Caro Fratoianni, il tuo appello è irricevibile

Secondo Nicola Fratoianni, leggendo l’intervista rilasciata oggi a “il manifesto”: “Non si può più far finta di non vedere che la frammentazione è la prima condizione della nostra scarsa...

Secondo Nicola Fratoianni, leggendo l’intervista rilasciata oggi a “il manifesto”: “Non si può più far finta di non vedere che la frammentazione è la prima condizione della nostra scarsa credibilità.”.

Io invece penso che il problema della credibilità a sinistra sia stato e sia tutt’ora la miscellanea di valori e controvalori che sono stati prima accettati e poi del tutto abbracciati, nell’ordine, nel nome della “responsabilità davanti al Paese“, della “necessità delle governabilità“, della “imprescindibilità della lotta contro queste destre“.

Sono locuzioni che, col tempo, sono state ripetute millanta volte e hanno provocato una certa nausea in chi, come il sottoscritto, ha accettato a suo tempo, per molto tempo, la politica delle alleanze per battere proprio le differenti formazioni di destra che hanno percorso la disgraziata vita sociale della nostra Italia passata dal mezzo secolo democristiano al periodo craxiano, da questo al berlusconismo e infine all’alternanza tra centrodestra e centrosinistra che altro non ha fatto se non eliminare le sfumature di colore e tinteggiare la politica con nettezze tutt’altro che tali.

Da una parte ci sarebbe stato e ci sarebbe il “rosso” e dall’altra il “nero“. Sthendal non c’entra niente, per fortuna: è sempre più piacevole leggere un suo romanzo piuttosto che certe interviste come quella di Fratoianni oggi dove non solo si ripetono concetti stantii spacciati per moderni slanci e rilanci, voli (pindarici), verso un rinascimento della sinistra “ecosocialista“, che sappia “assumersi le sue responsabilità” (una locuzione trita e ritrita da aggiungere a quelle citate in precedenza…

Invece rosso e nero sono colori che esistono ma che sono appellati malamente e descritti come emblema, ad esempio, di governi che nulla hanno di progressista nel proprio seno e tanto meno di quel “rosso colore” cantato da Pierangelo Bertoli con grande passione comunista.

Il Partito Democratico, dopo la scissione renziana di Italia Viva, sta assumendo dei tratti certamente più moderati rispetto alla fase liberista renziana dalla pesante impronta di accettazione di qualunque sviluppo del mercato in tal senso, di protezione di un regime economico omicida e repressivo nei confronti dei lavoratori e dei precari.

Così, davanti a destre come quelle populiste che oggi compiono dieci anni di ingloriosa storia, finiti tra le braccia della Lega prima e tra quelle del tanto odiato nemico “di casta” poi, anche un PD zingarettiano fa la figura della forza di sinistra: forse persino +Europa sembrerebbe tale nonostante il suo impianto strategico fondato sul rafforzamento di una base continentale completamente rinnovata nel suo essere fisiologicamente capitalistica.

La rottura dell’asse Lega-Cinquestelle ha prodotto tanti e tali rimescolamenti che si stanno configurando, dopo la formazione del nuovo governo Conte, in un autunno delle trasformazioni, anzi… delle trasfigurazioni politiche.

Se nel caso di Italia Viva si tratta in fondo di una riappropriazione della naturale vera e giusta identità centrista della parte renziana uscita dal PD; nel caso di Sinistra Italiana ci troviamo innanzi all’ennesimo maquillage moderatamente socialista, magari anche “eco” per rinverdire un poco i tempi di SEL, che tenta di valorizzarsi come sinistra moderna, sganciata da presunti velleitarismi rivoluzionari, utopistici e frutto di un romantico innamoramento di un cambiamento sociale praticamente impossibile, e al contempo essere (anzi, tornare ad essere) sinistra di governo.

Se la strada di Rifondazione Comunista è stata sbagliata in questi ultimi dieci anni, non di certo è stata meno sbagliata quella solcata da SI: è vero, hanno una presenza in Parlamento, che si è assottigliata con la presenza autonoma di LeU alle ultime politiche, ma da quell’insuccesso elettorale (certamente non di poco conto, come quello registrato da Potere al Popolo! che, pure, partiva indubbiamente con molti meno vantaggi rispetto all’unione di pseudo “corazzate” come Bersani e D’Alema con Boldrini, Grasso, ecc.) non è venuto fuori niente altro se non un ricollocamento nell’area di una presunta rinascita del centrosinistra allargato, nella attuale maggioranza di governo, ad una delle tre destre del Paese: i Cinquestelle.

