Tragedia umana, di governo e indignazione a tempo

Quanto è rimarchevole la compostezza istituzionale quando si fa silenzio sulle tragedie. Per rispetto dei morti. Per condoglianze verso i vivi. E quanto rimarchevole è il galateo delle nostre...

Quanto è rimarchevole la compostezza istituzionale quando si fa silenzio sulle tragedie. Per rispetto dei morti. Per condoglianze verso i vivi.

E quanto rimarchevole è il galateo delle nostre rappresentanze nei palazzi romani quando diviene invece veemenza, voglia di precisare, di affermare con quella puntigliosa certezza che sì, in fondo la colpa magari è anche dei governi e degli Stati se tutti ‘sti migranti cercano di traversare le onde del mare, ma… suvvia… in fondo pure loro se la cercano.

Dovrebbero partire in condizioni di sicurezza, non fare gli avventurieri del 2023 dal Medio Oriente sepolto dalle guerre e dai petroldollari: mica sono Marco Polo e nemmeno sono Indiana Jones.

Li deve scusare, signor ministro: sono alle loro prime ed ultime traversate. E’ ciò che gliene viene per non essersi garantiti un passaporto che passasse davvero tutti i porti, che li rendesse agevoli e non invisibili oltre le onde del Mediterraneo. Spietate procelle che investono le imbarcazioni miserrime di spregevoli trafficanti di esseri umani.

Di questo almeno, signor ministro, non gliene faccia una colpa. I parenti ce gli sceglie Domeniddio e gli amici (si fa per dire…) ce li regala la sorte. O le rotte disumane di umani che traversano i campi minati, sorpassano le macerie dei terremoti, vengono fermati ai Dardanelli, sulle coste di una Turchia che sempre meno è l’antica Sublime Porta.

Porta verso dove? Dove porta? Da nessuna parte. L’Europa l’ha pagata per trattenere i disperati della Terra, per non farli entrare tutti, proprio tutti nel modernissimo, vetrineamente agiato, ricchissimo mondo occidentale.

I valori cristiani e giudaici, chiamati a sopperire le deficienze inculturali di tanti deputati e senatori che dichiarano a sproposito da mane a sera, sono sempre lì, pronti per essere adoperati come grimaldello revisionistico di una Storia a cui possiamo togliere la maiuscola: quando mai Cristianesimo e Giudaismo si sono complementati a tal punto da regalare all’Europa carlomagnesca un futuro comune?

Sacro e Romano e Impero pure Germanico. Mille anni di una costruzione che era diventato tra il ‘400 e il ‘600 la fortezza dell’Europa cristiana. Ma non giudea. Allora il pericolo erano gli ottomani.

Adesso di mani ne bastano due: quelle degli scafisti che fanno salire sui catorci cartocciati che osano chiamare barche bambini, donne, uomini, anziani di qualunque età. Lo sappiamo: partono per disperazione, per paura, perché lì dove erano c’è il nulla. Fame, carestie, miserie diffuse, depredazioni imperialiste su cui si fonda la nostra ricchezza e, quindi, guerre e intromissioni di ogni tipo, hanno cancellato le loro famiglie, le loro esistenze, le loro terre.

Il colonialismo di ritorno, che si unisce al liberismo spuntato globalmente dagli anni fracassosi della rivolta operaia e proletaria, regala alle grandi potenze sogni di gloria; ai capitalisti e ai finanzieri, agli speculatori e ai trafficanti di droga e di armi tutto il resto. Profitti e privilegi su tappeti di sangue e acque intrise di rosso fin nel profondo.

La colpa è dell’Europa che non ci aiuta! Tuonano dalle parti di Chigi. I palazzi dei principi romani risuonano di echi che hanno il mono tono del giustificazionismo peloso: eh certo che Bruxelles, Strasburgo e Francoforte ne hanno di responsabilità. Ma ne hanno pure tutti coloro che hanno stipulato trattati per far rimanere i migranti in loco, sapendo di condannarli a sofferenze, torture e, per molti, morte certa.

Eh certo che l’Europa ne ha di colpe. Ma non ne hanno forse, bianco, giallo, nero e mezzo rosso, i governi italiani che hanno preferito ostacolare le Ong piuttosto che sostenerle nelle operazioni di ricerca e salvataggio secondo il Codice del Mare?

Chi è senza colpa, peccato, fate come volete, scagli non la prima pietra, ma più modestamente il proprio significato morale, politico, sociale in tutta questa epopea delle trasmigrazioni.

Pare che le scopriamo oggi. Anzi, sì, se ci limitiamo a studiare la Storia come se fosse una raccolta di figure nozionistiche, di personaggetti e di date, se investiamo miliardi di euro nelle spese militari mentre le aule e i programmi, il personale e gli insegnanti vanno letteralmente a pezzi.

