Pagheremo care, pagheremo tutte le “aperture” del governo…

Mario Draghi e il suo governo calcolano e rischiano. Rischiano soprattutto di gettarci nella quarta ondata della pandemia in piena estate, perché oggi deve prevalere il primato dell’economia sulla...

Mario Draghi e il suo governo calcolano e rischiano. Rischiano soprattutto di gettarci nella quarta ondata della pandemia in piena estate, perché oggi deve prevalere il primato dell’economia sulla salute, nonostante le parole degli esponenti di governo (compreso il ministro Roberto Speranza) siano necessariamente tutte dirette ad una comunicazione rassicurante proprio su quello che i dati dicono.

Dipende, naturalmente, come vengono interpretati i dati e, soprattutto, quali dati. Perché la situazione attuale e quella di alcune settimane fa, quando ci trovavamo un po’ tutti ancora in zona rossa, era già tale da rendere del tutto evidente il tasso di stanchezza degli italiani nei confronti delle restrizioni e la disattesa delle medesime almeno durante il giorno, soprattutto se le prime giornate di primavera si mostravano tiepide e soleggiate.

A chi non viene voglia di fare una bella passeggiata in montagna o in riva al mare, di prendere una bicicletta e pedalare volendo vivere così, col sole in faccia – come cantava allegramente una vecchia canzone – dimenticando per un attimo il virus, la pandemia, la mascherina. Respirare, poterlo fare senza la barriera claustrofobica che mettiamo sul viso ormai dal marzo del 2020 e che porteremo ancora per molto…

Poter vivere il fine settimana almeno, il sabato e la domenica, quasi in piena libertà. Ancora in zona rossa, per i parchi di tutta Italia la gente ha camminato, ha lasciato liberi i bambini di giocare, adottando inconsciamente una giustificazione del tutto naturale e palese: l’esasperazione mitigata per qualche ora. Niente di più, niente di meno.

Tutto ciò è altamente comprensibile, umano, sociale, rientra nel desiderio di riprendersi l’ossigeno che ci pare rubato, sottratto indebitamente ai nostri polmoni, al sangue che circola nel nostro cervello, alla forza del nostro essere, al nostro corpo nella sua interezza. La fame d’aria però è solo apparentemente la nostra, quella di chi non è nelle terapie intensive, di chi – nonostante le restrizioni – vive e sopravvive fuori dai caschi che precedono le intubazioni.

La fame d’aria è negli ospedali, dove i medici vedono morire ancora oltre 300 persona ogni giorno, in Italia. Perché ad esempio in Brasile la situazione è fuori da ogni tipo di controllo e da ogni possibile immaginazione: 67.000 casi in un giorno, quasi 7.000 morti ogni ventiquattro ore, centinaia di bambini falcidiati dal virus e mancanza di anestetici per eseguire tracheotomie e intubazioni più invasive. Dolore che si somma ad altro dolore, per la criminale inefficienza politica di una amministrazione governativa che desta scandalo e preoccupazione un po’ ovunque nel mondo: persino negli ambienti di destra, notoriamente vicini a Bolsonaro.

L’Italia, che probabilmente si considera presuntuosamente più civile e moderna del Brasile, non è guidata da dichiarati negazionisti. Tutt’altro. Il pragmatismo regna sovrano dentro Palazzo Chigi. Ma l’impressione è che né un governo classicamente espressione di una politica voluta dai cittadini mediante il voto, né un pallottoliere multicolore come quello innervato dal liberismo spinto dell’esecutivo Draghi, possa dare una risposta alle ragioni delle proteste dei giorni scorsi se non facendo quello che gli è più congeniale: anteporre le ragioni economiche del ceto medio e delle grandi imprese a quelle della salute pubblica.

Il circuito virtuoso di una economia ridotta ai minimi termini alla base della domanda, quella vasta dei ceti più popolari e indigenti, dovrebbe invece ripartire tramite finanziamenti alle imprese, sbloccando il divieto di licenziamento facendo finta che oltre 40 miliardi di salari non siano stati letteralmente bruciati dalla crisi più imprevista della storia recente nel brevissimo tempo di un anno, il terribile 2020.