Sostiene Fratoianni: “Mettiamo al centro tre o quattro questioni: la questione ecologica, il lavoro e il reddito, la scuola e l’enorme questione dei diritti, che non riguarda solo i migranti.“. Anche questa è davvero una frase già sentita, un concetto rispolverato che riempie del niente una proposta di ricostruzione di una sinistra sempre, sempre, sempre e solo “indefinita“, timorosa di dirsi comunista o socialista, di chiamarsi in qualche modo, di recuperare una identità culturale per paura di doverne avere una precisamente definita sul piano politico, della “politique politicienne“.

Al momento di schierarsi, ad esempio, sulla vergognosa riproposizione del decurtamento del ruolo del Parlamento, già tentato con le controriforme berlusconiane e la famigerata Commissione Bicamerale prima e con la controriforma Boschi-Renzi poi, Sinistra Italiana, che oggi ripropone la questione dello stato-sociale (pare di capire…) nell’unire scuola, lavoro, reddito e diritti civili in un unico carnet di sviluppo di proposte politiche, cosa fa? Vota a favore. Lo fa sapendo bene che i suoi due voti alla Camera dei Deputati sarebbero stati del tutto ininfluenti sul passaggio della proposta di legge fatta dal governo.

Ma essendo in maggioranza ed al governo stesso del Paese (con un sottosegretario presente tra le fila dell’esecutivo), è evidente che votare contro avrebbe significato smentire il nuovo corso della moderna sinistra che si vuole costruire: nuovamente appunto di governo, riformista e riformatrice, priva di qualunque forte caratterizzazione che la distingua dal resto delle formazioni liberali e liberiste.

La scelta, dunque, è priva di una volontà di riaffermazione tanto dell’anticapitalismo quanto di una ribellione nei confronti di un governo che difende gli standard della grande economia con la sola differenza, rispetto al precedente, dell’esclusione del fattore crudelista rappresentato dalle politiche anticivili e disumane in tema di migrazioni e rispetto dell’individuo in quanto essere umano prima di tutto e poi anche cittadino.

Sinistra Italiana sembra quasi un partito che potrebbe ispirarsi a Locke nel fare della difesa dei diritti civili un elemento equipollente alla difesa di quella “proprietà” privata dei mezzi di produzione e dei tanti profitti che ne derivano.

Per fortuna “sembra“, ma non è ancora così. Sono evidenti le connotazioni di profonda diversità tra Fratoianni e Renzi, tra Fratoianni e Di Maio. Con Zingaretti il discorso è tutto da riformulare.

Ciò che è certo, ormai, è che è irricevibile l’appello all’unità della sinistra, rivolto anche a Rifondazione Comunista, se questo vuol dire aprire una nuova stagione che conduca non alla costruzione di una moderna unità di classe, della classe degli sfruttati tutti, dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, degli studenti e dei pensionati, di tutti quanti patiscono le ingiustizie di questo sistema economico; ma se, al contrario, vuol dire dirigersi ancora una volta a sostenere un “frontismo” largamente sconfitto dalla storia tanto del maggioritario di primo modello quanto dal finto proporzionale del “Rosatellum” (tralasciamo per pietà ogni considerazione sull'”Italicum“).

I comunisti devono tornare ad essere consapevoli della necessità della loro presenza in una società dove va prima di tutto ristabilita una connessione culturale tra chi critica il sistema capitalistico non soltanto per la mutilazione dei diritti civili e si accontenta di piccoli aggiustamenti “di struttura” sul terreno dell’intervento economico-sociale interno, ma vuole davvero riproporre una grande questione di classe, di critica ragionata di una vita che è sempre più sopravvivenza per troppi e lusso sfrontatamente sfrenato per pochi.

Ho profondo rispetto per il dibattito interno a Sinistra Italiana in vista del suo congresso: ne seguirò le dinamiche ma, personalmente, ritengo appunto ormai separate le nostre strade. Sicuramente sul piano tattico, di impatto immediato come possono essere le consultazioni elettorali.

Se dobbiamo fronteggiare le destre come quelle sovraniste, pericolose per la democrazia, ci troveremo certamente dalla stessa parte, ma non potremo mai trovarci nuovamente insieme in una maggioranza di governo guidata da chi a quelle destre ha aperto non un varco, ma una vera e propria autostrada facilmente percorribile.

MARCO SFERINI

12 ottobre 2019

foto: screenshot

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