Il necessario ritorno della vergogna per fascisti e nazisti moderni

Ciò che sconcerta sono le domande: “Posso avere la mia opinione? Posso pensare che Hitler fu un grande statista, che protesse l’Europa e fece grande la Germania?“. Oppure: “Posso...
Una manifestazione contro i neonazisti a Dresda, nell'Est della Germania

Ciò che sconcerta sono le domande: “Posso avere la mia opinione? Posso pensare che Hitler fu un grande statista, che protesse l’Europa e fece grande la Germania?“. Oppure: “Posso avere il diritto di ritenere che gli ebrei siano la causa dei mali di questo mondo?“. E via di seguito.

Le domande di coloro che si richiamano al nazismo e al fascismo vorrebbero avere un qualche carattere retorico, affidarsi ad una certa idea della libertà di espressione garantita da quella Costituzione che loro disprezzano ma che invocano quando si tratta di vedere garantito loro un diritto. In questo caso quello di libertà di espressione.

I neonazisti e neofascisti di oggi, dunque, utilizzano – come del resto fecero i nazisti nel 1929 e negli anni seguenti – il sistema democratico, liberale e borghese, per far avanzare i loro precetti di intolleranza, di disprezzo, per far emergere in un contesto di “legittimità” tutti quei pregiudizi sessisti, omofobi, razziali e xenofobi, nonché l’individuazione dei soggetti che, a loro dire, sono la causa del “disordine morale” della società.

Si val dal sostenere luoghi comuni e falsità storiche (come le trite e ritrite asserzioni sullo stato-sociale creato da Mussolini) fino a rivendicare le leggi razziali come avvicinamento ad una sempre maggiore consapevolezza del “problema ebraico“.

Non c’è vergogna che tenga, anzi, c’è spazio per rivendicare un orgoglio fondato sul concetti espressi nei “Mein kampf“, pilastro dell’ideologia totalitaria nazista. Vediamone alcuni. Scrive Adolf Hitler:

Come in natura il più forte sopravvive mentre il più debole soccombe, così la razza ariana deve dominare la Terra, eliminando o riducendo in schiavitù le ‘sottospecie’ umane: ebrei, negri, slavi e altri“.

Non ci sarà posto [nella società nuova, ndr.] per altre concezioni, solo quella nazionalsocialista avrà diritto di esistere. Niente parlamentarismi o decisioni di maggioranza, un uomo solo avrà il diritto di comandare: il Führer della Nazione!”.

Basterebbero già queste frasi per descrivere il delirio nazista, la megalomania di Hitler e le conseguenze cui ha portato la presa del potere da parte dei fascisti in Italia prima e dei nazionalsocialisti in Germania poi: l’intera Europa è stata distrutta dalla guerra che doveva creare lo “spazio libero” per un Terzo Reich che avrebbe dominato tutta la Terra.

La lezione della storia viene messa in dubbio ancora una volta, il negazionismo pretende di farsi strada senza alcun metodo storico di ricostruzione dei fatti, creando bolle di fantasia che sono dannosissime perché relativizzano ogni cosa, ogni concetto e lasciano spazio a dubbi che sono, in realtà, sacche di crescita di una incultura fondata su una ignoranza sempre più diffusa di quanto accadde oltre settanta anni fa in Italia, in Europa e nel mondo.

Ciò significa prima di tutto che la trasmissione degli eventi storici, della memoria e, quindi, della cultura in senso anche lato del termine, non avviene attraverso i giusti canali che sono e rimangono i testi documentati da testimonianze frutto non di illazioni ma di comprovate ricerche, meticolosissime, fatte sul dolore ancora vivo di migliaia e migliaia di deportati e di internati nei lager tedeschi e in quelli di mezza Europa.

I negazionisti e i nuovi fascisti, sovranisti e nazisti, come ha ben argomentato lo storico inglese Richard J. Evans, non fanno alcuna ricerca in merito ma anzi, utilizzano proprio la storiografia per modificarla a proprio piacimento, adattandola alle tesi dell’inesistenza dell’Olocausto, della persecuzione di omosessuali, Testimoni di Geova, comunisti, rom, sinti, apolidi.

Ma il salto di qualità (se così lo si può amaramente definire) oggi è un altro ancora: le tesi negazioniste si legano alle opinioni dei neonazisti di casa nostra e si rinforzano grazie all’impeto attuale del sovranismo in termini di acquisizione del consenso popolare reso malleabile da una trentennale campagna di aggressione alla legittimità dei poteri costituzionali, ad un indebolimento progressivo del ruolo del Parlamento, ad una messa in discussione costante del principio di sovranità popolare mediato dalla Carta del 1948 ed espresso nella delega mediante un voto democratico.

