Salario, prezzo e profitto

Errico Malatesta ha scritto un bel “compendio” del “Capitale” di Karl Marx. Un testo agile, snello, un po’ datato linguisticamente, ma del tutto comprensibile anche oggi. Andrebbe letto come...

Errico Malatesta ha scritto un bel “compendio” del “Capitale” di Karl Marx. Un testo agile, snello, un po’ datato linguisticamente, ma del tutto comprensibile anche oggi. Andrebbe letto come sintesi ragionata, come percorso costruttivo e approccio ad una condivisione della monumentale opera del Moro che sviscera, disarticola e mette a nudo tutte le contraddizioni del sistema di produzione delle merci, dei profitti e dello sfruttamento dei lavoratori.

Ma, accanto all’ottimo lavoro dell’anarchico italiano, bisogna mettere un testo scritto in prima persona da Marx, rimasto a lungo nascosto tra le carte dello studio dello scopritore del funzionamento del capitalismo. Sarà Eleanor, una delle figlie del filosofo ed economista di Treviri, a scoprirlo insieme al marito Edward Aveling. Engels non farà in tempo a vederlo pubblicato. Ma la fortuna che “Salario, prezzo e profitto” (titolo originale: “Lohn, Preis und Profit“) riceverà nel corso degli anni eguaglierà quella dell’opera più conosciuta di Marx.

Qui il Nostro inaugura una tradizione scritta che mira alla confutazione di tesi che, se avessero trovato largo consenso nel movimento operaio, avrebbero fatto gravi danni alla sua spinta emancipatrice: Engels si batterà dialetticamente contro il positivista Karl Eugen Dühring, Rosa Luxemburg contro il riformismo revisionista di Eduard Bernstein, Lenin contro i menscevichi di Julij Martov, e Marx li anticiperà scontrandosi con le tesi rozze del “cittadino Weston“.

John Weston era un esponente dell’owenismo, di quel socialismo utopista stigmatizzato ampiamente nel “Manifesto del Partito comunista” già nel 1848: le grandi comunità di lavoratori immaginate da Owen, tese a ridurre la povertà senza attaccare alle radici il problema, quindi senza spingersi in una definita e compiuta analisi anticapitalista, somigliavano in orizzontale ai falansteri verticali di Charles Fourier. Uno spreco di energie mentali e materiali, un tarpare le ali rivoluzionarie di un proletariato che aveva tutto il diritto di conoscere fino in fondo le ragioni economiche della povertà, dello sfruttamento della forza-lavoro, dell’accumulazione del capitale.

Weston provò, in più riunioni dell’Associazione internazionale degli operai, a dimostrare tutta l’inutilità delle rivendicazioni salariali, dell’aumento delle paghe degli operai che – a suo dire – avrebbero avuto come unico effetto quello di accrescere i prezzi, aumentare l’inflazione e gonfiare così le tasche già piene dei padroni.

Marx si mise al lavoro, studiando il modo per esprimere con semplicità argomenti difficili da ridurre in poche pagine, ma vi riuscì: l’uditorio cui si doveva rivolgere era veramente proletario e spesso era sprovvisto di quel livello di istruzione che permettesse di capire argomenti che erano studiati quasi esclusivamente nelle università, di cui si dibatteva su giornali specifici e in circoli illustri, ma che trattavano pur sempre temi di economia lontani dalla quotidianità dei lavoratori divisi tra fabbrica, casa e quel poco di riposo giornaliero che rimaneva.

Ne venne fuori, appunto, “Salario, prezzo e profitto” che ancora oggi, nella nostra “modernità” liberista, è un utilissimo manuale di apprendimento dei rudimenti dell’analisi marxiana dell’economia di mercato, del funzionamento del sistema capitalistico e delle leggi che lo regolano tanto nell’evidenza dei rapporti di classe, degli scontri tra proprietari dei mezzi di produzione e dipendenti salariati, quanto nei più reconditi anfratti dell’invisibile mano che gestisce le crisi e i cicli di sovrapproduzione o le contrazioni della domanda a causa dell’impoverimento sociale, a sua volta causato dall’insostenibilità del livello di sopravvivenza.

Weston prova a teorizzare l’inutilità della lotta di classe, fermata da un ciclo di riproduzione del potere di accumulazione del capitale che sarebbe insito nella natura stessa della struttura economica dominante. Ma si inganna: associa all’aumento dei salari un meccanicistico aumento dei prezzi che avrebbe, di fatto, reso inefficace l’implementazione delle paghe e quindi espulso dal dibattito, prima ancora che dalla effettività della storia presente e futura, la necessità di un rovesciamento del capitalismo per superare la contraddizione massima, per dare all’umanità una speranza di poter realizzare un regime dell’uguaglianza che non fosse solo il riflesso di una lotta alla povertà, di un contenimento degli eccessi, di una riforma sociale piuttosto che di una rivoluzione.

Qui riecheggia l’aspro, affascinante dibattito tra la Luxemburg e Bernstein proprio in merito all’impostazione del programma operaio in Germania (ma anche nel resto d’Europa), al rischio di una socialdemocrazia riformista ante litteram: rischio che involverà in una trasformazione radicale del principale partito operaio tedesco in una manifestazione eclatante di adeguamento conformistico-istituzionalista alle necessità impossibili di un congiungimento tra interessi borghesi e interessi proletari.

E’ piacevole pensare che Marx, fin da quel lontano 1865, in cui rispose con decisione, con chiarezza e con quella nettezza analitico-scientifica che lo caratterizzava, pensasse già ad eventuali derive moderate del movimento dei lavoratori, alla caparbietà di una borghesia intenta a salvaguardare il proprio ruolo di classe e quindi disponibile, non tanto a qualunque compromesso, ma solo a quello al rialzo per sé stessa, per continuare a spadroneggiare, ad esercitare un controllo sempre più meticoloso dei rapporti di forza, estendendosi nel frattempo su base planetaria.

Leggere, anzi… studiare “Salario, prezzo e profitto” è aprirsi la strada ad una lettura molto approfondita del “Capitale“, che richiede molto tempo, anche una buona dose di pazienza e, quindi, di volontà. Ma sono passaggi non aggirabili se si vuole arrivare alla radice del problema, senza troppe illusioni (e disillusioni), senza inganni, senza specchietti per le allodole che illudano sulla bontà del mercato e dei suoi rappresentanti che hanno solo cambiato aspetto, ma che sono risoluti nell’impedire qualunque cambiamento sociale. Soprattutto “il” cambiamento sociale per antonomasia: la fine di questa società antisociale, l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione. E non solo…

SALARIO, PREZZO E PROFITTO
KARL MARX, EDIZIONI LOTTA COMUNISTA
€ 5,00

MARCO SFERINI

6 ottobre 2021

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