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Marco Sferini

Come siete buoni voi, come son cattivo io

C’è un rumore di fondo nella vicenda terribile del terremoto che ha colpito il centro, il cuore dell’Italia. E’ un rumore sordo, ritmicamente martellante e che si ripete ogni qual volta si apre Facebook o si legge su Twitter un commento breve, un appello, un cinguettio trasformatosi in un chiù.
E’ il rumore della solidarietà assoluta, della propensione spasmodica, incessante, repentina e subitane, quasi irriflessiva, che vuole intervenire con una velocità irritante nel portare aiuto ai terremotati. Irritante “perché”? si domanderà qualcuno.
Perché si fa sentire come espressione di una gara al “chi è il più buono” e a chi lo è nel minor tempo possibile. Così non si aspetta nemmeno che sia crollato l’ultimo calcinaccio e che si possa dare il via ad una coordinata serie di iniziative nazionali per una ordinata raccolta di generi di prima necessità o soldi che servano, appunto, a confortare i primi istanti dell’inizio di una nuova vita per le popolazioni dell’Umbria, del Lazio, delle Marche e dell’Abruzzo che ora sopravvivono ai loro lutti morali e materiali nelle tende da campo dell’esercito e della Protezione civile.
Questa sarebbe l’Italia che ha cuore? Questa a me sembra molto l’Italia dell’ipocrisia, della voglia di mostrarsi solidale e generoso per fare le foto delle merci raccolte e pubblicarle su Facebook: ecco, guardate quanto siamo stati bravi; guardate quanta roba abbiamo raccolto. C’è sempre una volontà di apparire che i “social network” hanno alimentato in questi anni nel nostro modo di comunicare e anche di essere.
Ancora una volta ci siamo lasciati trasformare da un artificio concepito per singoli e per comunità. Non siamo più capaci di parlare con calma, di aspettare che esista la costruzione comune di un cammino che coinvolga istituzioni e comunità insieme.
La velocità frenetica internettiana ha preso il sopravvento e l’edonismo suggerito da Facebook e Twitter, che permette di esprimere qualunque pensiero, foto o momento della nostra vita in diretta addirittura, mostrando a tutti le nostre virtù e confessando i nostri sbagli, ha invaso anche il campo dei sentimenti più nobili, proprio come la generosità gratuita, priva di riscontro, silenziosa, che non cerca e non vuole citazione, riscontro, segnatura da nessuna parte.
Il rumore assordante dell’ipocrisia ritorna: vi sentite più buoni di altri come me ora? Di altri come me che hanno scelto di non mettere nessun appello su Facebook riguardo al terremoto e agli aiuti.
Basta poco per far sentire gli altri da voi più cattivi e basta davvero molto poco per aiutarvi, nella miseria interiore del resto dell’anno che vivete nell’indifferenza di molte, troppe cose che vi accadono intorno, a sentirvi, per pochi giorni, degli eroi. E il paese che ha bisogno di eroi come voi è davvero un paese sfortunatamente disgraziato.

MARCO SFERINI

27 agosto 2016

foto tratta da Pixabay

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