Soldi dall’Europa senza un progetto sociale di lungo corso

In avvio due punti di assoluta precisazione, perché non è possibile lasciar far tutto soltanto in nome della propaganda: 1) come era già avvenuto con i vari decreti emanati...

In avvio due punti di assoluta precisazione, perché non è possibile lasciar far tutto soltanto in nome della propaganda:

1) come era già avvenuto con i vari decreti emanati dal governo nel corso del lockdown Il gran concerto dell’informazione si è precipitato sulla vicenda del “Recovery Fund” dando per scontato un esito che invece è al di là da venire, dai tempi incerti e che sarà determinato dalla conclusione di una durissima trattativa. E’ sbagliato quindi affermare che all’Italia toccheranno 127 miliardi come se fossero già lì pronti sull’unghia. Anche questo è un aspetto della prevalenza dell’apparire al posto dell’essere che finisce con l’assumere un significato quanto mai deleterio rispetto alla costruzione di un corretto “immaginario pubblico”;

2) è sbagliato scrivere semplicisticamente di “Ricostruzione”: non ci sono le macerie da portare via e non c’è bisogno di alcun “Piano Fanfani” di edificazione di case popolari. Piuttosto si dovrebbe parlare e scrivere di “Ricostruzione di senso e di indirizzo” prima di tutto nella direzione di una riedificazione di un “patrimonio sociale” e di spostamento verso una nuova dimensione del “collettivo” anche sul piano morale e culturale;

In ogni caso l’obiettivo primario di questa operazione non può essere quello della riduzione indiscriminata delle tasse in piena linea berlusconiana del “risveglio degli spiriti animali del capitalismo” lasciando intatto l’enorme sottobosco del lavoro nero e dell’evasione fiscale correlato con l’avvio di un’altra stagione di elargizione di bonus e di sussidi come appare essere nell’imprinting di questo governo formato sulla base di un coacervo di vecchia democristianità e di eterno populismo.

Non ci si può rivolgere soltanto verso la crescita della domanda interna per alimentare il consumismo come accadde con il “miracolo economico” degli anni ’60.

Se vogliamo guardare all’indietro sembra riprodursi un confronto che assomiglia a quello di quegli anni, con l’avvento del centro – sinistra e la necessità di modernizzare il paese: confronto che si chiuse, sul piano del governo, con il “tintinnar di sciabole” e nel PCI con l’XI congresso e l’affermazione della linea che avrebbe portato al “compromesso storico” e, quindi, al topolino della solidarietà nazionale.

Occorre tenere ben conto delle esigenze di sovranazionalità e del pericolo esistente di un ripiegamento sovranista.

Il cosiddetto “sovranismo” non rappresenta soltanto un patrimonio dalla destra più o meno classica ma anche e soprattutto di aree culturali, politiche e di potere economico e nel campo della comunicazione che si potrebbero definire formate da”poteri forti”.

Si tratta allora di riflettere su cinque punti che, almeno a mio giudizio, dovrebbero distinguere la presenza di una moderna sinistra all’interno del debole sistema politico italiano:

1) programmazione dell’economia rivolta nel senso di recuperare una presenza nei settori strategici e inaugurare una stagione di crescita nella qualità tecnologica del nostro sistema produttivo;

2) una vera e propria “riprogettazione strutturale” dell’intervento sociale del pubblico ridefinendo anche i termini del rapporto “centro – periferia”;

3) forti investimenti nella modernizzazione complessiva della rete infrastrutturale;

4) forti investimenti nella formazione con un progetto di riqualificazione dell’Università;

5) nuovo welfare universalistico dentro al quale trovare forza e capacità per una nuova stagione di diritti del lavoro abbattendo la precarietà, le disuguaglianze economiche e territoriali, il peso della differenze di genere e di generazione, le chiusure razzistiche.

6) avvio di un piano per la completa digitalizzazione delle transazioni commerciali con l’obiettivo dell’abolizione del contante.

Un programma “riformista” a mio giudizio,a questo punto del tutto rivoluzionario

Questi punti, assieme a una visione della democrazia repubblicana saldamente ancorata ai principi costituzionali nel senso della centralità parlamentare, della rappresentanza politica, del valore dell’intermediazione sociale. dovrebbero rappresentare gli elementi sui quali far poggiare quel progetto di ricostruzione (in questo caso davvero di ricostruzione) di una sinistra unitaria e rappresentativa (come ha scritto sul Manifesto, Tommaso Di Francesco) adeguatamente attrezzata per affrontare la complessità delle contraddizioni evidenti nello stato delle cose presenti e nel futuro.

FRANCO ASTENGO

29 maggio 2020

Foto di Silviu Costin Iancu da Pixabay

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