Addio a Libero De Rienzo, talento eccentrico del nostro cinema

A 44 anni è morto a Roma l'attore di origini napoletane, interprete eclettico e incisivo. Era innamorato di Procida, lascia moglie (la costumista e scenografa Marcella Mosca) e due figli piccoli

Il piccolo mondo del cinema è stato investito da una notizia triste e imprevedibile. Libero De Rienzo è stato trovato senza vita a causa di un infarto che lo ha portato via a 44 anni. E di quel piccolo mondo Libero, detto Picchio, ha fatto parte, da sempre. Era nato a Napoli ma si era trasferito a Roma con la famiglia quando aveva solo due anni. Al seguito del padre Fiore De Rienzo è entrato in contatto con il mondo del cinema e dello spettacolo. Babbo Fiore è stato infatti aiuto di Citto Maselli, anche se poi il lavoro che lo ha fatto conoscere è stato televisivo, come collaboratore e per un periodo anche conduttore di Chi l’ha visto? sin dalla prima puntata nell’ormai lontano 1989.

Libero invece ha esordito nel cinema in Asini di Antonello Grimaldi nei panni di un giovane prete. Non un grande successo, ma un inizio. Seguito da un paio di apparizioni: sciupafemmine in La via degli angeli di Pupi Avati e figlio di Laura Betti nel tragico A mia sorella! di Catherine Breillat.

Il successo era in agguato e stava per arrivare con Marco Ponti regista di Santa Maradona, film debordante di riferimenti, a partire dal titolo preso in prestito da Manu Chao. Il suo personaggio è Bart, nome per esteso Bartolomeo Vanzetti, altro omaggio, anche se questo Bart è un irresistibile cazzaro che sforna battute a raffica, rimedia qualche soldo copiando critiche letterarie di libri che non ha mai letto, ma è di una simpatia contagiosa. Talmente contagiosa che gli viene dato il David di Donatello come miglior attore non protagonista.

Libero è stato un’autentica forza della natura. Da quel momento in poi ha girato ancora una trentina di film. Andata e ritorno ancora con Ponti accanto a Vanessa Incontrada, poi il suo debutto anche come regista con Sangue, la morte non esiste. Una storia forte, prepotente, malata con un retrogusto lisergico e incestuoso affidata a Elio Germano e Emanuela Barilozzi (Libero appare anche come interprete di un personaggio che parla solo spagnolo).

Un’ambizione notevole, con scelte anche stilisticamente eccessive, al punto che questo lavoro è rimasta l’unica prova registica di De Rienzo. Ma con la sua faccia sfrontata e la battuta pronta detta con voce un po’ nasale, Libero mica poteva farsi imbrigliare.

Solo un paio d’anni di «confino» televisivo prima di tornare alla grande al cinema. Questa volta è Marco Risi a offrire uno dei personaggi più importanti della nostra storia giornalistica prima che cinematografica: Giancarlo Siani. De Rienzo ha interpretato il giovane cronista del Mattino ucciso dalla camorra in Fortapàsc. E qui la critica migliore gli è venuta da Paolo Siani, fratello di Giancarlo, che è diventato anche suo amico. Sono storie che lasciano il segno prima ancora che al cinema nelle coscienze.

Dopo qualche anno, l’interpretazione di un altro Bartolomeo ha consegnato una nuova ottima prova di Libero, si è trattato di Smetto quando voglio di Sydney Sibilia, nel suo film d’esordio, seguito poi da un paio d’altri episodi. Commedia a tratti irresistibile su un gruppo di giovani laureati senza prospettive che sfruttano il loro talento e il loro sapere per farsi largo negli spazi creati nelle falle del mondo della droga.

Nel suo percorso di attore oltre a Sibilia ha ritrovato Marco Ponti e Antonello Grimaldi, ha incrociato David Grieco e Guido Chiesa, a riprova di un talento eccentrico ma cristallino.

De Rienzo è stato sposato con Marcella Mosca, scenografa e costumista che trova le sue radici a Procida, dove Libero andava in vacanza da bimbo. E sull’isola la coppia (con due figli di due e sei anni) ha acquistato una casetta. Una frequentazione della piccola isola che ha portato Libero a realizzare il festival «Arthetica» nel cortile del palazzo D’Avalos, ex penitenziario di Procida, dando il suo contributo anche alla scelta dell’isola come Capitale della Cultura nel 2022. Peccato che Picchio non potrà esserci.

ANTONELLO CATACCHIO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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