Non ci si finisce di stupire seguendo le vicende giudiziarie a riguardo dei militanti del centro sociale Askatasuna di Torino e degli attivisti No Tav. Ora, succede che in una sentenza – in cui la Corte di Cassazione rigetta i ricorsi contro la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria da parte di alcuni imputati nel processo in corso a Torino per associazione a delinquere – gli ermellini facciano addirittura cenno alla «lotta armata», un concetto mai contemplato dall’inchiesta.

Così, a proposito delle presunte finalità dell’organizzazione, si legge nel documento: «Secondo quanto emerso dalle intercettazioni e dalla disamina degli atti di indagine letti in chiave cronologica, relazionale e logico settoriale, detta finalità si identifica nella lotta armata mediante la preordinata provocazione di contrasti con le forze dell’ordine». L’avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori, è dell’avviso che si possa trattare di «un clamoroso fraintendimento dell’estensore della sentenza, dove per definire i contrasti con le forze di polizie si fa ricorso inopinatamente alla lotta armata».

Lo dice a ragion veduta «perché negli atti del procedimento non esiste la lotta armata, né c’entra con le ipotesi della procura, anche il capo d’accusa iniziale di “associazione sovversiva” è stato presto riformulato in “associazione a delinquere”». I ricorsi sono stati rigettati in quanto per la Suprema Corte «basati su motivi infondati». «Colpisce oltre al termine “lotta armata” – aggiunge l’avvocato Novaro – la laconicità dei giudici in risposta a ricorsi estremamente articolati. Ad esempio, avevamo fatto emergere alcune contraddizioni relative alla sussistenza di un’associazione, uno dei temi forti del processo, che prevederebbe reati-scopo. Ci chiedevamo come mai questi fossero stati commessi da altre persone, non associate, e quindi, dato ciò, come considerarla un’associazione a delinquere?».

Novaro ci tiene a precisare che «la Cassazione non entra nel merito della questione, essendo giudice di legittimità, né convalida il teorema dell’associazione a delinquere, rigetta solo le nostre critiche ritenendole generiche». Il centro sociale Askatasuna ha voluto fare il punto: «Il fatto che i giudici della Cassazione facciano un’operazione di questo tipo è grave e lascia trasparire un’abissale ignoranza rispetto alla storia di questo Paese, oltre a un isterismo securitario pronto a vedere un terrorista in chiunque dissenta dall’ordine costituito.

Sarebbero dunque “lotta armata” le migliaia di iniziative di resistenza popolare ai cantieri mortiferi del Tav? Finora chi ha imposto un’opera che nessuno vuole tramite l’uso della forza e attraverso una militarizzazione devastante sono le istituzioni e le mafie del cemento. E seguendo questa logica, sarebbe lotta armata animare lotte sociali nelle città e rifiutare la mercificazione totale dell’esistenza umana? Rimandiamo queste accuse al mittente e ribadiamo che la lotta popolare non è terrorismo ma è lotta per una vita degna e giusta». Il processo a carico di 26 attivisti riprenderà a settembre.

MAURO RAVARINO

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube