Gli operai ex Gkn: “Ora necessario l’intervento pubblico”

"Abbiamo acquistato tempo, ora le istituzioni locali e nazionali si attivino per riportare reddito e lavoro nello stabilimento". Dopo l'annullamento dei 185 licenziamenti, la Rsu rilancia la mobilitazione. "L'azienda deve mettere a disposizione la fabbrica, per reindustrializzarla e renderla socialmente integrata con il territorio"

“Abbiamo acquistato tempo, ora è necessario che le istituzioni locali e nazionali si attivino per riportare reddito e lavoro nello stabilimento”. Le parole dei delegati sindacali Dario Salvetti, Matteo Moretti e Massimo Barbetti tratteggiano il quadro del prossimo futuro per la ex Gkn, oggi Qf.

All’indomani della seconda sentenza che, accogliendo il ricorso della Fiom Cgil in base all’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, allontana i licenziamenti dei 185 operai rimasti nella fabbrica di Campi Bisenzio, va dunque riaperto il confronto con l’azienda, gli enti locali e il ministero delle imprese e del made in Italy, per una effettiva reindustrializzazione del sito produttivo.

In una affollatissima conferenza stampa, insieme ai delegati sindacali c’è Stefano Angelini della Fiom fiorentina, che sta seguendo passo passo la vertenza.

E c’è l’avvocato Andrea Stramaccia, che insieme al collega Franco Focareta della Consulta giuridica nazionale della Fiom Cgil ha redatto il ricorso accolto dalla giudice del lavoro Davia: “Nella sentenza del tribunale – spiega Stramaccia – viene sancito che prima di licenziare va aperta una procedura con i sindacati, così come prevede la cosiddetta legge anti-delocalizzazioni Orlando-Todde, la 234/2021, con l’obiettivo della reindustrializzazione. L’azienda non l’ha fatto, ora il giudice glielo impone. La legge prevede anche che i lavoratori possano beneficiare di una cassa integrazione speciale di 12 mesi, per coprire il periodo da dedicare ai tentativi di reindustrializzazione. Infine il giudice ha stabilito che l’azienda ha violato anche l’articolo 9 del contratto dei metalmeccanici, perché non ha dato al sindacato le informazioni richieste sulle prospettive occupazionali, e l’accordo quadro del 19 gennaio 2022, che prevedeva una serie di incontri informativi”.

In sostanza la sentenza obbliga il titolare di Qf, Francesco Borgomeo, a seguire le prescrizioni della legge Orlando-Todde, quindi a spiegare al ministero le ragioni finanziare ed economiche che hanno impedito la reindustrializzazione, e a presentare un piano alternativo, in accordo con il sindacato e i lavoratori. Con questi ultimi che devono accedere a nuovi ammortizzatori sociali, visto che l’attuale periodo di cig si chiude il 31 dicembre.

“Ora l’azienda deve mettere a disposizione lo stabilimento – tira le somme la Rsu – cosa che finora non ha fatto con chiunque si è affacciato per proporre piani industriali. Chiediamo il pagamento delle spettanze ancora dovute, ossia stipendi, permessi e ferie dal novembre 2022, quando l’azienda ha smesso di consegnare i cedolini di busta paga, e una discussione seria sulla reindustrializzazione che tenga conto dello scouting regionale e di progetti industriali presentati dalla cooperativa dei lavoratori. In parallelo le istituzioni, nazionali e locali, devono avere il coraggio dell’intervento pubblico. Un intervento che può essere diretto, anche mediante Cassa depositi e prestiti, o indiretto, ad esempio costruendo un consorzio pubblico intorno a imprenditori privati. Questo perché le intenzioni della proprietà, sia della precedente che dell’attuale, sembrano chiare”.

Infine Dario Salvetti ha anticipato che sono attese più di mille persone all’evento organizzato dal Collettivo di Fabbrica la sera del 31 dicembre, con interventi dal palco e la musica di Gruppo Popolare Terra e Lavori, Errico Canta Male, Geppi Cuscito dei Casinò Royale, Mauràs e Tenore, The Magnetics componenti degli Shandon e i Meganoidi, e con i djset di Gippy e Muffa: “Noi questo appuntamento lo rilanciamo perché fuori dalla mobilitazione non c’è salvezza, e questa diventa una mobilitazione contro i nuovi licenziamenti perché li potranno dichiarare di nuovo.

Per il reddito, perché noi dobbiamo averlo. E per reindustrializzare dal basso questa fabbrica e renderla socialmente integrata, se non viene nessun altro tipo di proposta”.

RICCARDO CHIARI

da il manifesto.it

foto: screenshot web

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