Per questo lo spazio che trova la richiesta di “legittimità” di opinioni negazioniste, antisemite, omofobe e razziste, diventa tanto ampio quanto più si tollerano atteggiamenti, frasi e comportamenti che puntano alla sfida nei confronti dell’avversario piuttosto che al dialogo, alla normale anche aspra dialettica.

Quando la spavalderia è comune costume politico, metodo di risposta in una normalissima intervista ad un grande quotidiano nazionale, dove vi si legge che: “Se mi vuole querelare, si metta in coda dopo Carola“, parafrasando la frase, si sente l’eco di frasi del ventennio come “Molti nemici, molto onore”.

Il concetto è quello: “Me ne frego“. Questa tracotanza, questo mostrare il petto e andare fieri avanti senza prestare la minima cura alle argomentazioni altrui, è costruzione di un sentimento diffuso che legittima comportamenti scriteriati e che li incoraggia rimanendo al di qua della legalità e, formalmente, dentro il diritto costituzionale.

Forse non serve nemmeno richiamare la nostra Costituzione per discutere di queste problematiche. Basterebbe rileggersi un poco Platone in merito al concetto di “parresia” (in greco antico: παρρησία): si tratta della libertà di affermare ciò che si vuole, di una antica interpretazione del moderno concetto di “libertà di espressione”, tipico del liberalismo (ma non solo).

Il tema, a questo punto, diventa come interpretare la “parresia“: come sincerità estrema alla stregua dei cinici (onesta corrente filosofica ellenica, non comportamento abitualmente sprezzante di chi guarda dall’alto in basso cose, fatti e persone)? Oppure come libertà di dire sempre la verità, soprattutto in politica?

Entreremmo in un ambito filosofico che distingue almeno tre tipologie di “parresia” (politica, giuridica e morale) e non ne verremmo fuori, anzi ci allontaneremmo soltanto dal concetto centrale di questo scritto che ora capovolgiamo: come far venire meno la “legittimità” dell’odio, del disprezzo, della pregidizialità, qualunque esse ed essi siano?

Il recupero e il ritorno della “vergogna” culturale e politica nel dirsi fascisti (e nazisti) sta in una riforma tanto della nostra scuola quanto del nostro modo di intendere i rapporti sociali e civili? Indubbiamente sì. Se non iniziamo dal modificare le nostre azioni, dettate da limiti che altro non siano se non il rispetto di una morale che uniforma tutti gli individui sulla base della giustizia sociale, dell’uguaglianza e del rispetto altrui, se non ci rendiamo conto che il nostro avversario è chi ci sfrutta e non chi ha un colore della pelle differente dal nostro, un idioma linguistico incomprensibile o usi e costumi che non ci appartengono, senza questo discrimine buono, il sovranismo avrà campo libero, liberissimo.

Occorre affiancare allo studio dei fatti storici anche lo studio delle cause che oggi alimentano fenomeni che vengono trasformati in armi di condizionamento mentale continuo attraverso trasmissioni televisive prive di confronto ma fatte solo di scontro, dove la prevaricazione è regola non scritta ma accettata. Si urla, si dà sulla voce dell’altro e si impedisce di riconoscere il rispetto delle opinioni.

Ogni forma di violenza, grande o piccola che sia, verbale o materiale che sia, prende così forza, si alimenta in un brodo di coltura pericoloso, stagno delle peggiori pulsioni identitarie, degli egoismi inespressi, del semplificazionismo e del semplicismo che diventano la norma e non l’eccezione rispetto all’interpretazione della vita quotidiana e delle dinamiche che vi si esprimono.

Televisione, radio e social network sono strumenti. Non vanno demonizzati, ma di sicuro, come ebbe giustamente a dire Umberto Eco, hanno la loro responsabilità e i sovranisti lo sanno benissimo: possono sfruttare le continue ospitate nelle trasmissioni più seguite perché creano ascolto e quindi introiti pubblicitari. Non si sfugge alla macchina… Siamo sempre lì…

L’unico modo per evitare di sentire ancora dire: “Posso odiare gli ebrei? E’ un mio diritto o no?!“, con fare e piglio deciso, è creare le condizioni per la ricomposizione della “vergogna” che è manifesto morale, civile e culturale di una rialfabetizzazione di massa di un popolo che ha vissuto nel degrado delle istituzioni per troppo tempo. Avendo perso fiducia in esse, si è affidato a chi le ha sempre volute distruggere con colpi di Stato, piani segreti, logge segrete e servizi deviati: a quelle destre che oggi si presentano in forma rinnovata e ancora più pericolosa.

C’è un Repubblica democratica da ricostruire: dalle sardine a chi come noi esprime altre critiche, uniamoci e lavoriamo in questa direzione. Per una evoluzione sociale, per la sconfitta delle fobie e dei fantasmi di una ignoranza che non può e non deve diventare la condizione della vita dell’Italia moderna.

MARCO SFERINI

29 novembre 2019

foto: screenshot

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