L’Europa si rivolta contro la gestione italiana dei migranti. Nello stesso giorno Francia e Germania annunciano provvedimenti contro il nostro paese, la prima blindando la frontiera di Mentone con 150 poliziotti, la seconda annunciando aver sospeso i processi di selezione dei richiedenti asilo che arrivano in Germania dall’Italia nell’ambito del «meccanismo di solidarietà volontaria» messo a punto dall’ex ministra Luciana Lamorgese quando era lei la titolare del Viminale.

Dietro entrambe le decisioni c’è il rifiuto del governo delle destre di fermare i cosiddetti movimenti secondari e la scelta di non riprendere quanti, dopo essere sbarcati in Italia, si sono spostati verso il Nord Europa. E seppure indirettamente, uno schiaffo al governo Meloni è arrivato dall’europarlamento dove nel corso della plenaria è stato duramente criticato l’accordo siglato a luglio con la Tunisia per fermare i migranti.

Un accordo che porta la firma dell’Unione europea ma fortemente voluto da Giorgia Meloni tanto da essersi recata per ben tre volte nel paese nordafricano.

Se le indiscrezioni circolate ieri saranno confermate, nel discorso che terrà oggi sullo stato dell’Unione Ursula von der Leyen parlerà anche del Memorandum Ue-Tunisia sui migranti rivendicandolo come un successo, anzi come un modello da replicare in futuro anche con altri Paesi.

Su questo punto, però, la presidente della Commissione Ue rischia di dover far fronte a più di una contestazione. L’accordo, fortemente sostenuto dalla premier Giorgia Meloni, ieri è stato infatti duramente contestato nel parlamento europeo durante il dibattito organizzato nella plenaria, al punto che se l’intesa siglata nel luglio scorso con il presidente tunisino Kais Saied non è naufragata lo si deve solo alla decisione di non far seguire un voto al dibattito parlamentare.

Contro il patto si sono schierati Socialisti, sinistra, Verdi e, con motivazioni differenti, anche parte dell’estrema destra. A difenderlo è rimasto solo il Ppe, con il capogruppo Manfred Weber che, ricordando quanto fatto nel 2016 dalla cancelliera Angela Merkel con la Turchia, ha chiesto di provare «a dare una chance ai negoziati».

Che a Strasburgo la strada per il Memorandum non sarebbe stata in discesa era facile intuirlo. Stretto nella speranza (finora vana) di fermare i flussi dei migranti che partono dalla Tunisia – e proprio per questo fortemente sostenuto dall’Italia – l’accordo prevede la fornitura da parte dell’Unione europea di mezzi e finanziamenti che dovrebbe dare un po’ di ossigeno alla fragilissima economia tunisina: in tutto 250 milioni di euro, 105 dei quali per la gestione delle frontiere dati a un paese che calpesta quotidianamente i diritti umani dei migranti al punto da scatenare, lo scorso mese di luglio, una vera e propria caccia ai migrati subsahariani, deportati e abbandonati nel deserto dove in molti hanno perso la vita.

L’idea di finanziare un personaggio come Saied, che ha farneticato circa un presunta «sostituzione etnica» dei tunisini, fin dall’inizia non è piaciuta a molti Paesi, specie del Nord Europa con la sola eccezione dell’Olanda.

Malumori ai quali molti eurodeputati hanno dato voce ieri nella plenaria che si è tenuta a Strasburgo. «I soldi dei contribuenti europei non possono essere dati a governi che minacciano i diritti umani», ha detto la capogruppo di S&D Iratze Garcia Perez, mentre i Verdi hanno chiesto alla Commissione di mettere fine a una intesa che «mette in vendita i valori europei». Ricordando alcune affermazioni fatte dal presidente Saied, il capo delegazione Brando Bonifei ha invece definito l’accordo preoccupante «nella forma e nella sostanza».

A sorpresa, però, le critiche al Memorandum non sono arrivate solo da sinistra. L’accordo ha avuto infatti l’effetto di spaccare anche l’Ecr, il gruppo guidato da Giorgia Meloni, con l’eurodeputata belga-burkinabé Assita Kanko: «L’unico suo effetto è un afflusso esplosivo attraverso la Tunisia, l’Ue sta ballando con il diavolo», ha detto.

Oltre al Ppe, il solo a difendere l’accordo è stato un rappresentante della Commissione Ue: «La collaborazione serve – ha detto -, solo nel 2023 sono state salvate 50 mila persone dalla guardia costiera contro i 34 mila del 2022», ha spiegato ribadendo che «l’Ue rafforzerà la capacità di controllo dei confini» da parte della Tunisia.

RED. INTERNI

da il manifesto.it

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