Poi, ovvio, che ci pare che nel corso di duemila anni e più di occidentalis karma, di essere all’inizio di tutto. Panta rei, tutto scorre, tutto si trasforma, tutto in fondo ricomincia. Perché le grandi questioni dei tempi non si sono mai risolte. La storia di ogni società fin’ora esistita, piaccia o no ai detrattori del Moro, è storia di lotte fra le classi sociali (ed antisociali).

Ricchi e poveri, oltre le note di Sanremo, fino alle piccole bare bianche, dove il candore si mescola al dolore, dove le parole sono tutte vuote, perché piene sono le fosse, tracima lo scarico di responsabilità dal governo a Frontex, e nemmeno si sa quando al Parlamento il ministro renderà conto.

Sessanta, settanta morti tra mezzo milione di richieste di asilo, papiri ingialliti dal salino che corrode tutto e disinfetta. Ma imperturbabile è la catena di comando, mentre una capitaneria di porto dichiara: “potevano essere salvati“. O voce dal sen fuggita… Tenteranno la minimizzazione.

Smarcarsi da piccoli statisti di una improvvisata classe dirigente: “Pronti!” era l’imperativo categorico da campagna elettorale. Ma nemmeno per gestire un condominio, verrebbe da chiosare impietosamente.

Che ne è stato di tutti i blocchi navali esagitati nei comizi e davanti alle telecamere dei salottini dove le voci si sovrappongono, gli applausi si consumano e non si capisce quasi mai nulla? Che ne è stato del paventare addirittura degli interventi pseudo-militari nostri in territorio libico per fermare gli scafisti?

Intanto che se ne discute, le tragedie evitabili ci si stagliano all’orizzonte prossimo del mare sulle nostre coste. Interrogano una coscienza nazionale che si spacca a metà (o quasi) e che, da un lato fa riconsiderare un certo ottimismo per una cultura solidale, sociale ed umana che può contare anche (e soprattutto) sulle parole del papa; dall’altro lato, invece, c’è una ridda di giustificazionismi nel migliore dei casi, di rimbrotti e bofonchi nel peggiore.

Un serio dibattito tra le parti è impossibile: è una Italia che deve ancora fare la scuola primaria quella che, analfabeticamente, si espone in diatribe da bar, con tutto il rispetto per le discussioni che si fanno al mattino mentre si consumano brioche e cappuccino.

E’ un Paese solcato da indigenza crescente, disagio singolo e collettivo, masturbazione mentale costante su tante piccolissime cose di pessimissimo gusto. Facezie, inezie: colore della pelle, razza, etnia, donna, uomo, sesso, bisex, trans, genere fluido. Tutto dentro al pressapochismo di un liquidazionismo ipocrita che pretende di mostrare ora, ipocritamente, cordoglio per le vittime di Cutro.

Tutto il resto è noia, e certo che no, non hai detto proprio per niente “gioia“. Poi, seguendo le titolazioni dei grandi siti dei grandissimi quotidiani nazionali, ci appassioneremo all’evento di turno, scordando che le tragedie restano tragedie. Perché non siamo fatti per assimilare tutto e continuare a viverlo giorno dopo giorno.

Dobbiamo mettere da parte per far spazio ad altro. Sarebbe un’operazione chimicamente naturale, cerebralmente accertata dalla scienza: conscio, inconscio, memoria, ricordi, sedimenti per l’oggi e per il domani, humus culturale e sociale che rimane in noi e ci aiuta a fortificare l’esperienza.

Magari fosse così: invece dimentichiamo, in particolare se il ricordo ci è doloroso, sviluppa sensi di colpa, ci costringe a movimentare la rotella dentata dell’autocoscienza, del riprenderci in esame.

Non è soltanto una psicologia spicciola dell’italiano medio di oggi, del tempo meloniano delle destre-centro al governo del Paese. E’ un comportamento comune, molto comune: quasi una psicosi collettiva. Vivere brevemente i problemi che ci si presentano, commentarli a dismisura sui social, sentirsi appagati da tutto questo perché “si ha un’opinione” e poi obliare.

Intanto il ministro resta al suo posto, le incoscienze di ognuno e di tutti anche, le tante coscienze critiche etichettate come fenomeni di buonismo e di apostasia di una italianità da far primeggiare sempre e comunque, e mentre spuntano le indagini su bresciano nella prima, tremenda fase della Covid-19, possiamo iniziare a passare ad altro: girate pagina.

Lo dicono i social e la tv. Intanto, dei nomi sulle bare bianche e su tante altre bare marroni non c’è nemmeno l’ombra: morire nel più completo buio del mondo. Che non ti riconosce, che non ti conosce, che non saprà mai chi eri e chi sei fino a quel momento stato…

MARCO SFERINI

2 marzo 2023

foto: screenshot tv

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