«Stavolta la Palestina ha una difesa, Tel Aviv deve rispondere»

Intervista a Zane Dangor, membro del team legale sudafricano che al Tribunale dell’Aja ha presentato l’accusa di genocidio

Raggiungiamo Zane Dangor a poche ore dalla chiusura della seconda udienza all’Aja nel caso Sudafrica vs. Israele. Dangor è direttore generale del Dipartimento delle Relazioni internazionali e della Cooperazione e consigliere speciale del ministero delle relazioni internazionali e della cooperazione del governo sudafricano.

Quali aspetti vuole sottolineare di questo caso?

Ciò che è importante per noi in questo caso, come il nostro team legale ha sottolineato giovedì mattina in dettaglio, è il contesto. Quello che è successo il 7 ottobre è stato atroce e da condannare. Lo diciamo da sempre, come abbiamo fatto ieri, e continueremo a fare, ma il 7 ottobre non può essere considerato separatamente da un’occupazione bellicosa che dura da 76 anni, è violenta, e denota un conflitto in corso.

Significa anche che Israele è una potenza occupante che per quanto possa usare i poteri della polizia dentro i limiti previsti dalle Convenzioni di Ginevra, non può usare la forza militare, non può dichiarare guerra alle persone che ha occupato e su cui ha un controllo effettivo. Allo stesso tempo, c’è un’altra questione contestuale che abbiamo esposto ieri: Israele è uno stato «violatore del diritto internazionale».

Sappiamo che esiste un contesto descritto come «impunità istituzionale» di cui Israele gode, quasi un’eccezionalità nei sui confronti, che fa sì che si senta di poter violare il diritto internazionale. Sappiamo che portare avanti un caso di genocidio contro Israele non sarà facile data l’impunità istituzionale di cui gode e il sostegno che ottiene. Abbiamo appena saputo, senza sorpresa, che la Germania interverrà al suo fianco.

Ce lo aspettavamo perché fa parte di un modello in cui i paesi potenti hanno sempre protetto Israele. In gran parte è questa protezione che ha dato origine al modo, e alla ferocia con cui Israele ha sempre attaccato il popolo palestinese. Perché sanno che la difesa del popolo palestinese è debole.

E di questi due giorni di udienza, specialmente con riguardo all’intento genocida?

Sappiamo che affronteremo delle sfide, ma abbiamo voluto evidenziare la forma in cui la violenza sistemica dal 7 ottobre si sia estesa alla distruzione di persone: 23mila uccisi, per lo più civili, oltre 8mila bambini, e poi donne, anziani, nonostante Israele lo neghi.

Abbiamo combinato queste morti civili con la distruzione sistemica dei mezzi di sussistenza come abitazioni, ospedali, cliniche e università. Descriviamo anche molto chiaramente l’intento: la Convenzione determina che l’intento speciale deve essere in atto, affinché sia possibile configurare il genocidio. Il nostro team legale ha sottolineato come le dichiarazioni di politici di alto livello e funzionari governativi, incluso il primo ministro, siano genocide. Questi messaggio sono stati interpretati dai soldati quando hanno ripetuto i riferimenti ad Amalek.

Per quanto ieri abbiano cercato di negare la comprensione del contesto, è stato molto chiaro nel momento in cui sono state rilasciate quelle dichiarazioni, e quando è stato affermato che nessuno è innocente. Dicono di riconoscere che queste dichiarazioni sono state fatte, ma che si tratta essenzialmente di retorica senza significato.

Dire che le dichiarazioni del proprio primo ministro al di fuori del gabinetto sono solo retorica, è qualcosa a cui si fatica a credere. La dichiarazione di un ministro al di fuori di più gabinetto è unica. Penso che stiano cercando di deviare dal fatto che, malgrado l’intento sia normalmente molto difficile da dimostrare, la nostra tesi è stata scegliere quali decisioni dimostrare.

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LAURA BUROCCO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv

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