La legittimità della contestazione

Proviamo ad articolare meglio alcune questioni a partire da una premessa: in Europa stiamo vivendo in una società mediatizzata nella quale i governi non esitano a servirsi delle forze...

Proviamo ad articolare meglio alcune questioni a partire da una premessa: in Europa stiamo vivendo in una società mediatizzata nella quale i governi non esitano a servirsi delle forze di estrema destra, dando loro un grandissimo spazio nei mezzi d’informazione, al fine di garantire ad esse quei consensi che, altrimenti, rischierebbero di finire a forze di sinistra le quali, come Syriza e Podemos, potrebbero di mettere in discussione il “pilota automatico” dell’economia e della finanza. Come è già accaduto nella storia, dunque, le borghesie non esitano sacrificare la democrazia quando si tratta di difendere i profitti, ragion per cui meglio per loro è un Mussolini che cento Matteotti.
In questo modo si spiega perché personaggi come la Le Pen in Francia o Salvini in Italia godano di spazi che neppure i partiti liberali hanno: alle classi dominanti serve un popolo diviso, xenofobo, scoscientizzato, da manovrare e dunque serve che una fetta di questo popolo voti per forze reazionarie e populiste di fronte a cui i governi ultraliberali appaiono come “barriera”, “voto utile” ecc: due piccioni con una fava.
Detto questo, nasce una domanda: è lecito in una Repubblica contestare durissimamente i nemici della Repubblica stessa, ossia coloro i quali ne mettono in discussione i paradigmi di libertà, eguaglianza e fraternità su cui si regge il costituzionalismo moderno? La risposta è sì, dati i precedenti storici che mostrano come le forze reazionarie, usando i poteri che, a loro volta, le usano, nei momenti di crisi possono con facilità prendere il potere.
A questo punto, ritengo però lecita anche l’obiezione di chi dice: così facendo, questi personaggi vengono trasformati in “vittime” , rischiando così di fare ulteriormente aumentare i loro consensi. Obiezione giusta ma che, a mio parere, non tiene conto del fatto che i rischi di una loro diretta presa di potere sono assai superiori alla POSSIBILITA’ che le azioni contro di loro suscitino un discredito che è tutto da dimostrare, mentre dimostrata ampiamente è la loro pericolosità.
Se dunque è non solo lecito, ma anche doveroso che un repubblicano contesti radicalmente i nemici della repubblica, l’altra domanda è: come far sì che le contestazioni ai nemici della Repubblica ottengano un consenso di massa entro un contesto di qualunquismo generalizzato e di dominio mediatico ed istituzionale talmente pervasivo da far dire a molti che siamo già oltre le democrazia?
E’ qui, a mio parere, che occorre soffermarsi, e non sulla condanna moralistica delle azioni dei più radicali, i quali, sovente, non sono che i più consapevoli, consapevoli del fatto che la lotta radicale contro le forze reazionarie non è contrapposta ad una battaglia culturale per l’egemonia di massa, al contrario, esse sono le due gambe del cammino della democrazia progressiva intesa come allargamento dei diritti civili, culturali, sociali e ambientali di un popolo. Altrimenti, come diceva Malcolm X, finiremo per confondere vittime e carnefici, facendo il gioco di questi ultimi i quali prima vengono fermati,  meglio è per tutti.

ENNIO CIRNIGLIARO

redazionale

foto tratta da Pixabay

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