Il governo Draghi riapre anticipatamente attività che sono in sofferenza e che andavano trattate differentemente fin dal principio. Così come un trattamento molto diverso da quello messo in campo andava riservato alla scuola pubblica: 8 milioni e mezzo di studenti da domani si riverseranno nelle strade, sui mezzi pubblici e in aule di istituti del tutto impreparati ad una accelerazione che prende in contropiede chiunque. Per prima la campagna vaccinale di cui si tenta di mostrare un timido recupero nei numeri delle ultime 24 ore, ma che rimane ben al di sotto delle promesse demagogiche riguardanti il mezzo milione di vaccinazioni al giorno.

Il “rischio calcolato” enunciato da Draghi, con tutte la pianificazione delle aperture conseguenti, è stato definito da scienziati come Andrea Crisanti «una stupidaggine epocale» che rischia di mettere una ipoteca pesante proprio sul periodo estivo ed aumentare ancora di più la stridente contraddizione frustrante tra restrizioni necessarie e periodo di vacanze. E’ una valutazione condivisibile, proprio alla luce di quei dati che vengono costantemente aggiornati ma che non garantiscono da un lato una protezione alla maggior parte della popolazione anziana e fragile e dall’altro nemmeno a quella che dovrebbe essere meno esposta ai rischi maggiori dell’infezione, perché giovane e reagente in modo opposto ad un fisico indebolito dall’età e dalle patologie crescenti.

Vince la spinta economica, vince la protesta non di piazza ma dei piazzisti del mercato, di quei ristoratori che – pur avendo fatturato un milione di euro in pre-pandemia e avendo confessato ai microfoni delle radio di aver fatto parte pure loro di quel costume tutto italiano dell’evasione “tollerata” del 10% sui guadagni totali (ormai sembra diventata una norma non scritta, una consuetudine…) – minacciano la protesta pacifica, l’assedio pacifico del Parlamento. Salvo poi trascinare per le vie di Roma poche centinaia di esagitati a cui si sommano i neofascisti sempre pronti a scaldare gli animi con la rabbia indiscriminata, priva di qualunque aderenza con una critica ragionata (un esercizio davvero impossibile per i sovranisti moderni).

Checché ne dica Draghi, checché si affretti a discuterne Speranza, l’annunciata riapertura “graduale” e “irreversibile” (Sileri dixit) rischia di essere quasi peggiore della mancata zona rossa nei comuni della bergamasca nella prima ondata pandemica a cavallo tra marzo e maggio dello scorso anno. Sarebbe davvero increscioso dover fare la classifica delle gravi inadempienze dei governi, soprattutto se guidati da adorati “salvatori della Patria“: ci aspettavamo che l’economia venisse privilegiata rispetto ai necessari interventi sociali che avrebbero evitato tutta una serie di disagi sociali veramente molto vasti, visto che la povertà cresce, la precarietà e il costo della vita anche. Ma era logico pensare che una certa compensazione sarebbe stata trovata: magari non proprio giusta… Diciamo decente…

Invece, a partire dalla campagna vaccinale europea per finire a quella tutta italiana, il segno costante che ha contraddistinto ogni azione istituzionale è stato quello della tutela degli interessi privati a scapito del benessere sociale, con al primo posto ovviamente la sanità pubblica. I frutti amari del revisionismo (in)costituzionale del recente passato hanno giocato a favore di tanti particolarismi che hanno esacerbato le differenze in chiave nettamente negativa e hanno acuito le problematiche facendole divenire vere e proprie discriminazioni antisociali.

Il capitalismo europeo e quello italiano, il sistema economico in cui viviamo (ma in cui non siamo obbligati a vivere: esiste sempre la possibilità che un giorno qualche rivoluzione lo spazzi via…), hanno completamente fallito nell’organizzazione di un fronte antipandemico, di una risposta efficiente all’avanzata prepotente del virus che ha piegato le certezze più granitiche dell’economia mondiale e che ha ridotto la visione moderna dell’espansione globalista del liberismo a dover fare i conti con una rapida controffensiva, cambiando sul tamburo battente le regole “rigidissime” dei prestiti europei.

Il fallimento del mondo imprenditoriale e finanziario è totale. Sarebbe, se vogliamo, l’ennesima dimostrazione che questo non è il migliore dei mondi possibili. E’ il peggiore. La quarta ondata pandemica (che qualche divinità inesistente ce ne scampi!) arriverà presto se ci adegueremo senza far niente alle politiche sprovvedute del governo.

MARCO SFERINI

18 aprile 2021

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