un dividendo di 44,1 centesimi, in crescita del 5% rispetto all’anno scorso. E chi lo scorso anno ha investito nelle azioni dell’azienda, una spa a larga maggioranza pubblica, ha visto salire il titolo da 7,30 euro a quasi 9 euro, mentre sono state pagate 370 milioni di cedole al Tesoro e alla Cassa depositi e prestiti.

In parallelo, il piano industriale Deliver 2022 prevede sì alcune migliaia di assunzioni. Ma pensionati e prepensionati saranno tre volte tanto i nuovi assunti, e circa 5 mila attuali portalettere diventeranno addetti allo sportello. Effetto diretto della decisione, discussa e contestata dai sindacati di base, di consegnare la posta a giorni alterni, comprese le bollette e le tasse comunali come quella sui rifiuti. Un fatto che continua a provocare problemi nei centri di smistamento, e proteste dei sindaci, degli utenti e delle associazioni, specialmente nei paesi più piccoli e nelle zone più lontane dai capoluoghi.

Nel presentare lo scorso marzo il bilancio 2018, i vertici di Poste hanno evidenziato l’incremento dei ricavi e del risultato operativo, e hanno sottolineato la solidità patrimoniale dell’azienda. Puntualizzando che, fra i settori strategici, solo quello del recapito mostra segni di sofferenza in termini di guadagni (-1,4), fattore peraltro compensato dalle maggiori entrate sul fronte della consegna di pacchi, e di tutto quello che è collegato alla distribuzione e-commerce.

“Visti i guadagni dell’azienda – tira le somme Edoardo Todaro – davvero non capiamo perché si va avanti nella decisione di penalizzare il recapito. Un’azienda sana come Poste dovrebbe, al contrario, investire maggiormente nei settori dove ci sono minori guadagni, anche a causa di decisioni come quella del ‘giorni alterni’. Per giunta, in un paese dove disoccupazione e precarietà sono considerati una emergenza nazionale, si fa finta di nulla di fronte al fatto che, nel complesso, circa 10mila posti di lavoro andranno perduti”.

RICCARDO CHIARI

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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